Pacini «Mai dato soldi a Di Pietro» di Vincenzo Tessandori

«Procedere contro Davigo» Il faccendiere a Genova davanti al Tribunale (iella Libertà. Sentito alla Spezia un investigatore del Pool Patini: «Mai dolo soldi a Pi Pietro» «Le intercettazioni? Ho detto un mucchio di bugie» GENOVA DAL NOSTRO INVIATO Pacini, gli chiedono, Pacini ma lei li ha dati i soldi a Di Pietro? «No!». «Chicchi» ha una parola sola. 0 forse ne ha molte, chissà. E parla volentieri. Non ci sono taccuini o telecamere o microfoni capaci d'intimidirlo. E neppure le toghe hanno effetto su di lui, e gli avvocati difensori lo seguono nei suoi svolazzi, ma neppure cercano di correggerne le traiettorie, tanto lo sanno che sarebbe inutile. Loro conoscono il Codice e i suoi segreti, lui la vita e i suoi misteri. Per questo non è voluto mancare, ieri, all'udienza davanti al Tribunale della libertà che deve decidere sulla sua detenzione. E' arrivato di prima mattina, scortato da tre agenti carcerari, giovanotti di statura medio-bassa. E lui appariva imponente, vistoso, straripante. Le 10,30 e l'udienza si era aperta poco più di un'ora prima. Ora esce dall'aula numero 2, al settimo piano: perché anche chi ha occupato il «gradino sotto Dio» talvolta si concece un break. Non è ancora arrivato alla porta del bagno che quasi lo circondano reporters e antenne televisive. Se danno fastidio, lui non 10 dà a vedere, al contrario, rimane 11 sospetto che sia voluto uscire di proposito dall'aula. Pacini, gli chiedono, ma a Lucibello, i soldi, li ha dati? «No». E di salute, come sta? Stavolta non risponde, fa oscillare le mani, le palme aperte. Insomma, vuol dire, così così. Per la salute, per l'incertezza di uscire, per che cosa? «Chicchi» non aggiunge altro. In fondo, i suoi giudici lo hanno ascoltato, perché lui non si è fatto portare qui su un cellulare soltanto per far scena muta sul palcoscenico. No, ha preteso e, naturalmente, ottenuto un ruolo da protagonista e quando ha preso la parola i rappresentanti del Tribunale della libertà, Paolo Martinelli, Sergio Vallarino e Maria Besio, lo hanno ascoltato attenti. E che cosa ha detto, «Chicchi», ai suoi giudici? Lo racconta l'avvocato Giuseppe Lu citello: «Ha detto solo la verità. Comunque, ha parlato in particolar modo della questione d'immagine e ha dato messaggi molto forti anche per il discorso delle armi». Ma un altro tema, interessava mettere a fuoco a «Chicchi»: lui è uno che con la legge non ha mai scherzato, a dispetto delle accuse e dei sospetti. E quello che preme a LucibeUo è mostrare la sicurezza con cui il suo prezioso cliente si è battuto. Via le ombre, finalmente, sembra voler dire. «Pacini Battaglia ha voluto chiarire una volta per tutte che con la magistratura di Milano ha avuto sempre un rapporto, fra virgolette, di collaborazione molto stretto. E che, comunque, non ha mai pagato nessuno». Ma quelle intercettazioni, quelle dichiarazioni al vetriolo, »quel «Di Pietro e LucibeUo mi hanno sbancato»? Balle, giocava. Si vuol concedere la licenza di giocare a uno che è stato sfiorato dalla morte? L'avvocato Rosario Minniti, un ex magistrato che ora fa parte del collegio di difesa del finanziere italo-svizzero, ha l'aria di uno che si aspetti approvazione. E spiega: «Ha riconosciuto anche di essere un bugiardo». In ogni modo, vorrebbe dire, è un peccato veniale questo. Poi aggiunge: «Lo ha fatto sospettando di essere intercettato. Aveva visto la morte negli occhi, dopo l'intervento al cuore. E ha detto: "Mi era parso di morire, durante l'operazione, il mio cuore si era fermato". E quando si esce dal tunnel della morte, si dicono cose non solo non vere, ma che addirittura rientrano nell'ambito dell'immaginazione più sfrenata». Per dar sostanza giuridica all'orazione di Pacini Battaglia, i difensori hanno depositato una memoria di venticinque pagine. Particolare attenzione hanno dedicato alle intercettazioni, perché raccontare delle bugie, va bene, è una trasgressione, ma nel caso che qualcuno le valuti in maniera diversa, quelle conversazioni sul na- stro, allora è bene risolvere il caso alla radice. E proprio sulle intercettazioni c'è il vero braccio di ferro. Perché l'accusa con quelle si sente forte e forse neppure a torto, malgrado le spiegazioni e le correzioni tentate all'ultimo momento, la difesa avverte qualche scricchiolio nell'impianto: così Minniti fr LucibeUo hanno sollevato questione di incostituzionalità. Ma c'è dell'altro, da sottolineare ai giudici. Ci sono questi investigatori che ne hanno combinate di tutti i colori, sottolienano i due legali, addirittura sono entrati negli uffici della Part.Imm. Spa, di Roma, «forzando la serratura della porta o utilizzando chiavi false», e hanno «collocato la microspia indicata nel provvedimento del p.m.». D'accordo, li aveva autorizzati proprio il p.m.: ma certe cose non si fanno! Il p.m. Alberto Cardino ha affrontato l'udienza con serena rassegnazione. Nella divisione dei compiti con l'altro p.m., Silvio Franz, tocca a lui il privilegio di un viaggio a Genova per opporsi alle richieste di scarcerazione. A La Spezia Silvio Franz ha incontrato per due ore il maresciallo della Finanza Salvatore Scaletta, che dal 1993 fa parte della squadra di polizia giudiziaria che ha svolto le indagini con il pool. Scaletta è stato tra i protagonisti di alcune tra le principali inchieste milanesi lavorando con Di Pietro e in questi ultimi anni con Davigo e Greco. Non si conoscono i motivi dell'incontro. L'altro pm Alberto Cardino, a Genova, aveva con sè copia di alcuni interrogatori, i tre del riesame avevano accettato soltanto quelli di Pacini Battaglia e Danesi, che a sua volta preme per la scarcerazione, ma in aula era rappresentato solo dai difensori. Cardino non ha mostrato particolari emozioni. «Non ho portato nulla di aggiuntivo agli atti già trasmessi». Va bene, ma voi magistrati di La Spezia siete finiti nell'occhio del ciclone... «Non ho mal di mare. Si è creato un clima isterico, ci si eccita a vicenda». La difesa di Danesi, lei pure contesta tutto. Oggi, o forse domani, i tre giudici del riesame diranno se davvero i p.m. di La Spezia hanno commesso tanti errori. Vincenzo Tessandori ■pili

Luoghi citati: Genova, La Spezia, Milano, Pi Pietro, Roma