Bossi: no alla Bicamerale

IL SENATI!R FACCIA A FACCIA CON D'ALEMA Bossi: no glia Bicamerale Ma la Lega partecipa ai lavori IL SENATI!R FACCIA A FACCIA CON D'ALEMA VROMA ENTOTTO minuti. Tanto basta a Massimo D'Alema e Umberto Bossi per dirsele tutte, ma senza rancore, nel corso di un incontro che più rapido non poteva essere. Nel suo studio di Montecitorio, Bossi ha comunicato a D'Alema che «la Lega entrerà nella Bicamerale» (e questo si sapeva), ha fatto capire che voterà «no» al varo della commissione, che non ci sarà un vicepresidente leghista, ma soprattutto ha chiesto «un referendum di indirizzo», al momento impraticabile, sull'unità del Paese. E D'Alema gli ha risposto che «no, il referendum non si può fare», ma ha preso atto con un certo piacere della decisione della Lega di partecipare ai lavori della Bicamerale. Ventotto minuti, un faccia a faccia rapidissimo, ma in un clima cordiale: nel corso degli anni D'Alema e Bossi hanno consolidato un buon rapporto personale, che sconfina nella simpatia reciproca. Qualche giorno fa, quando D'Alema lo ha chiamato, Bossi gli ha risposto: «Se vuoi vengo io da te a Botteghe Oscure...». Poi, l'incontro si è tenuto nello studio di Bossi al primo piano di Montecitorio e non ha fruttato molte novità. Alla fine, a chi gli chiede come sia andata, D'Alema risponde con una leggera smorfia, tre secondi di silenzio e queste parole: «Mah... è stato uno scambio di idee..., rapido». Bossi, in un'improvvisata conferenza stampa, ha ripetuto il suo radicale scetticismo sulla Bicamerale ed ha anticipato il no al voto che varerà la commissione, in pa¬ role povere ha precostituito per la Lega un ruolo di unica opposizione nel caso in cui il Polo dovesse decidere di entrare in commissione con spirito collaborativo. Semmai la piccola sorpresa è il tono pacato col quale Bossi annuncia il suo scetticismo e ad un certo punto dice persino che «non saremo contro quel poco che la Bicamerale potrà dare». In realtà, come spiega il ccd Francesco D'Onofrio che conosce Bossi meglio di tutti gli altri polisti, «Bossi pregusta già l'idea di un accordo Ulivo-Polo nella Bicamerale in modo da poter risultare l'unico oppositore. Ed è anche questo quel che il Polo dovrà valutare in vista dell'incontro con D'Alema: al Nord la Lega può restare l'unica opposizione?». E intanto il Polo continua ad oscillare tra il possibilismo di Berlusconi e lo scetticismo di Fini. Il Cavaliere, in realtà, è sempre più aperturista. In una riunione a porte chiuse con i coordinatori di Forza Italia ha parlato della Bicamerale con toni quasi enfatici: «La Bicamerale è un momento di aggregazione con altre forze politiche per ricostruire insieme un tessuto del Paese, in cui tutti possano riconoscersi» e visto che «ci troviamo in una situazione di palude», «occorre mettersi insieme per fare le riforme». Tutt'altro approccio quello di Fini, anche quando alcune sue affermazioni possono sembrare più duttili. Ieri per esempio, nella prima tappa del suo viaggio nel nordest, il capo di An ha detto che «bisognerà riflettere bene prima di votare la Bicamerale e molto dipenderà dalla posizione del pds: se ci sarà totale preclusione verse il presidenzialismo, come sostengono Bianco e Bertinotti, allora diremo: non prendeteci in giro!». E sulle riforme bisticciano il politologo Giovanni Sartori e il presidente del Senato Nicola Mancino. Scrive Sartori su Panorama: «Sulle riforme i politici stanno dicendo montagne di sciocchezze», come dimostra «la balzana proposta dell'elezione diretta del capo del governo». E tra i suoi bersagli c'è proprio Mancino che non saprebbe distinguere «tra capo dello Stato e premier» e «non dovrebbe confondere nel gran calderone del premierato, tra sistema americano, semipresidenziale francese». Mancino alla «lezioncina del professor Sartori», risponde, rivelando lui che è presidente del Senato, di «continuare a ritenere migliore il cancellierato tedesco». |f. mar.]