L'addio di Ferré a Dior di Antonella Amapane
Sfilata a Parigi Sfilata a Parigi L'addio di Ferré a Dior PARIGI DAL NOSTRO INVIATO a a . i Emozionato? No, sono tranquillo», dice Gianfranco Ferrè prima che la sua ultima collezione di prét-à-porter per Dior esca in pedana. Ma poi si commuove. L'architetto piange dopo il défilé, salutato con ovazioni standing. Lo assediano fotografi e televisioni, modelle e lavoranti. Singhiozza persino Hélène Arnauld, moglie del grande boss che guida il gruppo LVMH, di cui fa parie la griffe. «Dior Addio?». E' più giusto parlare di un arrivederci. 1 legami fra Arnauld e lo stilista continuano, seppure in maniera differente. Ferrè infatti sarà coinvolto in un grande evento. La mostra sui 50 anni della maison Dior - in dicembre al Metropolitan di New York - porterà la sua inconfondibile zampata. Di interrompere i rapporti con la Francia non se ne parla. «Qui ho troppi bei ricordi», dice e aggiunge: «Se mi fossi ritirato fra quattro anni sarei stato troppo vecchio. Voglio dedicare energie alla mia azienda». Sul probabile sostituto, l'eccentrico inglese John Galliano, Ferrè non si pronuncia. Riconosce, però, che questo è il momento della creatività britannica: «L'Inghilterra è un wild country, un Paese selvaggio, dove le scuole di moda funzionano». Sulla cresta dell'onda, oltre a Galliano ci sono: Vivienne Westwood, Alexander Me Queen, Paul Smith. «Gli inglesi hanno un atteggiamento diverso nei confronti della moda - spiega Ferrè - pur rimanendo su basi classiche la dissacrano con stile. Riescono a coniugare bene la realtà degli opposti. E' una questione di cultura». Franca Sozzani, direttore di Vogue Italia osserva: «I grandi sarti parigini sono pochi: Gaultier, Saint-Laurent e Lacroix. Gli altri sono tutti stranieri: Lagerfeld è tedesco, Lang è austriaco, Miyake è giapponese II calo di creatività francese corrisponde a una crisi economica, si attinge da altri Paesi. L'Inghilterra ora brilla più che mai, in tutti i settori, New York più pragmatica punta al marketing. L'Italia resta in auge con talenti e marchi di grosso calibro: Prada, Cucci, Armani, Versace, Ferrè. Senza contare che da noi si produce la maggior parte delle "firme" internazionali». Sono bravi gli italiani. E' magica la collezione di Ferrè che conclude la sua collaborazione artistica con Dior. «Otto anni d'amore, di entusiasmi e di arricchimenti» racconta l'architetto riuscendo a condensarne il meglio in 124 modelli. Con i classici reinierpretati con sensibilità. Dallo stile marinaro fatto di cabane in lino; ai tailleur maschili gessati resi femminili dal taglio morbido; fino alle camicie bianche in organza dai macro polsi alla D'Artagnan. Torna la Bruni, negli abiti neri che mostrano uno scampolo di gluteo. Bocciata Valeria Mazza, ha le anche troppo larghe. Le ragazze in jeans di seta sono a busto nudo, nascondono i seni con le mani. Volteggiano in tutù le baby ballerine dell'Opera spargendo mughetti che il pubblica rigetta trionfale in direzione dello stilista. «Quelle bimbette rappresentano la speranza, la gioia. Il mio ultimo regalo alla Dioi» Così Ferrò esce di scena. Antonella Amapane a «uro di
Luoghi citati: Francia, Inghilterra, Italia, New York, Parigi, Vogue Italia
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