« Contrada asservito ai clan »

« « Contrada asservito ai clan » Igiudici: ecco perché è colpevole PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Prima piccoli favori, ma poi «il rapporto si è trasformato in pieno e totale asservimento ai voleri di Cosa nostra». Con questo passo i giudici del tribunale di Palermo hanno definito il ruolo che il questore Bruno Contrada avrebbe avuto nella mafia nel passaggio dagli Anni Settanta agli Ottanta. Nelle 1734 pagine con la motivazione della condanna a 12 anni da loro inflitta il 5 aprile scorso all'ex numero tre del Sisde viene espressa la certezza che gli inquirenti antimafia non presero un abbaglio quando arrestarono il superpoliziotto per oltre venti anni a Palermo capo della Criminalpol, della Squadra Mobile, dell'Ufficio di gabinetto dell'Alto commissariato contro la mafia. Contrada fece davvero il doppiogioco? I giudici ne sono sicuri. La reazione dell'interessato è stata gonfia di amarezza, delusione. «Ma presto, forse tra marzo e aprile prossimi vi sarà il processo d'appello», gli ha detto un giornalista e lui sfiduciato: «Dopo ciò che mi è accaduto, pretendere da me una piena e totale fiducia nella giustizia è chiedere un po' troppo». Contrada ha aggiunto di non potersi pronunciare sulle argomentazioni dei giudici perché non le ha ancora lette. E lo stesso ha fatto l'avvocato Milio, une dei suoi due difensori. «Le motivazioni di cui la difesa avrà il testo solo domani sono già in possesso dei giornalisti - ha detto Milio - e questo mi sembra davvero singolare». Il giudice Donatella Puleo, incaricata dal presidente Francesco Ingargiola del difficile compito di stendere le motivazioni, ha impiegato circa sei mesi. Le 1734 pagine contengono ampi brani delle dichiarazioni rese da vari pentiti contro il questore che, in dibattimento, aveva rilevato la loro ansia di vendicarsi essendo stati inquisiti più volte proprio da lui. I giudici invece hanno creduto ai pentiti «che sono stati la fonte principale del¬ l'accusa» e hanno osservato che «il loro analitico esame ha dato esito complessivamente positivo». Nelle motivazioni si afferma anche che Contrada temette i boss («Aveva avuto seri timori») e che «ha reso un prezioso e insostituibile contributo a Cosa nostra che proprio in virtù di tale tipo di connivenze ha accresciuto nel tempo la sua potenza destabilizzante». Per il tribunale quindi: «Capire perché Contrada ha tradito lo Stato, per quanto possa apparire inquietante, da un punto di vista giuridico non è rilevante». Il tribunale è certo che Contrada si macchiò di tutte le colpe che gli hanno addebitato prima gli investigatori, poi i magistrati della Direzione distrettuale antimafia, infine nel lungo dibattimento seguito agli oltre due anni e mezzo di carcerazione preventiva il p.m. Alfredo Mondilo e Antonio Ingroia. Il questore avrebbe intrattenuto rapporti con mafiosi, favorendoli e incontrandoli quand'erano latitanti; avrebbe interferito in indagini an- che giudiziarie in corso; avrebbe dato notizie ai mafiosi. E le tesi sul complotto ai danni del superpoliziotto integerrimo? Secondo i giudici «sono state l'estremo tentativo posto in essere dalla difesa di contrastare inoppugnabili risultanze probatorie». Quanto alle testimonianze a discolpa di Contrada, i giudici hanno obiettato: «Molte si sono rivelate ^attendibili perché provenienti da soggetti indagati personalmente e interessati a smentire i collaboratori di giustizia, altre palesemente mendaci)), [a. r.) Bruno Contrada

Persone citate: Antonio Ingroia, Bruno Contrada, Contrada, Donatella Puleo, Francesco Ingargiola, Milio

Luoghi citati: Contrada, Palermo