«fiamme Gialle fate pulizia» di Chiara Beria Di Argentine

«Perquisito il mio ufficio» «Qualcuno della Finanza ci spiava». Greco ai politici: volete passare da Mani pulite a Mani libere «fiamme Gialle, fate pulizia» Davigo attacca: gravi deviazioni MILANO. Scende dal palco e dice: «Ora vediamo come risponderà il Comando Generale della Guardia di Finanza». Intervenendo alla fine del convegno di Micromega su «Capitalismo e legalità», tra i soliti sempre più stanchi discorsi su come uscire da Tangentopoli («No alla soluzione politica», ripete Gerardo D'Ambrosio; «Vogliono passare da Mani Pulite a Mani libere», incalza Francesco Greco), il sostituto procuratore Piercamillo Davigo, aveva detto di voler fare solo una «riflessione telegrafica». Tema: lo scontro tra pool e Fiamme Gialle. Uno scontro latente da settimane, mentre di intercettazione in intercettazione, crescevano a palazzo di Giustizia, diffidenze e sospetti sul reparto Gico di Firenze che sta conducendo le indagini con i pm di La Spezia. Fino, venerdì 11 ottobre, alla durissima reazione del Comando generale che ha difeso gli ufficiali del Gico e preannunciato una denuncia per vilipendio alle istituzioni dello Stato. La risposta a quel comunicato l'ha data il pm Davigo. Nessun passo indietro. Anzi. «Non ho paura degli schizzi di fango perché torneranno su chi li getta», ha subito detto raccogliendo applausi da una sala che sembrava una foto di fine anno scolastico, con quasi tutti quelli della stagione felice di Mani Pulite. Uno accanto all'altro i pm Gherardo Colombo, Ilda Boccassini, Francesco Greco, poche file più indietro il procuratore generale della Confederazione Elvetica, Carla Del Ponte, il sostituto procuratore di Aosta David Monti, titolare dell'inchiesta «Phoney Money»; alcuni avvocati, il neo commissario della Consob, Salvatore Bragantini e Aldo Fumagalli a rappresentare il «capitalismo buono»; e da Palermo il pm Roberto Scarpinato («la magistratura non è un potere forte, ma un vaso di coccio», ha detto nel suo intervento). Nelle ultime file, confusi tra il pubblico che ieri faceva le fiaccolate sotto il palazzo di Giustizia e ora applaude al ricordo di Francesco Di Maggio, il magistrato «morto povero», alcuni degli investigatori anche delle Fiamme Gialle che collaborano con i giudici. Sono loro i più disorientati. Militari impegnati nelle inchieste del pool sui fondi neri sui quali si è abbattuto prima lo choc delle inchie¬ ste sul generale Giuseppe Cerciello e su quegli uomini delle Fiamme Gialle accusati di intascare mazzette, ora lo sdegno del Comando. La requisitoria di Davigo che da oltre un anno indaga sulle «mele marce» è pronunciata anche a nome loro: «Leggo che la GdF preannuncia denunce per vilipendio. E' giusto che si distingua tra persone e istituzioni. Il rimedio però non sono le denunce per vilipendio ma la rimozione delle persone che infangano le istituzioni». Parole pesantissime. Davigo ha in mano dei fogli, alcune frasi sono sottolineate con un evidenziatore arancione. Attacca: «Diamo grande solidarietà a chi ha agito con lealtà e correttezza, ma gravi deviazioni ci sono state. Il Comando Generale non può far finta che non esistono, deve dare risposte anche con procedimenti amministrativi e disciplinari. E non lo chiede un pm di Milano ma il Comitato parlamentare di controllo sui servizi». Le «gravi deviazioni» evocate dal pm sono già nero su bianco a pagina 8 e 9 (proprio i fogli che Davigo ha in mano), nel capitolo intitolato «Le informazioni sui magistrati, la Guardia di Finanza, le manovre politiche, il Sisde» della relazione che il Comitato guidato dal pidiessino Massimo Brutti ha trasmesso alla presidenza della Camera e del Senato, il 5 marzo 1996. Scriveva Brutti ai presidenti Irene Pivetti e Carlo Scognamiglio: «Il Comitato ha deciso di rendere pubblica la relazione deliberandone la presentazione in Parlamento». Pochi giorni dopo però finiva la legislatura, e di quella dura denuncia sull'attività di dossieraggio ai danni del pool di Milano non si è più parlato. Risultato di questa storia all'italiana: troppi veleni rimasti in circolo. Per capirlo occorre rileggere almeno alcuni passi di quella relazione. «Il 7 dicembre 1995, il Comitato domandò al Comandante generale della Guardia di Finanza...se risultavano attività infonnative da parte della Guardia di Finanza sul conto del dottor Di Pietro e di altri magistrati. La risposta fu nettamente negativa... Ma il Comitato ha acquisito documenti, provenienti dal l'Autorità giudiziaria di Milano e da quella di Brescia, i quali dimostra no che singoli appartenenti alla Guardia di Finanza hanno invece raccolto informazioni su magistrati. Si è trattato evidentemente di un'attività extraistituzionale, che non risulta delegata dai superiori, di cui occorre tuttavia accertare puntualmente ampiezza e motivazioni, al di là dei profili penali». La relazione prosegue con un elenco dei casi sospetti, al centro sempre uomini delle Fiamme Gialle che avrebbero raccolto: «note informative su magistrati, tra i quali il dottor Di Pietro, il dottor Colombo e altri, sulla loro vita, sulle indagini, sui rapporti dell'uno e dell'altro con i colleghi e con individuati elementi della polizia giudiziaria. Si riferiscono presunte scorrettezze che poi verranno contestate nelle ispezioni ministeriali, dall'autunno 1994 in avanti». Non solo. Dopo aver sottolineato la «sinergia informativa» tra questa attività di dossieraggio e gli attacchi dell'ex presidente del Consiglio, Bettino Craxi a Di Pietro, il Comitato sui servizi concludeva con una serie di interrogativi. «Era solo un'attività casuale ed isolata? Vi sono ufficiali superiori che ne hanno avuto notizia, che l'hanno tollerata e incoraggiata?». Domande rimaste finora senza risposta. E oggi il rischio, tra comunicati e repliche sdegnate, inchieste e controinchieste, accuse e sospetti, è che si finisca in un vero cortocircuito istituzionale in cui a rimetterci saranno, prima di tutto, i tanti che nelle Fiamme Gialle fanno solo il loro dovere. Chiara Beria di Argentine Qui sopra: il sostituto procuratore milanese Piercamillo Davigo, uno dei protagonisti di Mani pulite