E' in arrivo Spark, l'auditorium virtuale di Sandro Cappelletto
E' in arrivo Spark, l'auditorium virtuale E' in arrivo Spark, l'auditorium virtuale lizzare l'ascolto, è raccontato nell'opuscolo pubblicato dal Teatro Regio in occasione dell'avvio del suo «restauro acustico», espressione per la prima volta impiegata da un ente lirico italiano, segno di una consapevolezza finalmente raggiunta. Quelle pagine costituiscono una radiografia fatta da tutti i possibili punti di ascolto: l'orchestrale, il direttore, il cantante, lo spettatore, il critico. «L'acustica attuale del Regio ha un andamento irregolare, tende a togliere spessore e dinamica alle voci e all'orchestra, pone problemi di assieme di ardua soluzione», scrive Claudio Abbado. Ancora più drastico Riccardo Chailly, direttore del Concertgebouw di Amsterdam: «La Prima Sinfonia di Mahler richiede un buon tempo di riverbero perché il suono possa espandersi nella sala e perché sia possibile un gioco di dinamiche: a Torino, i problemi sono stati enormi». «La Bohème del centenario è stata una grandissima fatica perché, come si dice in gergo, la mia voce non aveva ritorno. Non avevo la minima idea di come risuonasse nella sala ed ero portato a forzare continuamente, l'ultima cosa che un cantante deve fare», protesta Luciano Pavarotti. Un'autentica emergenza, dunque, che verrà affrontata anche durante il convegno «L'acustica come bene culturale» (a Torino, 14, 15 e 16 ottobre). Alla giornata di studio, che è promossa dal Crm, Manfred Schroeder, docente dell'Università di Goettingen e ricercatore per i Bell Laboratories, ha ricordato quanto sia antica la consapevolezza della virtualità del suono. L'«orecchio di Dionisio» nelle latomie di Siracusa è il primo esempio documentato del suono sfruttato come veicolo di controllo politico e di terrore. Il critico Guido Barbieri ha propostò di considerare «il testo musicale come una sorta di motore termico, cioè come un dispositivo in cui la variazione di un parametro influenza il valore di tutti gli altri», riflettendo in particolare sul rapporto tra lo spazio e il tempo dell'ascolto, tempo oggettivo occupato dal suono (la sua mera durata) e tempo interiore, inteso come reazione percettiva del nostro organismo (il corpo, l'intelligenza e l'emotività) a quella durata. L'orologio che scandisce il tempo meccanico non basta mai a quantificare il tempo della musica. Quando Luigi Nono in Post-Praeludium per Donau prescrive che un'unica nota del basso tuba perduri, senza mai interrompersi, oltre tre minuti e venga spazializzaia da un sistema di altoparlanti tutto attorno al pubblico, piega lo spazio dell'ascolto - qualunque spazio, se l'elettronica può modellare a piacere la sua diffusione - alle proprie esigenze espressive. Bonifacio Baroffio, religioso benedettino, ha ricordato come fossero le voci a «rendere sacro In alto: «Angeli musicanti» (1470) del Maestro di S. Fiorenzo Qui accanto, da sinistra, il «Regio» di Torino, l'Auditorium del Lingotto e la chiesa di San Zeno à Verona lo spazio», nella gravità cupa del canto funebre nelle catacombe come nella solarità degli inni intonati nelle cattedrali romaniche. Dall'antico al futuribile. Giuseppe Di Giugno, fondatore del centro Iris di Palliano (Prosinone), annuncia Spark, un sistema digitale per il controllo e la spazializzazione delle fonti sonore in tempo reale. Spark interviene su tutti i parametri, inghiotte ogni suono, ogni rumore, ma restituisce all'ascolto nello spazio solamente quanto l'operatore e il compositore decidono. Il dominio dell'intelligenza artificiale celebra un altro trionfo, purché venga sorretta dalla creatività e non si risolva in semplice onomatopea del reale. Sandro Cappelletto
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