Requiem per gli scandali

Lo sfidante ha perso l'ultima occasione Requiem per gli scandali Così si è esaurito V«effetto-Hart» UN'ARMA SPUNTATA CWASHINGTON LINTON già Presidente per un secondo mandato a meno che non succeda qualcosa di imponderabile», titolava ieri un dispaccio dell'agenzia «Reuter», riassumendo il senso del dibattito di San Diego. L'imprevisto, si sa, è sempre dietro l'angolo, per cui è buona regola calcolarne l'eventualità. Ma, nel caso di Bill Clinton, non si riesce a capire quale altro nuovo scandalo possa esplodere che induca gli elettori a cambiare la loro decisione. Se Ronald Reagan era stato soprannominato «il Presidente al teflon» per come gli scandali gli scivolavano via, di cosa è fatto Clinton? Vanadio? Tungsteno? Diamante? Ma dalla reputazione di Reagan gli scandali, peraltro non clamorosi, scivolavano via perché gli americani credevano al Grande Comunicatore sulla parola. I sondaggi dimostrano, invece, che non si fanno alcuna illusione sulla tempra morale di Clinton, eppure restano schierati dalla sua parte. Se vincerà, come è più che probabile, Clinton potrebbe passare alla storia come il Presidente che ha definitivamente espulso dalla politica americana il «fattore Gary Hart», cioè l'effetto degli scandali privati sul processo politico. Durante la campagna elettorale del 1988, il più forte dei candidati democratici, l'affascinante senatore del Colorado Gary Hart, sfidò i giornalisti a scoprire vicende piccanti nella sua vita privata. «Vi annoierete», li avvertì. E poi venne beccato a fare capriole con una modella di nome Donna Rice e il suo astro diventò improvvisamente un buco nero. La vicenda di Hart dimostrò la geometrica, disintegrante potenza degli scheletri nell'armadio, soprattutto se scheletri in gonnella. Tutto questo, certamente, esisteva anche prima di Hart e l'uso politico degli scandali privati continuerà anche dopo Clinton. Il fatto è che, incoraggiati dalla scoperta di una nuova arma atomica, i politici americani cominciarono a fare ricorso a questo tipo di scandalismo molto più che in passato. Fu così che quando, durante la campagna elettorale del 1992, esplose la vicenda di Gennifer Flowers, Clinton venne bollato da tutti come «cotto». Lui stesso, dopo che la cantante di piano bar rivelò una torrida relazione con lui durata 12 anni, meditò seriamente il ritiro. Fu salvato dalla moglie Hillary, che in una drammatica intervista televisiva nel corso della quale quasi le rovinò in testa un lampadario dichiarò: «A me come marito va bene, se voi non volete votarlo come Presidente, che accidenti, non votatelo». Voi giudicate l'uomo pubblico, all'uomo privato ci penso io. La vittoria di Clinton contro George Bush fu, retrospettivamente, il primo segno che il «fattore Gary Hart» stava perdendo peso nella politica americana. Ma quello di Bush fu un suicidio politico, facilitato anche dalla presenza di Ross Perot e così l'impresa compiuta da Clinton venne sottovalutata. Diventato presidente, «slick Willie», Guglielmino il furbo come veniva chiamato allora, venne investito da ogni sorta di lutulenze: le rivelazioni delle sue ex guardie del corpo sul modo in cui gli procuravano le donne; altre amanti; l'azione legale per molestie sessuali da parte di Paula Jones; forse anche un figlio illegittimo avuto con una prostituta di colore. Tutto questo mentre le rivelazioni sulla speculazione Whitewater, sugli strani investimenti in bovini di Hillary, il Travelgate, il Filegate e tanti altri «gate» che neppure si ricordano, pur non essendo scandali a sfondo sessuale, rinforzavano l'immagine di un Presidente immerso in un'atmosfera di clientelismo, autoindulgenza, intrallazzo. Provato dagli attacchi all'inizio, Clinton ha poi recuperato e infine trionfato, definendo ogni nuovo scandalo strumentale spazzatura. E' chiaro che l'eccessiva strumentalizzazione degli scandali privati ha stancato i pur moralistici americani, inclini adesso a credere, con saggio disincanto, che se vai a frugare nella vita privata di ogni politico trovi più o meno la stessa quantità di nefandezze. E gli elettori americani appartengono in gran parte alla stessa generazione di Clinton, e hanno imparato a convivere con le intemperanze e gli errori del proprio passato: sesso, droga, rock 'n' roll, e in qualche caso, anche un po' di fanatismo politico. Paolo Passarmi Lo sfidante ha perso l'ultima occasione L'abbraccio tra il Presidente e Hillary dopo la conclusione del dibattito all'università di San Diego cori lo sfidante

Luoghi citati: Colorado, San Diego