«Gemina ecco perché le manette»
L'avvocato difensore dei cinque indagati replica: si costituiranno tutti L'avvocato difensore dei cinque indagati replica: si costituiranno tutti «Gemina, ecco perché le manette» // Gip: c'è il pericolo di fuga e di ricatti ex dirigente confessa gati». Non sono emerse responsabilità per gli altri due membri del comitato di direzione, Giampiero Pesenti e Francesco Paolo Mattioli, né risulta indagato Cesare Romiti. «Gli accertamenti spiega l'ordinanza del gip - hanno confennato che gli inquisiti impostavano l'operatività del gruppo, scavalcando di fatto gli organi amministrativi e di controllo». Fino a tarda sera, comunque, due soli erano i manager già sotto custodia cautelare. Era invece ancora atteso il rientro dall'estero di Felice Vitali, ex amministratore delegato della holding finanziaria, e di Alberto Ronzoni, l'unico che ricopra ancora incarichi nel gruppo, in una consociata lussemburghese. Mancano notizie, infine, anche di Mariano Latini, e:, amministratore di Gemina Capital Markets. Presto però, assicura De Luca, tutti saranno pronti a far fronte alle accuse contenute nelle 93 pagine dell'ordinanza di custodia cautelare. La difesa, a dire il vero, ostenta una certa sicurezza di fronte alla contestazione di falso in bilancio. «Per la maggior parte degli episodi incriminati - è la risposta di De Luca - si tratta di soldi che passano da una tasca all'altra, ovvero da una società Gemina ad un'altra Gemina». De Luca, in particolare, si riferisce «alle operazioni fittizie intercorse tra società del gruppo Gemina». Si tratta di operazioni, afferma l'accusa, «poste in essere per occultare le perdite gestionali di Gemina Risk management o di Gemina Capital Markets trasferendo utili dalla Sim (prima Gemina commissionaria)». Manovre finanziarie sui cambi che avrebbero nascosto perdite per oltre 40 blica, «digerire» lo stanziamento di 1500 miliardi, sia pure in tre anni, per la ricapitalizzazione dell'Alitalia, tenendo presente che questa cifra da sola equivale a circa ottantamila lire per ogni famiglia italiana (più o meno quanto si chiede alle stesse famiglie di pagare in più, nel 1997, in imposte sulla casa). Questi sacrifici, così duramente risentiti, basterebbero appena a tenere in volo la «compagnia di bandiera». Non ci si può illudere di salvare ogni porzione del pericolante edificio della spesa, di coprire tutti con una coperta ormai irrimediabilmente stretta. Se non si vogliono toccare pensioni e sanità, la prima candidata ai tagli è l'industria pubblica. Una Finanziaria ridisegnata e riequilibrata in alcuni elementi essenziali sarebbe certo preferibile a una Finanziaria sfilacciata e priva di coerenza. Per procedere su questa strada, ci vuole, naturalmente, molto coraggio politico. L'avranno il presidente del Consiglio e i suoi ministri? PER NON SVANIRE suo sostanziale snaturamento, a seguito di imboscate e colpi di mano, frequentissimi nel Parlamento italiano, caratterizzato da maggioranze non compatte e non motivate. E' facile previsione che la Finanziaria effettivamente approvata sarà, in questo caso, meno dura e meno coerente di quella uscita dal Consiglio dei ministri. Il secondo esito possibile è che il governo riconosca francamente la difficoltà a far passare il suo progetto e vi apporti delle correzioni sostanziali. Che dia un colpo di timone invece di seguire il l'ilo di una coiTente destinata a portarlo contro pli scogli- La prima di queste coiT.i7.ioni dovrebbe consistere in un riequilibrio: la manovra è fortemente sbilanciata dal lato delle imposte, anche perché le riduzioni previste per la spesa pubblica si rivelano altamente ipotetiche a un esame ravvicinato. Di fronte a una Spagna che, pur di entrare in Europa, congela per un anno gli stipendi ai pubblici dipendenti, a un Belgio che non esita a toccare duramente le pensioni, ai forti tagli alla spesa sociale di Francia e Germania, le misure italiane in questo campo appaiono veramente poca cosa L'unica veramente importante si traduce nella forte riduzione degli stanziamenti per gli enti locali, il che, sotto l'etichetta ipocrita del federalismo fiscale, lascia a questi ultimi la responsabilità dei tagli effettivi e l'impopolarità che ne deriva. Il più ovvio dei tagli alla spesa deve riguardare i «baby-pensionati», nei cui confronti è maturata una vera e propria avversione sociale. Non aver diminuito, nemmeno di una lira, queste pensioni, che la coscienza pubblica sempre più percepisce come regalate, costituisce certamente un grave errore politico in una manovra che richiede al cittadino medio sacrifici di grande portata. Per salvare la manovra, è indispensabile che il governo corra subito ai ripari, modificando questo punto e usando i maggiori introiti per ridurre il carico fiscale. In secondo luogo, appare impossibile, nell'attuale situazione della finanza pubblica, perseverare in comportamenti di garantismo esasperato. Non e facile, per esempio, per l'opinione pub- Mario Deaglio Processo ai bilanci Fiat Felice Vitali, ex d(sopra); il giudic
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