«Bisogna semplificare»

«Bisogna semplificare» «Bisogna semplificare» Uckmar: una scelta giusta ma peserà sui contribuenti GENOVA. «Equità, efficienza e trasparenza. Sono questi i tre principi a cui si devono ispirare i sistemi fiscali dei Paesi civili e qualsiasi azione che vada in questo senso fa bene anche al sistema italiano. Ma attenzione, in Italia andrebbe introdotto anche un altro principio che qui da noi non sembra così pacifico, nel campo delle tasse come in quello del diritto in generale: la certezza». Victor Uckmar, forse il più noto dei tributaristi italiani, non condivide il coro di protesta che si è levato da destra e da sinistra di fronte al proposito del governo di accorpare alcune aliquote Irpef variando anche gli scaglioni. Anzi, a suo parere la riduzione è necessaria e benvenuta e va nella direzione di una giusta semplificazione fiscale anche se, avverte, «in questo modo le imposte andranno a pesare soprattutto sulla fascia intermedia dei contribuenti, la classe media». Ma non le sembra strano, professor Uckmar, che un governo eletto da questa classe media le riservi come sorpresa prenatalizia proprio un rialzo delle tasse? «Certo c'è il rischio di un aumento della aliquota per la parte centrale dei contribuenti, quella da cui viene già la maggior parte del gettito fiscale. Ma che vuole, alla fine la ricchezza del nostro Paese è proprio questa, il lavoro. Certo, ci sono anche le rendite finanziarie, ma colpirle diventa sempre più difficile. Specie oggi che si riesce a movimentarle in tutto il mondo senza lasciare alcuna traccia cartacea. E comunque gli italiani si rendono tutti conto della necessità di uno sforzo per entrare in Europa; o entrarci almeno sulla carta, vista la situazione gravissima del debito pubblico». E le proteste di Bertinotti, sul rischio di un aggravio maggiore per chi dichiara meno di 15 milioni annui e si vede raddoppiare l'aliquota su metà del reddito non le sembrano giustificate? «No, perché sono previsti meccanismi di aumento delle detrazioni per queste categorie che secondo il governo annulleranno gli effetti dell'aliquota maggiore. Piuttosto mi preoccupa il fatto che il sistema, introducendo nuove detrazioni, si possa complicare ancora. La tendenza verso la quale bisogna andare - lo ripeto - è quella opposta. Semplificazione prima di tutto, poi allargamento della base imponibile, riduzione delle aliquote di imposta e contestuale eliminazione degli sgravi». E che cosa ne pensa della proposta di eliminare l'aliquota massima, quella del 51 per cento che oggi colpisce i redditi sopra i 300 milioni, per portarla al 46 per cento. Non le sembra contraddittoria per un governo di centrosinistra? «La vedo piuttosto come un adeguamento necessario a quelle che sono le aliquote massime nel resto del mondo. Bisogna pensare non solo all'aspetto puramente fiscale, ma anche alla "fuga" di cervelli che provoca una tassazione così alta. E' lo stesso problema che abbiamo oggi con le imprese, per le quali abbiamo una delle aliquote sui redditi più alte al mondo, che arriva a toccare il 60 per cento. Se invece portassimo l'aliquota massima a un livello concorrenziale, diciamo il 30 per cento, scommetto che attireremmo più imprese nel nostro Paese aumentando la base imponibile e alla fine anche le entrate. Ma aliquote a parte il vero problema resta un altro...». Dica. «E' quello di cui parlavo prima, lo stato del debito pubblico. Lo dico da anni, ormai, è inutile fare gli struzzi: con uno stock di debito superiore ai 2 milioni di miliardi solo gli interessi che si pagano ogni anno, pari a 170-180 mila miliardi, ammontano pressappoco a tutte le imposte dirette che lo Stato raccoglie. Insomma a chi oggi potestà dico anche che la colpa non è da attribuire tanto a questo governo, quanto a tutti quelli che nel corso degli anni hanno contribuito ad accumulare questa montagna di debiti». [f. man.] 'v

Persone citate: Bertinotti, Uckmar, Victor Uckmar

Luoghi citati: Europa, Genova, Italia