il braccio destro del cavaliere
Interno LA STAMPA" Giovedì 10 Ottobre 1996 MILANO. Un anno esatto dopo la perquisizione nel quartier generale di via Turati, i magistrati milanesi Francesco Greco e Carlo Nocerino fanno scattare le manette per una squadra di top manager ai vertici di Gemina tra il '92 e il '94. L'accusa è di falso in bilancio, ed è sorretta da un voluminoso e dettagliato ordine di custodia cautelare (quasi cento pagine). In particolare, gli incriminati avrebbero, secondo i magistrati, occultato 40 miliardi dai bilanci della finanziaria attraverso operazioni fittizie sui cambi con il meccanismo dei «domestic currency swap». Si tratterebbe, in pratica, di operazioni fittizie, ricostruite nei dettagli, condotte da una squadra di alti dirigerti che, secondo l'accusa, sarebbero stati all'epoca i veri amministratori di fatto della finanziaria. Il primo a finire nella caserma della Guardia di finanza in via Fabio Filzi è stato Emil Schneeberg, dal '92 al '94 vice presidente di Gemina capital markets. Schneeberg è stato poi trasferito al carcere di Bergamo. In serata, sono scattate le manette per la seconda volta: la Guardia di finanza ha arrestato a Roma l'ex direttore centrale di Gemina ed ex amministratore delegato di Gemina servizi finanziari Riccardo Riccardi. Irreperibili, perché all'estero, altri top manager che hanno lasciato il gruppo da tempo. IL BRACCIO DESTRO DEL CAVALIERE aMILANO UESTA volta le parlerò di un quadro, il quadro si chiama "Confessioni palermitane", lo sto inseguendo da parecchi anni. Forse stavolta riuscirò a comprarlo e diciamo che è adatto all'occasione». Marcello Dell'Utri - come al solito - scarta in modo imprevedibile. C'è un nuovo pentito che lo accusa di collusioni con la mafia, fa il suo nome e quello di Silvio Berlusconi, descrive un incontro con il capoclan Stefano Bontate, mette insomma un altro mattone alle accuse che gli muove la procura di Palermo in ordine al reato di «partecipazione esterna in associazione mafiosa». Dottor Dell'Utri, allora ci risiamo... «Ci risiamo sul niente. Parole, confessioni, letteratura... Da due giorni scopro che a Palermo hanno trovato un nuovo pentito che parla di me». Il pentito si chiama Francesco Di Carlo, capomafia di Altofonte, l'uomo che strangolò Roberto Calvi a Londra. «Mai visto, né sentito. Immagino sostituisca il pentito Cangemi, che hanno appena dichiarato inattendibile». Di Carlo dice che si incontrò con lei e Berlusconi, anno 1974, nel suo studio a Milano. «Nel 1974 in uno studio a Milano? Questo mi sembra l'inizio del "Padrino"». Dice che all'incontro c'erano Stefano Bontate, Tanino Martello, Mimmo Teresi e Gaetano Cina. «Ho letto. Di tutti questi nomi ne conosco uno solo, Cina, di cui ero e sono amico». Che oggi è detenuto. «Mi risulta così, sì». Dice che i boss chiesero e ottennero 100 milioni da Berlusconi. «Fesserie». Dice che vi garantirono protezione contro chi minacciava di sequestrare il figlio di Berlusconi. «Sciocchezze». Dice che quando era latitante a Londra lei gli offrì aiuto, gli diede i suoi numeri di teleioni... «E il guardaroba no?». Quell'incontro milanese ci fu oppure no? «Ma sta scherzando? Non ci fu, né allora né mai. A me sembra paradossale, ma glielo dico lo stesso: io non sono mafioso». Senta, ma com'è che tanti pentiti, da anni, fanno il suo nome? «L'unica risposta è che se un pentito fa il mio nome, immediata- Interno
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