Da Pacini pioggia di veleni su Di Pietro di Vincenzo Tessandori

«Dovrebbero cercare i conti intestati a sua moglie. Nel Pool potrei anche avere dei difensori» «Dovrebbero cercare i conti intestati a sua moglie. Nel Pool potrei anche avere dei difensori» Da Pacini pioggia di veleni su Di Pietro L'expm: neanche una lira all'estero lamone... Cioè... Io sono uno che vive dell'equilibrio, nell'equidistanza fra i due poli, anche perché loro, qualcosina so di loro, del Pool e di Salamone uguale». Ora l'interlocutore è l'avv. Petrelli. «Chicchi» si riferisce ad Antonio Di Pietro e all'aw. Giuseppe Lucibello, quello che è il suo naturale difensore, durante Tangentopoli-1 e ora nel replay spezzino. «Se li arrestano, per me è un piacere... A me Di Pietro e Lucibello mi hanno sbancato». E va anche oltre, visto che quei ficcanaso di giornalisti vogliono sapere sempre tutto, perché non trottano all'estero a cercare conti a nome Mazzoleni, che poi è come si chiamava da ragazza la signora Di Pietro. Lucibello, si sa, ha il nome nel registro degli indagati, procuratore Franz, e Di Pietro? «No», risponde asciutto il pubblico ministero. «Il ministro Antonio Di Pietro non è indagato». E allora, che cos'è? «Noi ci regoliamo così: iscriviamo le persone quando... Pacini parla male di un mucchio di persone, un mucchio...». Che sono vittime di calunnia? «Noi, finché non abbiamo elementi di riscontro, non possiamo iscrivere chiunque solamente perché Pacini ne parla male». Di Pietro è furibondo e dal Tg3 lancia fulmini e informa di «avere già depositato da giorni una denuncia ai carabinieri di La Spezia, perché indaghino su chi e come fa uso impropriamente del mio nome, in associazione con quella istruttoria». Poi aggiunge: «EscluI do che io e i miei familiari diretti uil'lOVOJt . «Coirò? Ha paura di tutti Fa quello che vogliono alcuni sostituti e in particòlar modo il fratello di Salvi» rie tasche, tra cui quelle di Necci. Il 9 gennaio, riferisce L'Espresso, il finanziere racconta a Emo Danesi che per salvare la situazione «lui era dovuto tornare in fretta e furia a Milano dalla Svizzera con un aereo privato, chiamato da Francesco Saverio Borrelli "tramite Di Pietro". Il procuratore di Milano gli avrebbe chiesto spiegazioni sui fondi finiti a Necci, ma Pacini avrebbe continuato sulla sua strada, negando». E conclude, ridendo: «Anche perché, come dissi a Borrelli, nessuna rogatoria mi avrebbe potuto smentire: il miliardo versa¬ PROVOCATORE DI ONOREVOLI UROMA N agente provocatore, un infiltrato, ha indagato sui parlamentari ed è venuto in Parlamento per istigarli al reato: è un fatto gravissimo e inaudito». A metà mattinata, nell'aula di Montecitorio, queste parole, pronunciate da Marco Taradash, gelano l'assemblea. Eppure in molti, lì dentro, sanno di che cosa sta parlando il deputato forzitalista. E' all'inchiesta sull'alta velocità partita dalla procura di Napoli, che si riferisce Taradash. E più precisamente al fatto che uno dei due ufficiali del Ros, spacciatisi per imprenditori disposti a versare tangenti, ha tentato di contattare alcuni parlamentari. Con uno di loro, Salvatore Vozza, segretario regionale del pds campano, membro del direttivo della Quercia alla Camera, il sedicente ingegner Varricchio aveva fissato un appuntamento a Montecitorio. Ad attenderlo c'era un «passi». Poi, all'ultimo momento, Vozza,, anziché far sabre il presun- abbiamo una sola lira all'estero». E fa eco l'avvocato Lucibello: «Smentisco categoricamente che i fatti attribuiti alla mia persona, contenuti in alcuni spezzoni di dialoghi telefonici del mio assistito Pierfrancesco Pacini Battaglia, riportati nelle anticipazioni del settimanale L'Espresso, siano mai avvenuti. Detti dialoghi con il mio cliente, del quale godo piena fiducia professionale, sono fatti filtrare con uno stillicidio sospetto, utilizzando l'inaccettabile metodo della estrapolazione di singole frasi da discorsi più ampi di cui non si conosce il contenuto e il tenoie, tale da poter portare a un vero e proprio stravolgimento del loro significato effettivo». E poi, scende in campo anche l'avvocato Massimo Dinoia, quello che con tempismo straordinario ha lasciato la difesa di Necci. Lancia un proclama: «Come al solito! Non poteva mancare, in straordinaria concomitanza con l'apertura del procedimento di Brescia, una fuga di velenose notizie contro Di Pietro». E poi sottolinea il «rancore di Pacini contro Di Pietro». Quando parlava nell'intimità sfarzosa del suo ufficio, tutti questi chiaroscuri «Chicchi» li ignorava, naturalmente. E apriva con i suoi interlocutori sempre nuovi capitoli. Come quello sull'indagine condotta a Roma dal sostituto procuratore Vittorio Paraggio sulla cooperazione. E esiste un carteggio, breve e non morbido, fra Di Pietro e Paraggio: questi documenti interesserebbero assai ai pm Alberto to da Cragnotti alla mia banca (la Karfinco, ndr) non era riferito ad alcun conto corrente». Il settimanale aggiunge che fra Cragnotti e Pacini i magistrati di Milano hanno creduto al secondo, ma Francesco Saverio Borrelli, a proposito dell'intercettazione in cui compare il suo nome, replica a La Stampa: «E' una menzogna totale, è tutto assolutamente inventato. Io non ho mai visto, mai chiamato e mai interrogato Francesco Pacini Battaglia». Scontro nel pds Il 2 febbraio, con Petrelli e Rocco Cardino e Franz. La giornata è stata di peste, per il re deposto. Come quella domenica in cui gli misero le manette, o il lunedì della settimana successiva, quando il giudice per le indagini preliminari gli comunicò che non sarebbe uscito dal carcere. Ma forse, ieri, al detenuto Necci Lorenzo qualche segnale aveva fatto sperare che il maledetto battente in ferro finalmente si sarebbe spalancato. Tuttavia, i tre giudici del tribunale del riesame, a Genova, letto ascoltato e valutato, hanno deciso. Pollice verso per l'ex amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato. E pure per Eliana Pensieroso, la fedele segretaria di «Chicchi» il banchiere. Lontani dai clamori, da quelle che qualcuno chiama le luci della ribalta, i giudici Paolo Martinelli, Sergio Vallarino e Marina Besio si sono esibiti in una dotta sentenza, hanno corretto, dove a parer loro il punto di vista dei pm era da correggere, hanno puntualizzato e chiosato. Non tutte le accuse mosse a Necci ai loro occhi son sembrate sostenibili: abuso d'ufficio, peculato e false comunicazioni sociali proprio non stavano in piedi. Ma rimangono l'associazione per delinquere, la corruzione aggravata e la truffa tentata. Per 1 accusa, tuttavia, l'essenziale era veder accolto il lavoro nel suo insieme. E il pubblico ministero Cardino ha commentato: «Siamo soddisfatti, è una conferma del lavoro fatto». Vincenzo Tessandori

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