Dopo lo bocciatura prodi ricorre ai ripari Il polo non sarà ostile di Alberto Rapisarda

Dopo lo bocciatura Dopo lo bocciatura Prodi corre ai ripari Il Polo non sarà ostile ROMA. Tutti mogi a Montecitorio il giorno dopo la bocciatura del decreto sulla proroga degli sfratti. Mea culpa da parte della maggioranza che, ancora una volta, si è fatta cogliere impreparata perché nessuno la coordina. Autocritica, di fatto, da parte del Polo che si è accorto in ritardo della trappola nella quale si è infilato tendendo il tranello al governo. «Sulla questione degli sfratti si stanno montando speculazioni indegne contro Forza Italia e il Polo della libertà» si lamentava ieri il capogruppo di Forza Italia, Pisanu, capendo che si erano offerti buoni argomenti alla controffensiva dell'Ulivo. Prodi ha già pronta una soluzione per evitare lo sfratto immediato a tante famiglie e lo fa col via libera del Polo. Glielo ha dato ieri, a nome del centro-destra, il capogruppo del ecd Giovanardi, che ha esortato il governo a «presentare un decreto ad hoc sugli sfratti o di proporre in sede legislativa un disegno di legge che, se condivisibile, non avremo difficoltà ad approvare». Nell'ansia di porre riparo alla «gaffe» politica commessa con l'elettorato popolare, due deputati di An (Alemanno e Bontempo) hanno addirittura presentato ieri sera una proposta di legge di un solo articolo che rinnova la proroga degli sfratti esattamente come previsto dal decreto che avevano bocciato il giorno prima. «Tecnicamente vedremo come fare - ha spiegato ieri Prodi - ma faremo in modo che questa sciagurata operazione del Polo non ricada sulla testa della povera gente. Il decreto bocciato apre un probolema umano molto forti;. Non credo che sia utile approfittare di un incidente parlamentare per mettere in crisi tante persone». E Massimo D'Alema ha avuto buon gioco a dire: «E' successo che l'opposizione ha mandato in mezzo alla strada 800 mila persone convinta che il suo compito è votare sempre no, indipendentemente dal contenuto dei provvedimenti. Una convinzione decisamente sbagliata». Ma il segretario del pds aggiunge anche che bisogna rimproverare la maggioranza per le sue assenze. Ed ò questo il problema vero. Perché D'Alema si sta occupando di gestire la politica della maggioranza, ma nessuno si sta occupando seriamente di coordinare in Parlamento la composita alleanza del centro-sinistra. I vari capigruppo non hanno deleghe speciali e, quindi, ciascuno pensa al proprio orto. lì coordinamento spetterebbe al sottosegretario per i rapporti con il Parlamento, ma qualcosa non sta funzionando. Troppo spesso il governo si fa cogliere impreparato, come se non avesse antenne per captare quel che ribolle fuori da Palazzo Chigi. Ieri, comunque, la maggioranza è stata presente al gran completo a Montecitorio per approvare (con 306 voti contro 261) la nota con la quale il governo «aggiorna» le cifre della Finanziaria. «Il governo inglese governa con un solo voto di maggioranza e noi ne abbiamo in abbondanza... Avete visto come è andata la votazione di oggi», è stato il commento soddisfatto di Prodi. Ma il presidente ha ammesso che il giorno prima «c'è stata una nostra negligenza». «Qualche gruppo ha fatto registrare delle assenze di troppo - ha aggiunto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Micheli -. Bisogna porre rimedio a questo problema. Quando ci sono delle forze importanti, la maggioranza deve essere presente in forze. L'opposizione ha il diritto di sfruttare momenti di debolezza come quelli di ieri». Sotto tiro c'è il gruppo di Rinnovamento italiano, che era assente al 50 per cento. Lamberto Dini si è scusato, cercando di spiegare il comportamento dei suoi deputati: «Queste assenze non sono state motivate da dissenso». In realtà, il dissenso c'è ed è ormai plateale. Il gruppo che aveva come riferimento Dini si è frammentato in tre tronconi (uomini di Sogni, socialisti, e diniani). Un capogruppo unico (era Masi, pattista di Segni) non c'è più. Ognuno fa per sé. E, così, la maggioranza che temeva pericoli dal fronte dell'estrema sinistra, scopre che la falla e invece sulla sua ala destra. posizione deve smussare le asperità che causano attriti con la maggioranza e favorire «uno sforzo collegiale ed intelligente». Ne va del bene del Paese perché, se è giusto avere e manifestare «pai-eri diversi», sarebbe deleterio e colpevole radicalizzare le posizioni arrivando al muro contro muro. E, poi, il pragmatismo delle cifre di questa Finanziaria, attorno al quale s'addensano le grandi manovre della politica, vede tutti d'accordo: «Nessuno, infatti, nega quale dev'essere il totale», il contrasto è «sugli addendi». Ma il monito a raggiungere una sintonia di comportamenti non è soltanto rivolto ai signori della politica. Scalfaro chiama direttamente in causa gli industriali che gli stanno di fronte invitandoli ad adempiere alle loro responsabilità nei confronti del Paese. Nella sala dei corazzieri, al Quirinale, aleggiano, impronunciate eppure forti, le considerazioni espresse dalla Confinduslria sulla legge finanziaria: ricetta «ottimista, ma insufficiente per entrare in Europa». Oscar Luigi Scalfaro durante la cerimonia per la nomina dei nuovi cavalieri del lavoro «Bisogna tirare la cinghia» Alberto Rapisarda

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