In Svizzera i soldi di Riina»
In Svizzera i soldi di Riina» In Svizzera i soldi di Riina» Di Carlo parla del boss e dei rapporti coi politici « chi svizzeri, aperto da Cosa nostra presso una banca di Ginevra, e a disposizione di Totò Riina. «Su quel conto», sostiene Di Carlo, «operava l'uomo d'onore Vito Roberto Palazzolo». Il pentito ricorda di aver saputo dell'esistenza del conto bancario quando il boss Nino Marchese si fece operare alla gola in una clinica di Losanna. In quell'occasione, Riina invitò Di Carlo ad accompagnare in Svizzera Nino Marchese e suo zio Filippo per assisterli in ogni necessità, «compresa quella di poter parlare in francese con i medici». Ma Franco Di Carlo, un vero fiume in piena, annuncia anche che parlerà di alcuni delitti eccellenti degli anni di piombo palermitani, come l'omicidio di Piersanti Mattarella e l'omicidio del giudice Cesare Terranova. E, infine, spara a zero contro Andreotti. Con il racconto di due episodi inediti che costituiscono l'ennesima smentita alla linea difensiva del senatore a vita che da due anni continua a negare di aver conosciuto i cugini Salvo, gli esattori mafiosi di Salemi. Il primo episodio risalirebbe alla fine del 1980. Di Carlo, a quel tempo membro della commissione di Cosa nostra, parla di un pranzo d'affari organizzato all'hotel Excelsior di Roma. Ricorda che erano presenti Michele Greco, il «papa» di Cosa nostra, suo figlio Giuseppe Greco, detto «l'attore», l'esattore Nino Salvo, il senatore de Giuseppe Cerami, i camorristi Michele Zaza e Nunzio Barbarossa, e i due comici palermitani Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Giuseppe Greco stava montando il film «Panna, cioccolato e... paprika», che segnava il rientro della coppia Franchi e Ingrassia. Il pentito ricorda che «il conto fu pagato da Michele Zaza» e che Nino Salvo, spiegando il motivo della propria eleganza, rivelò che stava per incontrare Andreotti. Il secondo episodio, finora del tutto inedito, sarebbe successivo di pochi mesi. Anche stavolta Di Carlo parla di un pranzo a Roma, un incontro organizzato con l'ausilio di Nunzio Barbarossa in un «ristorante toscano» nei pressi di via Veneto, insieme a Nino Salvo e Salvo Lima. Il pentito non ha dubbi: «Dopo qualche ora, verso le 16,30, Nino Salvo mi disse che con Lima dovevano recarsi presso l'ufficio di Andreotti, un ufficio sito in zona San Lorenzo e non a Montecitoriox. A quel punto. Di Carlo si sarebbe offerto di accompagnare con la propria auto i due amici siciliani. «Ma quelli rifiutarono», dice il pentito. «E io mi limitai a lasciarli con la mia Renault presso il posteggio taxi della vicina piazza Barberini». Sandra Rizza HI IL PROCESSO AL SENATORE ■ WMffl /♦Mfiffc/i/51 Sopra. Riina: avrebbe avuto conti a Ginevra A sinistra, il pentito Franco Di Carlo L'ex capomafia cita inoltre una cena a Roma in cui gli esattori di Salemi gli dissero «Dobbiamo andare nell'ufficio di Andreotti» nunciato un minorenne
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