Bob Dole in tv una notte da cattivo

Secondo e decisivo duello con Clinton, sotto accusa per i contributi illegali da Giakarta Secondo e decisivo duello con Clinton, sotto accusa per i contributi illegali da Giakarta Bob Dole in tv, una notte da cattivo All'attacco sul caso Whitewater e l'«Indonesiagate» WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Si vedrà oggi se il Bob Dole versione «mannara» che si è presentato ieri sera al secondo e ultimo dibattito presidenziale con Bill Clinton è riuscito a smuovere, a tre settimane dal voto, una campagna elettorale votata stabilmente al disastro da quando è iniziata. Per giorni e giorni, il candidato repubblicano ha annunciato una «sorpresa» a San Diego, dove, contraddicendo una sua precedente promessa, avrebbe attaccato direttamente il suo avversario sul piano personale. E per giorni e giorni, il campo di Clinton, galvanizzato da un vantaggio che si mantiene nell'ordine dei 15 punti, ha continuato a ripetere che questa era la prova della disperazione di Dole. E, con tutto quello che è già stato detto e scritto su Clinton in questi anni, sembra improbabile che la tardiva trasformazione di Dole in «uomo accetta» possa cambiare qualcosa. Circolava ieri una barzelletta. «Lo sai che Dole è diventato cattivo?». «Ah, bentornato vecchio Dole». Il candidato repubblicano ha sempre avuto fama di uomo al vetriolo e ha faticato non poco a imporsi una presidenziale disciplina di controllo in questa campagna. Tuttavia, quando ha annunciato che avrebbe cambiato tattica e sarebbe passato agli attacchi diretti contro Clinton, un sondaggio del «New York Times» ha rivelato che per la maggioranza degli americani Dole sta già conducendo dall'inizio una campagna negativa, mentre per la stragrande maggioranza Clinton punta sul messaggio positivo. Inoltre, prima del dibattito di San Diego, Dole aveva fatto la prova generale del «grande attacco», parlando a qualche centinaio di uomini d'affari di San Diego e non è che la platea si sia particolarmente impressionata. Dole ha ricordato che più di 30 collaboratori di Clinton sono stati arrestati, incriminati o messi sotto inchiesta per condotta non etica. Poi ha ricordato, uno per uno, tutti i principali «scandali» dell'amministrazione in carica, dal «filegate» al «travelgate», passando per l'affare Whitewater. Dole, che è stato però molto attento a non citare scandali troppo personali di Clinton (come Paula Jones o le rivelazioni delle sue guardie del corpo), ha tratto conclusioni dure. «Nessuna amministrazione - ha detto - ha mostrato più arroganza di questa, ma poche hanno rivelato meno difetti sul piano etico». «C'è un modello ricorrente in questa amministrazione - ha incalzato - ed è un modello di mezze verità, un'atmosfera di evasività». Il pubblico ha applaudito compostamente. Dole aveva preannunciato anche l'intenzione di incalzare Clinton sull'ultimo degli scandali che gli vengono attribuiti e per il quale lo «speaker» della Camera Newt Gingrich ha già chiesto la nomina di un altro investigatore speciale. Si tratta di circa mezzo milione di dollari arrivati al comitato elettorale democratico da una ricca famiglia indonesiana, i Riady, che possiede una grossa «holding» a Giakarta, il Gruppo Lippo. La legge elettorale americana proibisce l'accettazione di contributi provenienti da Paesi stranieri, ma in questo caso i soldi sono stati versati da un famigliare dei Riady residente legalmente negli Stati Uniti, cioè dotato cu «green card». Il versamento sarebbe quindi formalmente legale, se non fosse che molti (compreso il «Washington Post») sospettano che la legge sia stata aggirata. Infatti i Riady, amici di Clinton fin dai tempi dell'Arkansas, sono stati ricevuti tre volte alla Casa Bianca e sembrano aver tratto notevoli vantaggi da questo rapporto. Interrogato in proposito, Clinton ha detto che era pronto a fornire ogni risposta, ma ha anche ribadito che «i partiti non dovrebbero restituire finanziamenti legali». Per quanto appaia un'altra prova di una certa disinvoltura di questa amministrazione, non sembra che la vicenda indonesiana possa cambiare il corso della campagna, [p. p.] Erano annunciate 50 mila persone, erano 20 mila li presidente Bill Clinton lo sfidante Bob Dole e il leader estremista dei neri americani Louis Farrakhan

Luoghi citati: Arkansas, Dole, Giakarta, San Diego, Stati Uniti, Washington