«Sì Pacini ha pagato» di Giovanni Bianconi

L'AVVOCATO PETRELLI «Sì, Pacini ha pagato» Il difensore: ma non dirò mai a chi L'AVVOCATO PETRELLI AROMA WOCATO Petrelli, Pacini Battaglia parlava con lei quando disse che Di Pietro e Lucibello lo avevano «sbancato». Che intendeva dire? «Quello che si può leggere sul dizionario Zingarelli...». Gioè che li avévk pagati? «Io ho capito così. E' come quell'altra conversazione in cui si dice "siamo usciti da Mani Pulite perché si è pagato"; a me risulta che parlava di soldi, altrimenti non si spiega l'altra, metà della frase, "i più bravi non hanno nemmeno pagato"». Ljawocato Marcello Petrelli, indagato per concorso in corruzione nell'inchiesta di La Spezia, racconta per la prima volta il suo coinvolgimento nella «Tangentopoli 2». A cominciare dalla frase che i pm gli hanno letto l'altro giorno, prima di secretare il verbale. L'hanno fatto perché compariva il nome di Di Pietro? «Immagino di sì, non vedo altre ragioni. Fatto sta che di quell'interrogatorio non posso rivelare il contenuto. Ma voglio raccontare una cosa: prima di uscire i magistrati mi hanno raccomandato il silenzio, ma appena sono fuori trovo una folla di giornalisti che mi chiedono di quella frase. Io cado dalle nuvole e loro mi tranquillizzano: "Non si preoccupi, la leggerà domani sull'Espresso". Curioso. Ma il problema, la gravità della situazione, sta nel fatto che sono stati intercettati i colloqui tra un avvocato e il suo cliente, mentre la legge dice che è vietato, e se accade per caso le intercettazioni vanno immediatamente distrutte. Gravissimo, inaudito». Lei difensore di Pacini Battaglia? Non è Lucibello? «Ho conosciuto Pacini Battaglia nel '91 o nel '92, e mi ha nominato suo difensore. Poi, quando ha avuto dei problemi a Milano, mi disse: "Sai, mi hanno consigliato quest'altro avvocato, che per certe cose può essere più utile di te, ma tu non te la devi prendere...". Io veramente ci rimasi un po' male, e comunque ho continuato a difenderlo negli altri processi, come quelli romani». Ha avuto l'impressione che a Milano Pacini fosse protetto? «Mah... Questa sensazione la dava, ma se è vero io non lo so». I giudici di La Spezia come hanno giustificato le intercettazioni tra avvocato e cliente? «Loro fanno l'elenco dei procedimenti e dicono, lei era stato nominato per questo e quello, per quest'altro no. Un modo assurdo di procedere, perché un potenziale cliente si può rivolgere a un avvocato per chiedere consiglio in qualsiasi momento, anche prima che si apra un procedimento a suo carico, e quello che viene detto è sempre coperto dal segreto professionale. Io mi ritrovo accusato di concorso in corruzione perché, si dice, sarei stato consapevole della già avvenuta corruzione di un magistrato». Che sarebbe Squillante, del quale Pacini le ha detto "l'ho pagato". E' così? «E' così, anche se io sapevo che non era vero. Ma non dissi nulla perché non erano affari miei. Comunque questo modo di procedere non va bene. I magistrati mi hanno chiesto addirittura se so di altri magistrati pagati da Pacini». E lei che ha risposto? «Che se mi portano una dichiarazione scritta di Pacini Battaglia allora io posso parlare delle sue confidenze, altrimenti non c'è niente da fare. Esiste il segreto professionale, l'ho rispettato in 35 anni di lavoro e intendo continuare a farlo». Nelle intercettazioni lei appare molto informato sulla «cimice» al bar Tombini. Chi era la talpa? «Ma quale talpa! Squillante aveva le sue fonti e mi raccontava quello che scopriva. Era agitatissimo, veniva qui quasi tutte le sere, fino a mezzanotte. Di quella storia parlava tutto il palazzo di giustizia». Ma si rende conto del groviglio che viene fuori dalle in¬ tercettazioni dove parla anche lei? «Mi rendo conto, dall'esterno sembra un vero papocchio, ma lì si tratta di coincidenze temporali: si discuteva negli stessi giorni del processo sull'Alta velocità, del bar Tombini, di una mia questione sulla liquidazione di alcune società, del governo Maccanico. Presi uno per uno, questi argomenti, hanno un senso e molte spiegazioni». Avvocato, in una conversazione lei e Pacini parlate di un processo da «addomesti¬ care». «Ma non significa niente di male. Pacini quando parla mischia tanti argomenti, e molte volte uno gli dà ragione per pura cortesia». Quindi nel palazzo di giustizia romano va tutto bene? «Io credo che ovunque, e fra tutte le categorie, compresi magistrati e avvocati, ci siano gli onesti, i disonesti, quelli così così. E il palazzo di giustizia di Roma è uguale a tutti gli altri del mondo». Giovanni Bianconi «Squillante mi raccontava tutto quello che scopriva Veniva da me quasi tutte le sere» Ilt:;iilltl§ Nella foto grande: il palazzo di Giustizia di La Spezia Qui accanto: Pier Francesco Pacini Battaglia A destra: L'avvocato Giuseppe Lucibello

Luoghi citati: La Spezia, Milano, Roma