Ghiani, ritomo al passato «Riaprite il mio processo»

Ghiani, ritomo al passato «Riaprite il mio processo» Condannato all'ergastolo per il delitto Martirano del '58 e poi graziato: «I servizi segreti dietro l'omicidio» Ghiani, ritomo al passato «Riaprite il mio processo» MILANO. Escono, escono. Gli scheletri crollan giù dagli armadi della Repubblica; basta schiudere un'anta che ti rovinano addosso. Le rivelazioni e i colpi di scena si accavallano. Mai sicure, le verità. Ecco ora Raoul Ghiani: ieri ha chiesto alla procura di Roma di riaprire il suo caso, di fare nuove indagini: vuole essere riabilitato, vuole che almeno ora venga riconosciuta la sua innocenza. Si sente «vittima di una gravissima e complessa calunnia». Dice: «Se la polizia vuole tornare ad indagare troverà nuovi elementi.C'è stato un raggiro ai miei danni, ne sono sicuro. Non so per conto di chi. Lo scopriranno». Un processo che fu una passione collettiva. Ghiani era accusato di avere strangolato una donna nella cucina di casa sua in via Monaci 21 a Roma. Ghiani era un elettrotecnico, stava a Milano, aveva 28 anni. Un uomo alto dal volto strano, come appuntito, con due occhi piccoli e dai capelli lucidi di brillantina. Piaceva e insospettiva insieme: divise l'Italia in innocentisti e colpevolisti. Era incensurato. Disse l'accusa: il 10 settembre '58 Ghiani esce alle sei e mezzo del pomeriggio dalla fabbrica dove lavora, sale sull'auto del geometra Giovanni Fenaroli ritenuto il mandante, e fa in tempo a prendere alla Malpensa l'aereo per Roma. A pochi minuti dalla mezzanotte si infila i guanti come un killer da film americano e strónca la vita della moglie del Fenaroli, Maria Martirano. Il Fenaroli, un geometra con un'impresa edile in pessime acque, sperava di cavarsela intascando il premio dell'assicurazione per la morte della moglie, 200 milio ni. Prove decisive non vennero mai trovate, ma Ghiani fu con dannato all'ergastolo. Il presi dente Pertini gli concesse la gra zia nell'84. Anche Fenaroli si beccò l'ergastolo. Quali carte gioca ora Ghiani a favore della la sua innocenza? L'anno scorso è venuta fuori la versione che del delitto dà un ex agente del Sifar (i servizi segreti d'allora), il tenente colonnello in pensione Enrico De Grossi. L'ha raccontata il giornalista Antonio Padellare in un bel libro, «Non aprite agli assassini» (BaldiniSrCastoldi). Una storia ben diversa. Fenaroli era impicciatissimo con il sottobosco democristiano e governativo da cui spillava appalti. Ed era amico di un potente sottosegretario: nel suo ufficio Fenaroli riuscì a mettere le mani su documenti tali da distruggere l'allora presidente della Repubblica Giovanni Gronchi: carte che parlavano dei finanziamenti che l'Eni di Enrico Mattei aveva dato e dava proprio a lui, al presidente Gronchi. Furono quei denari a costruirgli la carriera politica, in cambio dell'appoggio alla politica estera dell'Eni stesso, così aperto ai Paesi arabi e al blocco comunista. E i finanziamenti passavano attraverso l'Italcasse, una finanziaria legata a doppio filo alla de. Fenaroli, con il suo tabulatobomba, ricattava Gronchi, Raicasse, Eni. Ebbe 500 milioni, diversi miliardi d'oggi. Ci fu un secondo tentativo di ricatto, questa volta da parte della moglie, Maria Martirano. Ma il gioco non riuscì più. L'ex agente segreto De Grossi, che oggi ha 83 anni, non ha dubbi: «Gronchi - dice al telefono da Pergine in Valsugana - chiede aiuto al generale De Lorenzo, capo del Sifar, che lo toglie d'imbarazzo. Poi Gronchi si sdebita promuovendo De Lorenzo generale di Corpo d'armata con decreto "ad personam"». Ha prove, De Grossi, per queste sue affermazioni? L'anno scorso la giornalista Milella di «Chi l'ha visto?» è stata querelata dal figlio di De Lorenzo e ha smentito tutto in tv. «Non ho prove documentali, ma tutto combacia. E lo ripeterò quest'altra settimana a Sandro Curzi nella sua trasmissione su Raiuno». De Grossi è attaccato fin d'ora: «Questo signore non sa nulla», dice Giorgio Pisano, giornalista, storico ed ex senatore msi, che nel '58 su «Gente» e nel '68 su «Candido» scrisse su questo caso inchieste per decine di articoli. «De Lorenzo, Gronchi, l'Eni, i servizi segreti non c'entrano niente - afferma sicuro Pisano -. I servizi da noi non esistono: l'ho capito bene negli anni da parlamentare. Sono soltanto bande al servizio di questo o quel potente». Qual è allora la sua verità? «Si trattò di un colossale inghippo della questura e della magistratura romane a favore dell'Italcasse». Tanto potente era quest'Italcasse? «Finanziava la de con un bel marchingegno: agganciava imprese sull'orlo del fallimento e prestava loro soldi facendo però firmare impegni per importi molto più alti. La differenza andava alla de... Ho sempre creduto Ghiani innocente. Troppo le forzature dell'accusa. La notte del delitto Ghiani stava a casa sua: l'hanno confermato in tanti, ma furono terrorizzati, costretti a rimangiarsi le testimonianze. E poi, che strana la detenzione di Ghiani: trasferito a Pianosa, godeva di ima singolare semilibertà: si costruì una capanna sulla riva del mare, viveva lì, e s'installò pure un telefono; e organizzava l'arrivo di prostitute per il penitenziario e un giorno un ergastolano accoltellò per gelosia il direttore del carcere: semplice rivolta, fu detto. Strana anche la grazia che gli concesse Pertini: bisognerebbe leggerle, le motivazioni. Tutte prove che a Ghiani erano riservate attenzioni particolarissime». Dice Padellare, l'autore di «Non aprite agli assassini»: «Impressionanti, le analogie fra l'Italia di ieri e l'Italia di oggi. Per questo ho scritto il libro. Non so se con Ghiani e Fenaroli c'entra il Sifar, ma non mi meraviglierei perché i rapporti di Fenaroli con quei mondi sembrano certi». Storia da Tangentopoli «ante litteram». Claudio Altarocca «Sono stato vittima di un raggiro Non so chi lordino» Mtmtet La scena del delitto. In alto, un momento del processo a Ghiani

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