Orfano il mito del Coccodrillo

Affetto da bronchite cronica e da un tumore, aveva 92 anni: fti un grande del tennis Affetto da bronchite cronica e da un tumore, aveva 92 anni: fti un grande del tennis Orfano il m'ito del Coccodrillo E' morto René Lacoste, il re delle magliette E' morto René Lacoste, di professione ingegnere aeronautico, nonché per diletto tennista e poi pittore. Era nato a Parigi il 2 luglio del 1904, si è spento - bronchite cronica, e poi anche un tumore, lo stesso che ha ucciso Mitterrand - a Saint Jean de Luz, nel Sud-Ovest della Francia, fra una tribù di posteri. Riuscì soprattutto in quello che ai suoi tempi, Anni Venti, era definito «il gioco dei re», o anche «una danza triste per far venire l'ora del tè»: nel senso che fu un grande campione di tennis. Vinse per la Francia due Coppe Davis e 9 prove del grande slam, fra cui due volte Wimbledon e 3 Roland Garros. Con Jean Borotra, Henri Cochet e Jacques Brugnon diede vita al quartetto celebre dei «moschettieri»: era l'unico sopravvissuto. Cominciò a essere famoso a 18 anni, smise col tennis intenso nel 1929 a 25, povero di salute, ricco di famiglia più che di guadagni tennistici. Non tutti accosteranno subito il suo nome alle magliette famose, le Lacoste con lo stemmino del coccodrillo: eppure fu lui a inventarle, a lanciarle indossandole, verso la fine della carriera. Era cagionevole, pativa molto e il caldo e il freddo. Allora i tennisti si presentavano in campo con camicie dalle maniche lunghe rimboccate, non certo l'ideale. Lui creò la maglietta di cotone leggero, una rete dalle maglie fitte, gli andava bene con qualsiasi clima, proteggeva e intanto lasciava traspirare. Il coccodrillo, perché questo era il suo soprannome, per il gioco feroce e sornione nello stesso tempo (per la verità era «alligator», così avevano preso a chiamarlo negli Stati Uniti, quando vinse là una Coppa Davis). 0 perché una volta in America aveva chiesto come premio di eventuale vittoria una valigia di coccodrillo, aveva perso ma un giornalista aveva raccontato la storia, che gli aveva lasciato il nomignolo. La maglietta, commercializzata dal 1933 e per tanti anni soltanto bianca, ebbe quasi subito un successo strepitoso, e il coccodrillo disegnato da un amico - si trasferì poi su altri capi dell'abbigliamento, dell'hobbystica, dell'oggettistica, finendo su calze e cinture, occhiali e asciugamani, cravatte e profumi, scarpe e accendini. Lui fu interessato prima alla produzione, poi alle sole royalties. Nacquero (e prosperano ancore) le imitazioni, come forse per nessun altro marchio al mondo. Mirabile l'escamotage di due coccodrilli in qualche modo copulanti, e la scritta «J'accoste», «mi avvicino», da lontano leggibile come il suo cognome. Taiwan e Napoli sono diventati i maggiori centri di produzione dell'invenzione di monsieur Lacoste, con tanti processi a vuoto e tanti sequestri inutili. La maglietta si vende attualmente in 6 milioni di capi originali l'anno. Fu un grande del tennis, gioco a cui si era accostato quando i genitori, preoccupati della sua gracilità, lo avevano spedito allo Sporting Club di Parigi: e ci andava in bici, perché la casa di famiglia era fuori città, quasi in campagna. Dei quattro moschettieri Borotra era il più «bagarreur», acceso e furbastro, Cochet era il più scientifico, Brugnon faceva soltanto il doppio. Lui era un giocatore completo, per un po' di anni fu il migliore del mondo. Filmava gli avversari, quando il film era cosa per pochi, e li studiava per ore. Lo handicap pavano i polmoni malaticci, nel 1932 tentò di riprendere a giocare e finì vicino alla tubercolosi. Ancora qualche anno fa era lui che premiava il vincitore del Roland Garros: e si presentava nel già caldo giugno di Parigi indossando un pesante cappotto. Figlio del patron della Hispano Suiza, la Rolls Royce dei francesi, avrebbe voluto mettere sulle magliette la cicogna, che stava sul radiatore della macchina. Il successo del coccodrillo lo prese in contropiede, non gli piaceva troppo. Comunque ebbe cura di costruirsi una vita al di fuori del tennis e delle sue commercializzazioni: come erede di papà e dunque uomo della Hispano Suiza ebbe rapporti industriali con Henry Ford, curò la costruzione di grandi navi, ideò anche recentemente accessori per il Concorde e l'Airbus. I suoi studi aeronautici lo aiutarono a creare una racchetta di alluminio e poi di magnesio e poi di acciaio, usatissima da Connors, che diceva di dovergli una parte di tante vittorie. Inventò anche un ammortizzatore per vibrazioni, salvando molti giocatori dal «gomito del tennista», malanno misterioso e terribile. Ed è suo parto anche una molto diffusa macchina lanciapalline per gli allenamenti. La sua leggenda si gonfiò ancora quando lui lasciò lo sport. Dicevano che collaudava racchette cagliostresche nella sua stanza colpendo al volo la pallina e mandandola 300 volte consecutivamente a colpire un quadrato di 10 centimetri per 10, disegnato sul muro. E che giocava ancora benissimo a ottant'anni, fra un colpo di tennis e un colpo di tosse. Gian Paolo Ormezzano Gracile anche da giovane inventò le t-shirt con quella trama particolare per meglio proteggersi durante le partite 'IMPERO LACOSTE ADDETTI 80 persone sono occupate in Francia nell'amministrazione e gestione del marchio. 25 mila persone nel mondo lavorano nella produzione sotto licenza e nella distribuzione. PRODUZIONE La Lacoste produce 35 milioni di articoli all'anno, di cui 6 milioni sono magliette. Il resto sono: scarpe, racchette da tennis, profumi, occhiali da sole. La Lacoste non produce direttamente, ma è associata con la Devanley per il settore maglieria, in partenariato fino al 2012. La Devanley ha un volume d'affari che al 30/9/96 raggiungeva i 976,1 milioni di franchi (286 miliardi di lire). Per il settore scarpe è associata con la filiale francese del gruppo britannico di attrezzatura sportiva Pentland. Le scarpe sono distribuite dal 1° luglio di quest'anno. Per il settore profumi l'accordo è con la Jean Patou. PROPRIETÀ' Bernard Lacoste, primogenito dell'inventore-fondatore René, è il proprietario del marchio. FONDAZIONE Nel 1933 René Lacoste fece realizzare per sé la prima maglietta con le maniche corte. Prima, infatti, si giocava a tennis con le maniche lunghe. L'ETICHETTA ti lamoso coccodriU'mo tu disegnato da un amico di René, Robert George. DINO ZOFF «Io, testimonial di un successo» «Ho accettato volentieri di fare da testimonial nell'ultima campagna pubblicitaria perché i compensi sono devoluti in beneficenza - spiega il presidente della Lazio -. Noi non riceviamo assolutamente nulla. Naturalmente la mia "collezione privata" non è come quella fotografata sulle riviste. Io ne ho soltanto qualcuna. Credo che il successo del coccodrillino sia legato alla tradizione che rappresenta; sono stati i primi nell'ambito delle magliette, e il fondatore era un vecchio sportivo. Per quanto mi riguarda, Lacoste significa magliette, e non racchette, scarpe o altro». Furono gli americani a scegliere per lui il soprannome «alligator» coccodrillo delle magliette, una foto recente di René Lacoste e un'immagine di quando giocava