«Noi eterni sconfitti dell'alluvione»

16 «I lavori sono andati a rilento, e adesso viviamo di nuovo nell'incubo» «Noi, eterni sconfitti dell'alluvione» La rabbia del Cuneese: la lezione non è servita CUNEO DAL NOSTRO INVIATO Dimenticato il rosso e il giallo di queste colline e di questa pianura, e che e stagione di tartufi e di nebbie, e che queste son terre di gran mangiare e di gran bere. Dimenticate i miti della Langa e quelli della Provincia Granda, i castelli, gli scrittori, il profumo di vecchio Piemonte. E adesso venite qui, alla periferia di Cuneo, sotto il ponte di Borgo Gesso. Guardate su, c'è una rotaia sospesa nel vuoto, i piloni se li è portati via il Gesso martedì alle 15 e 45. Chi c'era dice che è andato giù in due volte, con un rumore come di bomba, e tutti allora han pensato che sì, questa purtroppo era la volta buona per replicare l'alluvione del '94. Così è stato, anche se i darmi sono stati minori, anche se di morti per ora non ce ne sono, e si spera fino all'ultimo di trovare vivo l'unico disperso, Luciano Marra, 48 anni, operaio Enel. E' piovuto meno, ma l'effetto è slato un disastro. Un quasi disastro, però, se confrontato con gli effetti delle piogge del novembre di due anni fa. Segno che forse la lezione è servita, ma che forse ò stata imparata solo a metà. Antonella Bambagioni, capo di gabinetto della prefettura di Cuneo, responsabile della Protezione civile, dice che «la mobilitazione è stata immediata, i sindaci hanno lavorato moltissimo, la macchina della Protezione ha evitato il peggio». Ma chi dice che tutto sommato è andata bene, deve poi andare a spiegarlo ad Albina Pe rotti Marro, che aspetta che trovino, vivo o morto, il marito, assieme a un bambino di sei anni. O a quelli che viaggiavano sul trenino Cuneo-Mondovì, passati illesi su un fiume già rombante di schiuma e di tronchi, sedici minuti appena prima che i piloni andassero giù. O a Mario Arneodo, frazione Bombonina di Cuneo, che parla del Gesso come di una persona, dice «l'ho visto che gonfiava, che ha incontrato la Stura da arrabbiato. Ho salvato le vacche, ventidue bestie». Trecento milioni di danni, solo lui, e la cascina portata via dalla piena con 100 quintali di fieno, 80 di meliga, e 50 metri di argine. La paura è tanta, ma c'è anche rabbia (i sindaci, soprattutto). La «Le arancorsradicdelle a gente dice che le opere necessarie dopo l'altra alluvione (argini, pulizia degli alvei) non sono state fatte o finite, protesta perché si aspettano ancora i soldi, ce l'hanno con Regione e Magistrato del Po (gli enti che ricevono i finanziamenti e li usano o li distribuiscono ai Comuni) e dicono «rieccoci qui, daccapo, stessi problemi, stessi torrenti che fanno il disastro». E c'è rassegnazione. Ma soprattutto paura. Chi abita nel Monregalesc, e intorno ai bacini dei torrenti Vermenagna, Gesso, Stura di Demonte, Grana, Maira, da martedì non dorme più, e non trova consolazione nel fatto che il Consiglio dei ministri abbia decretato lo stato di emergenza Cioè nuovi finanziamenti, e proce¬ dure più semplici per iniziare subito i lavori, il recupero. Calcolare i danni? E' presto, nessuno sa ancora fare i conti di quanto costeranno frazioni isolate, ponti distrutti, strade scomparse anche solo per cento metri, sufficienti però a tagliar fuori dal mondo una borgata di 150 persone come Rocchetta di Saniront. Pensatevi là, e cercate di essere ottimisti. Difficile impresa, ancora più difficile per chi già due anni fa aveva provato cosa vuol dire essere evacuati, dover lasciare a forza casa e tutto, come sfollati. E per dirla tutta, molti di quelli sfollati e disperati nelle notti scorse, due anni fa spalavano fango nelle zone di Tanaro, e ad Alba, ad Alessandria. Volontari, generosi, speranzosi di non dover vedere più certe cose. Questa volta è toccata a loro, aspettare i soccorsi, gli elicotteri, combattere la battaglia con un torrente impazzito. E allora brucia di più. Anzi, praticamente è una sconfitta. «Qui ci stanno prendendo in giro. Pensi che io, mentre cedeva il ponte, stavo firmando le richieste di mutuo per gli appalti delle ricostruzioni del '94». E' nero Riccardo Vaschetto, sindaco di Mondovì: un ponte importante distrutto (quello che porta alla pianura, a Torino), due minori sbriciolati, l'acqua non ancora potabile. Ce l'ha con lo Stato burocrate che gli lega le mani, anche nell'emergenza: «Non posso autorizzare gli straordinari ai miei dipendenti perché ho già raggiunto il tetto massimo previsto dalla legge. Così i tecnici e gli operai del comune di Mondovì stanno lavorando senza sosta da quattro giorni, ma la prossima settimana staranno a casa per recuperare le ore. Le sembra giusto?». Quanti danni ha subito la città? «Qualche miliardo. Nel '94 abbiamo avuto danni per 4 miliardi, ma allora eravamo stati solo sfiorati dall'alluvione». Si fa presto a far miliardi di danni. Il sindaco di Rittana (Valle Stura) si chiama Adriano Perona. Ieri ha spedito il suo bravo fax alla prefettura di Cuneo, spiegando che i danni di Rittana (160 abitanti), superano i 500 milioni. «Giovedì noi sindaci abbiamo ricevuto la convocazione per l'incontro ad Alessandria con Barberi, sottosegretario alla Protezione Civile. Io ho ricevuto il fax che mancava un quarto alle cinque del pomeriggio, un'ora più tardi Il sinda«Mentrio firmriparar avrei dovuto essere ad Alessandria. Allora ho telefonato, e ancor grazie che i telefoni funzionavano: mandatemi l'elicottero, gli ho detto, sennò non faccio in tempo». Chissà se hanno capito l'ironia. E la colpa di chi è? Della Stura, che tra l'altro ha tranciato il ponte di Festiona. Tina e Beppe, pensionati di Cuneo che passane il fine settimana sul loro camper in Valle Stura, sono tornati ieri a vedere il disastro. «Vede, le arcate del ponte sono ostruite dai tronchi, ma sono tronchi vecchi del '94, mica dell'altro ieri. Il fatto è che qui nessuno pulisce più i fiumi. Negli anni Quaranta la gente veniva qui con l'accetta e si portava via un pezzo per volta, per l'inverno». Una volta però la gente era povera e della legna aveva bisogno. Vero, sindaco Bertoldi? «Vero. Ma se io domani vado con l'accetta a tirar giù le piante cresciute su quegli isolotti in mezzo al fiume, sa dove finirei? In galera! La legge me lo impedisce. Chi decide tutto, qui, è il Magistrato del Po, e se lui non vuole, io non posso mandare neanche una ruspa, neanche se so che sta per arrivare la piena». Il sindaco di Demonte (mezzo miliardo di danni anche per lui) ha ragione, perché la legge è così. Ma per fare il punto bisogna ripartire dall'alluvione del '94. Per quella distruzione la Regione Piemonte ottenne 1630 miliardi. Finiti dove? «Tutti distribuiti agli enti locali, tranne ima piccola parte, ma sono briciole», dice l'ingegner Piero Telesca, responsabile del Servizio regionale assetto idrogeologico, nonché della segreteria tecnica per l'Alluvione. Quanto è andato alla provincia di Cuneo? «Seicento miliardi, circa». E chi deve fare i lavori, ricostruire gli argini distrutti la volta scorsa e non ancora ricostruiti? «Dipende. Gran parte delle competenze spettano al Magistrato del Po. A lui erano stati destinati circa 1500 miliardi per tutto il bacino del Po». E quanto è stato speso finora? Poco: 400-450 miliardi subito, per i lavori urgenti, e con buoni risultati. Gliene restano circa settecento, programmati per il quinquennio '95/99. Ma poco si è fatto. Manca la parte della «messa in sicurezza», quella cosa che tutti i sindaci invocano a gran voce perché non ne possono più di mettere in allerta paesi e città ad ogni pioggia che duri più di 48 ore. Giancarlo Veglio, sindaco di Cortemilia: ((Abbiamo enormi problemi con il Magistrato del Po. Il Bormida e l'Uzzone a noi fan paura: non ci sono difese spondali, e chi deve farle? Tutti, aziende, privati, coltivatori, hanno avuto i risarcimenti. Ma adesso siamo di nuovo in ballo, indifesi, esposti al rischio. Lei ci vivrebbe con una spada così sulla testa?». La «messa in sicurezza» è ancora lontana. Finora il Magistrato del Po ha progettato l'intervento sul Belbo. Che pure è un torrente importante, e terribile nelle sue furie. Ma che pensare, due anni dopo quella tragedia, nel ritrovarsi quasi daccapo? E capire che mancano i progetti per il Po, e per i cosiddetti «nodi idraulici» di Ceva, Alba, Asti, Alessandria, cioè per tutto? Brunella Giovara «Le arcate dei viadotti sono ancora ostruite dai tronchi sradicati dalla furia delle acque del '94» Il sindaco di Mondovì accusa «Mentre crollava un ponte io firmavo i mutui per riparare i danni di 2 anni fa» «I fiumi sono sempre indifesi Ogni volta che piove dobbiamo lanciare segnali di allarme» QUESTA SETTIMANA NEL CUNEESE strade interrotte 19 strade chiuse 12 ponti chiusi 28 ponti crollati 4 località'isolate 9 millimetri d'acqua in 48 ore [punta massima] 370 DUE ANNI FA NEL PIEMONTE vittime 68 comuni colpiti 197 famiglie danneggiate 30.465 senzatetto 4565 millimetri d'acqua in 36 ore 220 «laRsrig Ecco quel che rimane del viadotto ferroviario della linea Cuneo-Mondovì, crollato nella frazione Borgo San Giuseppe, all'ingresso del capoluogo provinciale, sotto la furia del torrente Gesso Sopra: il ponte crollato a Robilante, in Valle Vermenagna, in prossimità di una clinica privata. Al centro: un altro viadotto che ha ceduto sotto la furia delle acque dei giorni scorsi: è quello della frazione Breolungi di Mondovì, sulla statale per Possano Nell'immagine scattata nella campagna cuneese c'è tutta la desolazione di una zona in perenne emergenza: negli ultimi due anni il territorio è stato flagellato da una catena di precipitazioni che hanno arrecato danni per centinaia di miliardi