La strana alleanza di Salang di Anna Zafesova

La strana alleanza di Salang La strana alleanza di Salang ;Mosca e Teheran dietro la controffensiva un matrimoniodi interesse MOSCA NOSTRO SERVIZIO La Russia, che sette anni fa aveva abbandonato a capo chino l'Afghanistan, ritorna ora a sorpresa a operare dietro le quinte del nuovo, ennesimo atto del dramma afghano. Dietro alla decisione del generale uzbeko Rashid Dostum di allearsi con il presidente afghano deposto dai Taleban, Burhannudin Rabbani, ci sarebbe infatti stata un'intensa attività diplomatica di Teheran e di Mosca. Un'alleanza che potrebbe capovolgere le sorti della guerra e che sta già mettendo in difficoltà gli «studenti di teologia», suggellata definitivamente a un incontro tenutosi ieri a Salang. Presenti Dostum, Rabbani, il suo ministro della Difesa Akhmad Shah Massud e il leader degli sciiti pro-iraniani Karim Khaleeli. E a benedire la nuova coalizio- ne, c'era anche Oleg Neveliaev, vice console russo a Mazar-i-Sharif, la «capitale» di Dostum. Ma c'è di più. Secondo alcune fonti, due dei principali collaboratori di Massud, Yunus Qanooni e Abdul Rahman, sarebbero attualmente a Mosca. Cosa ci fanno nella tana dell'ex nemico gli uomini del «Leone del Panshir», uno dei comandanti più temibili contro cui ha combattuto - inutilmente - l'ex Armata Rossa durante l'invasione sovietica? Ufficialmente la loro presenza viene ignorata, ma non è escluso che il consiglio del generale Alexandr Lebed - aiuta¬ re con armi e soldi gli avversari di una volta contro i nuovi nemici, i Taleban - sia stato seguito. La caduta del potere di Kabul è diventata il nuovo incubo del Cremlino, al punto da spingerlo alle trattative con gli odiati Mujaheddin. La Russia infatti teme che l'ondata Taleban non si fermi sulle montagne afghane, ma prosegua fino al Tagikistan e all'Uzbekistan. Allora Mosca si ritroverebbe a due passi da casa un fondamentalismo militante che potrebbe diventare una miccia per tutta l'Asia Centrale ex sovietica e minacciarne i confini. E il Cremlino perderebbe la sua massiccia presenza economica - e, nel caso del Tagikistan, anche militare - nell'ultimo brandello dell'impero sovietico che ancora, tra alti e bassi, può venire considerato come la sua zona d'influenza. Di qui anche la collaborazione abbastanza inedita con l'Iran. Teheran, esattamente come Mosca, teme di perdere il suo ruolo di leader regionale. Entrambe non vogliono avere come vicino di casa un potere, quello dei Taleban, che fa capo al Pakistan e a Washington. Entrambe avevano lavorato intensamente per preparare la Conferenza internazionale sulla pace in Afghanistan che avrebbe dovuto tenersi all'inizio di ottobre a Teheran. Ma soprattutto c'è la faccenda del gasdotto, che molti commentatori indicano come il vero «casus belli» della guerra tra i Taleban e Rabbani. Il progetto prevede il trasporto del gas turkmeno - una delle riserve più grosse del mondo verso i porti pachistani attraverso l'Afghanistan. Naturalmente, per trasformarlo in realtà ci vuole un Afghanistan non più dilaniato dalla guerriglia, sotto il dominio di una forza unica. E allora Russia e Iran si vedrebbero sfumare sotto il naso una ricchezza enorme. Del resto, ancora prima della collaborazione diplomatica Mosca aveva avviato con Teheran una cooperazione economica, stipulando un contratto per la costruzione di una centrale nucleare a Busher. Il progetto aveva provocato l'ira di Washington che temeva - non del tutto a torto che gli iraniani avrebbero usato il reattore civile anche a scopi militari. Ma la Russia, che dopo il crollo del blocco socialista è alla ricerca disperata di nuovi amici e nuovi mercati, non si è tirata indietro. Anna Zafesova Lebed aveva consigliato l'intervento contro «l'orda islamica» ai confini Incontro tra i signori della guerra alla presenza di un inviato russo Il ministro degli Esteri russo Primakov e il Presidente iraniano Rafsanjani Un'alleanza tattica contro i Taleban