« Salomone se ne vada» e l'avvocato lascia l'aula di Fabio Poletti

il processo di brescia « Salomone se ne vada» e l'avvocato lascia l'aula il processo di brescia OBRESCIA GGI abbandono l'aula perché non posso stare in un processo in cui il pubblico ministero che è in udienza è stato dichiarato incompatibile dal suo stesso capo», dice Massimo Dinoia, avvocato di parte civile per Antonio Di Pietro. E dopo queste parole - ore 9,16 - lascia l'aula dove si celebra l'udienza sul presunto «complotto» per far lasciar la toga all'ex magistrato numero uno di Mani pulite. E' l'ennesimo petardo sulla strada di questo processo arrivato in aula dopo 16 mesi di indagine e un mare di polemiche. Il giudice Francesco Maddalo, che presiede il Tribunale, cerca di disinnescarlo: «Questo fatto non turba la regolarità di questo processo. Entri il primo testimone». L'ora e passa di udienza va via con tre agenti del Sisde. Tutti negano di aver controllato Di Pietro o il pool. Ma è chiaro che la vita di questo processo si gioca fuori da qui, fuori dall'aula al secondo piano con gli stucchi alle pareti e un grande lampadario di cristallo. Un piano più su c'è l'ufficio di Giancarlo Tarquini, procuratore capo, fino ad oggi sempre in udienza accanto a Salamone e Bonfigli, autore di quelle 14 paginette di fuoco. Che però si sgonfiano in due righe: «Non ci sono le condizioni per dichiarare che il dottor Fabio Salamone abbia ragioni di inimicizia grave in danno del dottor Di Pietro». L'inimicizia grave, contemplata dall'articolo 53 del codice di procedura penale, è il solo motivo per rimuovere dal suo ruolo un pubblico ministero al dibattimento. Ma Tarquini dice che inimicizia non c'è. Ma un po' sì, e allora chiede che «il dottor Fabio Sala mone si pronunci in ordine alla facoltà di astensione o di esprimere consenso alla sostituzione». Motiva, il procuratore capo «Non già per il concetto di mimi cizia grave, ma per l'ipotesi di incompatibilità, intesa quale possi bilità di turbamento dell'immagi ne di imparzialità e di serenità propria non solo del giudice, ma anche del pm». «Quel provvedimento è del 9 ot tobre, oggi è il 14 e io sono al mio posto», replica Fabio Salamone, che di mollare tutto non ci pensa nemmeno e nella sua risposta al procuratore capo - 5 pagine fitte • sottolinea e mette in neretto «Non intendo avvalermi della facoltà di astensione né esprimere consenso alla sostituzione». Alle 11,30 l'udienza si chiude. Il giudice Maddalo vuole il calenda rio. L'interrogatorio della parte lesa Antonio Di Pietro viene fìssa ta al 28 novembre. Sempre che il processo arrivi a quella data, con Fabio Salamone e Silvio Bonfigli nel ruolo di pubblica accusa. Dieci minuti dopo, nell'ufficio di Giancarlo Tarquini, riunione generale. Non è un incontro sereno, Fabio Salamone brucia Ms una dietro l'altra e dice «no» alla proposta del suo capo di farsi da parte. Poi consegna le 5 pagine con le sue spiegazioni. Che finiscono così: ((Assumendomi ogni responsabilità, a tutela dell'indipendenza e dell'autono¬ mia del mio ruolo di magistrato». Parole grosse. Ma la posta in gioco è alta per far decollare il processo contro Cesare Previti, Paolo Berlusconi, più gli ispettori ministeriali Ugo Dinacci e Domenico De Biase. Alla fine della riunione Fabio Salamone saluta e se ne va. Qualcuno giura che nemmeno una gru o i carabinieri riuscirebbero a toglierlo di torno. Lui per adesso preferisce non dire nulla, non buttare benzina sul fuoco.. Per lui parla la sua risposta al procuratore capo. Al vetriolo: «E' veramente singolare che si cerchi di utilizzare un'inchiesta ministeriale (contro di lui, ndr) per tentare di condizionare o addirittura di eliminare dal dibattimento il pm che ha messo in luce proprio l'uso di un'inchiesta ministeriale (quella contro Di Pietro, ndr) per indurre un magistrato a lasciare la sua attività». Giancarlo Tarquini incassa. E poi a telecamere accese usa tutta la sua diplomazia: «Escludo categoricamente che ci sia una grave inimicizia contro una parte del processo. L'azione penale è stata esercitata con serenità e obiettività». E allora, dottor Tarquini? Risponde: «Ho solo invitato il dottor Salamone a valutare se sussistono situazioni tali che lo inducano a ritenere di esercitare la facoltà di astenersi, o esprimere consenso alla sostituzione». Ma Salamone dice «no». Adesso potrebbe toccare alla procura generale di Brescia dire la sua. Organo a cui si era rivolto l'avvocato Massimo Dinoia nel chiedere la rimozione dall'udienza di Fabio Salamoile, dopo che erano circolate indiscrezioni - ufficialmente mai confermate dal ministero - sull'esito negativo per i pm dell'ispezione ministeriale dell'estate scorsa. «La procura generale potrebbe accettare il mio provvedimento. Oppure dare ragione all'avvocato Dinoia ritenendo che vi sia una grave inimicizia», taglia corto Giancarlo Tarquini, sempre ac canto ai suoi sostituti, poi queste 14 pagine che mettono i puntini sulle «i» ma non decidono niente. Fabio Poletti Dinoia, il legale di Di Pietro «E' stato il suo capo a dichiararlo incompatibile» Ma il tribunale va avanti lo stesso»

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