E a Suez tempesta sulla via delle Indie

E a Suez tempesta sulla via delle Indie Dall'Est europeo al Canale, quell'ultima settimana di ottobre minò gli equilibri del pianeta E a Suez tempesta sulla via delle Indie La crisi che umiliò 1'«impero» britannico NELL'ULTIMA settimana d'ottobre sembrò che il vaso di Pandora si fosse scoperchiato e che ne uscisse—I ro, uno dopo l'altro, tutti i mostri, i fantasmi e i veleni della situazione internazionale. 1 diplomatici nelle loro ambasciate e i giornalisti nelle loro redazioni ebbero l'impressione di assistere allo scontro tra due fiumi, improvvisamente gonfiati dalle piogge d'autunno. Vivemmo per qualche giorno come su un'isola assediata da due burrasche, di cui una scendeva dall'Ungheria come una valanga e l'altra saliva dall'Egitto con la forza di un maremoto. I giorni più tempestosi furono il 29, il 30 e il 31 ottobre. Il 29 gli israeliani invasero la penisola del Sinai e Janos Kadar divenne segretario del Comitato centrale del partito ungherese dei lavoratori. Il 30, mentre la Francia e l'Inghilterra intimavano all'Egitto e a Israele di sospendere le ostilità, il cardinale Mindszenty, a Budapest, fu liberato dagli insorti e le truppe sovietiche entrarono in territorio ungherese. Il 31 gli anglo-francesi bombardarono gli aeroporti egiziani e si prepararono a lanciare i loro paracadutisti sulla zona del canale di Suez. Le due crisi si erano accavallate e intrecciate sino a formare un unico, inestricabile groviglio internazionale. Proviamo a sfilare dal gomitolo il filo di Suez e a ricostruire le cause, la dinamica, gli effetti della crisi egiziana. La storia comincia al Cairo quattro anni prima. Un gruppo di giovani ufficiali, guidati dal generale Nagib, spodestò il grasso e pigro Faruk, affezionato cliente di tutti i casinò europei, e proclamò la repubblica egiziana. Il più ambizioso ed energico fra i congiurati era un giovane colonnello di nome Giamal Abd el Nasser (il «vittorioso») che due anni dopo si sbarazzò di Nagib e ne prese il posto. Il programma era semplice: liberare l'Egitto dall'influenza inglese, distruggere lo Stato d'Israele e fare della rivoluzione egiziana una sorta di modello per le aspirazioni anticoloniali del mondo arabo. Fu sin dall'inizio nazionalista e modernizzatore, nello spirito dei molti colonnelli che avevano fatio rivoluzioni e colpi di Stato, in Medio Oriente, dopo il grande movimento dei «giovani turchi» all'inizio del secolo. Nasser era emotivo, eccitabile, incline a commettere madornali errori politici. Ma era anche straordinariamente capace di affascinare le folle arabe, di suscitare l'entusiasmo delle masse egiziane e di trasformare in successi, con un colpo di barakà, i fallimenti della sua strategia politica. Giunto al potere cominciò a stringere rapporti con l'Urss e con i Paesi comunisti, ma cercò anche di conquistare la benevolenza e gli aiuti finanziari degli americani. Il nodo delle sue contraddizioni venne al pettùie nel 1956 quando chiese agli Stati Uniti i finanziamenti necessari per la costmzione della diga di Assuan e l'irrigazione delle terre dell'Alto Nilo. Irritati dai flirt di Nasser con l'Unione Sovietica il presidente Ei- senhower e il segretario di Stato Foster Dulles gli negarono i denari. Fu quello il momento in cui il giovane presidente egiziano alzò la posta e decise di giocare la carta del canale di Suez. Con un decreto del 26 luglio 1956 il governo del Cairo ne decise la nazionalizzazione. Nasser ritenne di raggiungere in tal modo due risultati. Avrebbe incassato, grazie all'amministrazione del canale, i fondi necessari per la costruzione della diga e avrebbe dimostrato al mondo che l'Egitto era padrone di se stesso. Il canale fu scavato da un ingegnere francese, Ferdinand de Lesseps, negli Anni 60 del secolo scorso, ma era gestito nel 1956 da una società in cui il governo inglese, dall'epoca di Disraeli, deteneva la maggioranza. Non basta. Per l'Inghilterra il Canale non era soltanto un investimento. Era la strada maestra deE'Impero, la «via delle Indie», il valico attraverso il quale passava una parte importante del commercio mondiale, una garitta da cui la Gran Bretagna sorvegliava le comunicazioni dell'Europa con l'Africa e l'Asia. Il Primo ministro a Londra era Anthony Eden, eterno delfino di Churchill, da poco assurto, finalmente, alla guida politica del suo Paese. Secondo un saggista inglese, Paul Johnson, Eden era ansioso di affermare la sua presenza e ossessionato dalla convinzione che Nasser fosse un nuovo Mussohni contro il quale occorreva agire duramente e rapidamente. Non appena apprese la nazionalizzazione del Canale convocò i capi delle forze armate e cinese che preparassero un piano per l'invasione dell'Egitto. L'uomo che negli Anni 30 aveva denunciato la minaccia dei dittatori e diretto per molti anni la politica estera del suo Paese, non intendeva essere ricordato, nella storia dell'Inghilterra, per un atto di debolezza. Eden scoprì rapidamente di avere un alleato nella persona di un socialista, Guy Mollet, allora capo del governo francese. Mentre Eden voleva dare una lezione a Nasser per tenere sgombra la via dell'impero, Mollet voleva colpire l'uomo che sosteneva e finanziava la lotta degli insorti algerini contro il governo di Parigi. Mentre Eden vedeva nel leader egiziano mia reincarnazione mediorientale di Mussolini, Mollet vedeva in lui un novello Hitler, deciso a impadronirsi dell'intera re¬ gione. Mentre il primo percepì la nazionalizzazione del Canale come una intollerabile minaccia al prestigio britannico, il secondo ritenne che l'acquiescenza dell'Europa democratica avrebbe, come a Monaco nel 1938, creato le condizioni di una terza guerra mondiale. Le ossessioni di due leader politici che trasferivano nel presente gli incubi del passato si sommarono e crearono la coalizione anglo-francese. Uniti dalla comune volontà di sradicare Nasser dalla Valle del Nilo, Eden e Mollet avevano bisogno di un complice e di un pretesto. Trovarono l'uno e l'altro nella dirigenza politica e militare dello Stato d'Israele, a cui premeva cogliere l'occasione per un'azione preventiva contro l'uomo che minacciava con la sua politica nazionalista e con il blocco navale del golfo di Aqaba la sopravvivenza e l'integrità della nazione ebraica. I rappresentanti dei tre «compari» - l'o- perazione fu battezzata, senza ombra di ironia, «moschettiere» - si riunirono a Sèvres, vicino a Parigi, dal 22 al 24 ottobre, e si distribuirono le parti. Il primo compare (Israele) avrebbe attaccato gli egiziani nella penisola del Sinai. Il secondo e il terzo (Francia e Gran Bretagna) avrebbero ingiunto ai combattenti, con un ultimatum, d'interrompere le ostilità. E se l'Egitto, come era prevedibile, non avesse accettato, i due moschettieri europei avrebbero bombardato gli aeroporti egiziaiù e occupato, con un lancio di paracadutisti, la zona del Canale. Eden e il suo ministro degli Esteri - ricorda Paul Johnson - negarono fino al giorno della loro morte il «patto di Sèvres». Ma i francesi confessarono e Moshe Dayan (il generale dalla benda nera) ricordò che il ministro degli Esteri mglese, Selwyn Lloyd, aveva raccomandato a Israele «mi vero atto di guerra», tale da giustificare agli occhi dell'opinione internazionale l'intervento «pacificatore» delle forze britanniche. Tutto andò secondo i piani. La trionfale avanzata degli israeliani, l'ultimatum e l'intervento anglofrancese rispettarono alla lettera il copione di Sèvres. Nasser fu messo fuori gioco, gli Stati arabi si dimostrarono sostanzialmente impotenti e l'Urss, impegnata contro la rivoluzione ungherese, si limitò a minacciare improbabili rappresaglie nucleari contro le capitali occi¬ dentali. L'affare, avrebbe detto un francese, «era nel sacco». Accadde tuttavia ciò che i congiurati non avevano previsto. Profondamente irritato dal fatto compiuto dei suoi maggiori alleati europei, il presidente degli Stati Uniti lanciò dalla collina del Campidoglio l'unico fulmine che potesse mettere in ginocchio la potenza britannica: dette ordine al Tesoro americano di vendere sterline sulla borsa di New York. Eden precipitò in una crisi fisica, psicologica e politica. Nel giro di pochi giorni dette le dimissioni e parti per le Bermude lasciando al suo successore, Harold MacMillan, il compito d'incollare i cocci rotti dell'impero britannico. Cosi finì la crisi di Suez. Nasser si tenne il canale, gli invasori dovettero ritirare le loro truppe e la situazione, in apparenza, restò quella che gli inglesi e i francesi avevano inutilmente cercato di cambiare. In realtà la crisi ebbe conseguenze che modificarono radicalmente gli equilibri mondiali. L'Inghilterra toccò con mano i limiti della propria potenza e accettò da allora, filosoficamente, di sostenere a fianco degli Stati Uniti la parte del secondo violino. Il partito conservatore si spaccò e la sua ala dirigente divenne da allora molto meno «imperiale». La Francia si ritrovò alle prese con gli algerini, sostenuti dal nazionalismo arabo, e si vide costretta, un anno e mezzo dopo, a invocare l'intervento di un salvatore della patria nella persona del generale de Gaulle. Nasser, ringalluzzito dalla sur. «vittoria», divenne con Nehru, Sukamo e Tito, il leader incontestato dei «non allineati». Israele dunostrò che poteva, all'occorrenza, fare guerre preventive di straordinaria efficacia militare. L'Urss vide nel nazionalismo arabo l'occasione per inserirsi nella regione e stringere patti di amicizia con i Paesi «antimperialisti» del mondo arabo. Gli Stati Uniti, dopo avere umiliato la potenza britannica in Medio Oriente, furono costretti a prenderne il posto e a fare più o meno, in altre circostanze, ciò che avevano vietato agli inglesi. Molti avvenimenti degli anni successivi sono figli della crisi di Suez. Eden credeva di combattere Mussolini e Mollet voleva evitare una nuova Monaco. Riuscirono invece a segnare un formidabile autogol e a pregiudicare per moki anni la presenza dell'Occidente nel terzo mondo. Solo il diavolo - disse un giorno Schiller - sa dove andrà a cadere la pietra gettata dalla mano dell'uomo. Sergio Romano ità Nasser il vittorioso a Eden, messo in ginocchio dalle sterline vendute sulla borsa di New York L '«autogol» dell'Occidente escluso pei' anni dal Terzo Mondo torioso messo occhio endute w York defrtuavirrmdecomchordeYsidipsuildtettlnrgrlmdnpcdmtsvpsdgvl Le forze aeree franco-inglesi bombardano Alessandria d'Egitto all'imbocco del canale di Suez Il leader egiziano Nasser visto da Levine. Sotto, da sinistra, Anthony Eden, primo ministro inglese ai tempi della crisi e Moshe Dayan '■