«Soli nella trincea della paura»

«Soli nella trincea della paura» «Soli nella trincea della paura» L'Alessandrino contro il Magistrato del Po ALESSANDRIA DAL NOSTRO INVIATO Letizia Naboni, Alfredo Bozzi, Libero Cabella, Vanda Isella, Carlo Ferrari, Maddalena Falzoi, Giancarlo Canestri, Alberto Perin, Riccardo Raschio, Alina Spandonari, Angiolina Faà, Rosa Gay. Questi sono i morti di Alessandria. Travolti dalla piena del Tanaro il 6 novembre 1994, trovati giorni dopo con la bocca piena di fango, quando l'acqua si era ritirata e tutti giuravano che mai più doveva succedere. Luciano Marro, invece, non l'hanno ancora trovato. E' disperso da martedì scorso, alluvione '96, e con oggi sono nove giorni che lo cercano: hanno cominciato dal posto in cui l'acqua lo ha portato via (Roccavione), poi si sono spostati giù a Borgo San Dalmazzo, e poi anche a Fossano, lungo Stura e Gesso. E allora, quei giuramenti del '94? Francesca Calvo, sindaco di Alessandria, la sera di martedì scorso era agli Orti, il quartiere che l'altra volta ha sùbito i danni, e i morti. E pensava alle volte che ha insistito per ottenere la «messa in sicurezza» della città. «Ho chiesto a Di Pietro di venire qui prima della brutta stagione. Mi ha promesso una riunione tecnica, ma poi...». Poi ha cominciato a piovere, il Tanaro si è alzato di un metro, e molti ad Alessandria son tornati a spalare via fango da casa e negozio. Lei ha scritto un telegramma a Roma, «caro ministro, la stagione delle piogge è arrivata». Comunque, martedì alle 22,30, con l'acqua che saliva, la Calvo ha fatto chiudere i ponti. A mezzanotte c'erano le prime case allagate. Alle 2 nessuno sapeva più come poteva andare a finire, perché i dati ricevuti dalle località a monte davano l'acqua in calo, ma ad Alessandria il livello continuava a salire. Il sindaco ha mandato i vigili nei quartieri più a rischio, per avvertire del pericolo. Borgo Cittadella, Osterietta, Orti e Astuti sono comunque andati allagati. E c'è stato chi, passata l'emergenza, ha criticato quel trambusto, gli altoparlanti, le scuole chiuse, le strade bloccate. «Preferisco gridare al lupo una volta in più, che contare i morti il giorno dopo», dice il sindaco. E chi può darle torto? Lei, e assie- me a lei tutti i sindaci dei paesi alluvionati nel '94 e rialluvionati nel '96, sono i primi su cui si scarica la paura e la rabbia della gente. «Ho un bel da spiegare che noi abbiamo fatto tutte le opere. E che i lavori da fare sono di competenza del Magistrato del Po. La mattina della piena una donna mi ha detto: "Io ho votato per il sindaco, mica per questo Magistrato. Chi mi toglie l'acqua da casa, stavolta?"». Sarà grazie all'alluvione, ma questi sindaci sembrano di una razza nuova: tutti esperti di cose di fiumi (ma chi non lo è, ormai, da queste parti?), e tutti con in testa una cosa sola: io non voglio più dover far la conta dei morti - che tanto il voto non me lo daranno più - e dover spiegare ai parenti che è stata una fatalità. Così com'è, il fiume uccide, punto e basta. Che siano alla testa di un comune da cento abitanti, o portino la fascia di Alessandria, sono quasi dei tribuni della plebe rialluvionata, pronti a tutto pur di difendere la terra, gli argini ancora da fare, la gente furibonda e depressa che ti prende per la giacca e ti dice «sindaco, tu devi fare qualcosa». Pronti anche a dire «guardi che se lei non ordina subito di fare gli argini e il disalveo, io vengo a prenderla di peso e la porto sul ghiaione del Tanaro» (frase detta da Marco Bologna, sindaco di Pioverà, nell'ultima riunione con il Magistrato per il Po). «Vede, io mi ritrovo sindaco di un paese che riceve tutta l'acqua degli altri. Alla confluenza di Tanaro e Bormida, che hanno però già raccolto le acque di Belbo e Orba. Dopo noi ci sono paesi che si chiamano Alluvione Cambiò, Isola, Guazzò. Tutti nomi che c'entrano con l'acqua, da sempre abituati alle piene. Ma una volta le piene erano controllabili. Ora invece ci sono questi ghiaioni, mai più rimossi, che fanno subito alzare 0 livello. E noi andiamo a bagno». Semplice verità che lui, e dietro lui gli altri, hanno detto chiaro al MagisPo. I ghiaioni avrebbe dovuto eliminarli lui, a partire dal novem¬ bre '94, e a lui toccano gli argini. Ma il vertice di questo ufficio è parso loro sfuggente, enigmatico. Praticamente un nemico. L'altro ieri Ernesto Reali, presidente di questo ufficio (ex soprintendente ai beni artistici della Toscana) li ha affrontati, ma ha esordito con una frase infelice che ha scatenato gli animi: «Ho assunto l'incarico da un mese. Non volevo nemmeno venire, perché non ho molte risposte da darvi». Ingegner Reali, sono passati due anni, una nuova piena ha colpito il 5 MLD 5 MLD MLD MLD MLD MLD Piemonte. Perché questi lavori non sono stati mai fatti? «Devo premettere che tutto questo non riguarda la mia gestione, bensì quella del mio predecessore». Va bene, ma allora? «Diciamo anche che il territorio è molto vasto, e io sto cercando di capire la situazione». Lei, che cosa farà? «Sto cercando di attivare tutto quanto è attivabile. Voglio sbloccare tutti i progetti e gli affidamenti, e posso dire che siamo in fase di avvio di tutto ciò che non è stato avviato». Bene. E adesso (dopo l'intervento del sottosegretario della Protezione Civile che gli ha intimato di partire comunque con i lavori sui fiumi), ci sono 220 miliardi da spendere per i fiumi, per la sola provincia di Alessandria. Li spendiamo? «Sì, subito», risponde Gian Paolo Guglielmero. Ha 34 anni, vive a Cascina Morione, e sulle spalle ha un'azienda agricola che nel '94 ha avuto 4 miliardi di danni. «Io allora ho perso 435 capi, Frisone italiane da latte. Oggi ne ho seicento. Ma l'altra notte, quando ho rivisto nel buio il lucido dell'acqua che saliva su dai campi e veniva verso di noi, mi è venuto male». Due anni fa l'hanno salvato quelli della Protezione Civile. Pier Giuseppe Rossi, comandante della polizia municipale di Alessandria, è il responsabile della Protezione civile di qui. «Due anni fa tutto questo non esisteva», e mostra la sala operativa, il collegamento Meteosat, il sistema informatico che individua sulle carte militari la cascina più sperduta, comunica le coordinate all'elicottero dei soccorsi, e questo parte. Martedì hanno sperimentato il sistema, e nessuno sapeva che la piena non sarebbe stata grave come l'altra. Ma l'elicottero è partito nei minuti previsti, è volato sul fiume nero, è arrivato nei minuti previsti, è atterrato «preciso preciso» in quel cortile di cascina isolata e senz'acqua, e ha scaricato i bidoni di potabile. E non era un'esercitazione. Brunella Giovara (Fine) «Ci sono duecento miliardi per la provincia mai utilizzati» «Costringeremo i funzionari a intervenire direttamente»