Il Vangelo di MicroMega

Il Vangelo di MicroMega Il Vangelo di MicroMega La rivista che «fiancheggia» i giudici GIUSTIZIA E POLITICA UROMA N partito vero e proprio forse no, ma con MicroMega i «giudici» hanno almeno trovato una rivista. Se esistesse un «partito dei giudici» MicroMega sarebbe infatti l'organo del partito, il direttore Paolo Flores d'Arcais il suo portavoce più accreditato, i convegni di MicroMega la sua tribuna congressuale. E visto che tra i «giudici» non regna esattamente un'atmosfera di concordia, con MicroMega il partito delle toghe ha trovato pure qualcosa che assomiglia a un Parlamento: pluralistico, correntizio, diviso tra maggioranza e opposizione. L'ultimo convegno milanese di MicroMega ha scatenato il pandemonio. Come capita spesso quando la rivista diretta da Paolo Flores d'Arcais organizza meeting con magistrati sui rapporti tra giustizia e politica. Pier Camillo Davigo che si scaglia in pubblico contro esponenti della Guardia di Finanza scatena una guerra tra corpi dello Stato e sollecita addirittura l'intervento formale del ministro della Giustizia Flick. Ma anche il Pier Camillo Davigo che aveva auspicato che le inchieste potessero «rivoltare l'Italia come un calzino» pronunciò la sua arringa in un convegno di MicroMega. E anche il Paolo Borsellino che poco prima di morire lanciò la sua invettiva contro i «Giuda» che avevano cospirato alle spalle di Falcone, ucciso pochi giorni prima a Capaci. E dove venne ospitato nel 1994 il carteggio tra Roberto Maroni, allora ministro dell'Interno del governo Berlusconi, e Luciano Violante? Sulle colonne di MicroMega, naturalmente. Sulla rivista l'azione di Mani pulite diventa ideologia, visione del mondo, impegno etico totalizzante, sostegno appassionato a ogni azione o impulso che promana dal mondo giudiziario. L'avversione verso l'universo corrotto e corruttibile della politica usurpata dalla partitocrazia nel «partito MicroMega» si trasforma nel prius morale che plasma e informa di sé ogni atto politico. Ne sa qualcosa Massimo D'Alema. duramente redarguito da Paolo Flores sull'ultimo fascicolo della rivista per avere sposato la linea garantista sulla giustizia. Ne sanno qualcosa quelli che nella rivista vengono definiti i «finti liberali», quegli intellettuali, da Angelo Panebianco a Lucio Colletti, da Marcello Pera a Sergio Romano (e naturalmente tutt'intero il gruppo che fa capo alla rivista Liberal) che non partono nella guerra santa che MicroMega ha proclamato contro la «nuova destra», contro i «craxisti», contro protagonisti e comparse dello schieramento politico che a giudizio della rivista sta insidiando la democrazia con i suoi richiami «plebiscitari» e «peronisti». L'organo della «sinistra intransigente», ama dire il direttore della creatura che nacque esattamente dieci anni fa, in collaborazione con Giorgio Ruffolo. Il veicolo di quello «schieramento qualificato e battagliero quale si sta verificando in MicroMega)), come ha scritto un intellettuale della sinistra iper-intransigente come Furio Diaz. Per gli avversari, il Vangelo del «giustizialismo», il luogo dove ogni inchiesta giudiziaria viene pregiudizialmente accolta da un coro di osanna. E' su MicroMega che Gherardo Colombo articola le sue proposte per uscire da Tangentopoli. Che Roberto Scarpinato punta l'indice sui «mandanti» politici della mafia. Dove, prima della «disgrazia», formulava le sue tesi Michele Cono. Dove Francesco Saverio Borrelli ha enunciato nel corso di una tavola rotonda il seguente principio: «Se si presentano congiunture, emergenze, nelle quali ima ragionata compressione dei diritti mdividuali è indispensabile, per ristabilire la legalità nell'interesse della collettività, ben vengano le restrizioni dei diritti individuali». Certo, MicroMega è anche al¬ tre cose: fascicoli sulla filosofia, sulla «verità della poesia» e sulla storia dell'Est europeo. Ma è anche il punto di coagulo di una sensibilità che vive nella sinistra, anche in contrasto con le posizioni dominanti in quello schieramento sulla questione «giustizia». E' l'approdo di un segmento di opinione pubblica che si riconosce nel radicalismo giustizialista del fondatore Paolo Flores d'Arcais. Il quale porta un nuovo pathos, tutto un fervore di ex garantista pentito che sposa le ragioni del «partito dei giudici». Il Paolo Flores d'Arcais che deplorava nel 1984 la «riduzione delle garanzie del cittadino», appoggiava lo Sciascia della «giustizia giusta» secondo cui «i diritti valgono di per sé» perché «sono più essenziali della stessa democrazia», lamentava «le mostruosità procedurali» di una «giustizia nelle mani dei pentiti» che ha come pilastro «punitivo e arbitrario» quello della «carcerazione preventiva» nonché il seguente assioma: «La famosa nor¬ ma che impone riscontri obietti vi per ogni chiamata di correità viene ora interpretata così: che una chiamata di correità vale co me riscontro per un'altra», quel Paolo Flores d'Arcais non era an cora il direttore di MicroMega, luogo di raccolta di un ideale «partito dei giudici». Ma la storia cambia a gran velocità. Pierluigi Battista E' diventata l'organo del «partito delle toghe» Per gli avversari è la voce del giustiziammo scorsi, senza che ci si facesse troppo caso. «Non mi va di gravare sulle spalle dello Stato. Per questo pfgjftk no ai denti, quasi tutti ex carabinieri dei corpi speciali, muniti di sistemi tecnologicamente all'avanguardia. Paolo Flores d'Arcais

Luoghi citati: Capaci, Falcone, Italia