Un elicottero atterra in Israele è Arafat di Giuseppe Zaccaria
«Le recenti tragedie non devono più ripetersi». Ma i colloqui tra le delegazioni vanno male «Le recenti tragedie non devono più ripetersi». Ma i colloqui tra le delegazioni vanno male Un elicottero afferra in Israele; è Arafat Pranzo della distensione tra il Presidente e il leader Olp E da re Hussein arriva un durissimo atto d'accusa a Netanyahu ma speriamo che oggi accada qualcosa». Quel «qualcosa», adesso resta legato solo all'autorità morale di Weizman, uomo a cui i palestinesi guardano con fiducia e Netanyahu con un fastidio appena mitigato dal rispetto verso l'istituzione. Venticinque minuti intorno ad un tavolo da giardino per scambiarsi molti convenevoli e alcune idee-guida. I palestinesi non accettano che il trattato di Oslo venga rimesso in discussione, i mediatori di Netanyahu puntano a fare esattamente questo. Prima di ripartire con lo stesso elicottero dell'esercito che da Gaza l'aveva condotto fino a questa villetta sul mare, Arafat commenta: «Siamo determinati a continuare sulla via per un Medio Oriente nuovo, privo di guerre, violenza e controviolenza: le trattative saranno strumento per superare le differenze». Weizman è lapidario: «Abbiamo discusso delle recenti tragedie, una sconfitta per entrambe le parti: abbiamo deciso che questo genere di cose non può verificarsi ancora». Parole piene di buon senso, ma parole, poiché i segnali che giungono da Erez per il momento non aprono alcuno spiraglio. «Gli israeliani - fa sapere Hassan Asfour, il negoziatore di Arafat - mostrano posizioni che contraddicono completamente gli accordi di Oslo. Lavorano ancora per cancellarli, il che significa minare l'intero processo di pace». Si sta parlando di Hebron, in queste ore. E secondo Israele muoversi «entro i confini dell'accordo per cercare aggiustamenti» significa dislocare carri armati sulle alture che circondano l'abitato, disarmare parzialmente la polizia palestinese, creare intorno ai 400 «settlers» che occupano la città di Abramo un'ennesima zona-tampone pattugliata dalle sue truppe, destinate a restare comunque nel cuore della città. Un approccio che i palestinesi giudicano già inaccettabile. E a provare la delicatezza del momento, stanno le vaghe messe a pimto di Dennis Ross, mediatore Il presidente israeliano Weizman accoglie Arafat appena sceso dall'elicottero a Cesarea americano («i colloqui sono seri e concreti») e le caute posizioni del governo. Ieri Netanyahu ha rischiato di esser trascinato neh'ennesima polemica con un Paese vicino. Re Hussein di Giordania, uno dei partner più affidabili nel processo di pace, ha dichiarato a un giornale egiziano che se le trattative non troveranno rapido sbocco «può accadere tutto l'immaginabile, compreso un "revival" del '91, quando Netanyahu usò la maschera antigas in televisione. L'alternativa alla pace è molto più terribile di quanto si possa mai immaginare». Ha detto anche altro, il re di Giordania: fra l'altro, accusa il governo d'Israele di guardare alle cose con una prospettiva limitata, di sospingere con l'arroganza il Paese verso il complesso della fortezza assediata. Perfino di fronte alla protesta dell'unico, vero alleato nel mondo arabo, Netanyahu ha preferito glissare: «Penso sia inevitabile che nei punti di vista ci siano differenze. Succede fra amici, e anche nelle migliori famiglie...». Giuseppe Zaccaria
Luoghi citati: Gaza, Giordania, Israele, Medio Oriente, Oslo
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