Fini: i giudici non possono avere sempre ragione

Fini: i giudici non possono avere sempre ragione Fini: i giudici non possono avere sempre ragione sono stati dei giudici indagati e addirittura arrestati. La gente si è accorta che non tutti i magistrati sono dei santi...». Insomma, anche per An i magistrati non sono più un tabù: se chiedi a Fini, ad esempio, cosa ne pensa delle uscite del pidiessino Cesare Salvi, non ti risponde che non è d'accordo, che sono un attacco ai giudici, ma si limita a dire che «sono questioni di cui dovrebbero parlare i giuristi». E guai a dire al presidente di An che il suo è il partito della forca. «Ma quale ghigliottina, ma quale forcaioli! - si ribella -. Berlusconi sbaglia a dire che noi siamo esposti al partito Di Pietro più di Forza Italia, che se quello si presenta alle elezioni prenderà i nostri voti. Si diceva così anche di Dini, si è visto come è finita. Di Pietro è un problema per tutti o non lo è per nessuno. Eppoi non c'è più spazio per un partito monotematico o, comunque, è molto ridotto. Senza contare che il nostro è un partito molto complesso. Il vecchio msi, ad esempio, non ha mai subito il fascino del magistrato, non ha mai pensato che i giudici avessero sempre ragione. Almirante, ad esempio, fu arrestato per la ricostituzione del partito fascista. Non parliamo poi di altro. Ripeto: la verità è che la stragrande maggioranza degli italiani ha appoggiato senza riserve l'opera meritoria dei giudici, continua ad appoggiarla ancora, ma adesso comincia a porsi anche il problema dei diritti dei cittadini, degli imputati. Questo è una riflessione che fanno tutti gli italiani, compresi quelli che votano Alleanza nazionale. E io dico che bisogna smetterla di parlare di giustizialisti e garantisti, la gente non capisce neppure cosa significano queste parole, capisce solo il buonsenso». sponsabile giustizia di Alleanza nazionale ha chiesto un incontro su questi problemi al suo collega pidiessino, Piero Folena. La linea di confine è stata tracciata su quella che dovrebbe essere una banalità: i giudici debbono indagare su tutto e su tutti, il loro lavoro è prezioso, ma anche loro debbono sottostare a delle regole. Una verità banale che per anni, però, è stata trascurata, lì a questo si aggiunge un altro dato. In questi giorni probabilmente nelle orecchie di molti parlamentari sono riecheggiate le parole che qualche settimana fa Antonio Di Pietro pronunciò in una cena con alcuni esuo- nenti del ppi alla festa dell'Amicizia: «Voi non avete capito che i partiti non contano più niente, che la gente segue solo le persone». Una logica che cozza con l'obiettivo che unisce D'Alema, Berlusconi, Fini, Bianco, cioè quello di far riprendere alla politica il posto che le spetta. Bisogna avere in testa tutto questo per capire la «metamorfosi» di Fini. «Io dico che alla gente - spiega il presidente di An fuori dall'aula di Montecitorio - non puoi chiedere se è giustizialista o garantista. Sono parole che non capisce. Come pure non puoi porle problemi come la seoarazione delle carriere in magistratura. Se uno pone un problema del genere al bar gli chiedono se è scemo. Il problema è un altro: la maggior parte degli italiani, diciamo i quattro quinti, hanno appoggiato le inchieste su Tangentopoli perché era necessario mettere fine ad un sistema profondamente corrotto, perché era necessaria un'opera di giustizia. Ma in questi anni via via si è fatta largo un'altra esigenza e cioè che per salvaguardare i diritti, le liberta dei cittadini, anche i giudici debbono sottostare a delle regole. E questa convinzione si è fatta largo anche perché nelle indagini sono stati coinvolti dei magistrati, ci Nei biglietti, scritti a mano, si fa riferimento a possibili «incidenti stradali»