Un pentito Berlusconi trattò con la mafia

£ L'ex boss Di Carlo: c'ero anch'io a Milano quando insieme a Dell'Utri si incontrò con il capoclan Bontade £ L'ex boss Di Carlo: c'ero anch'io a Milano quando insieme a Dell'Utri si incontrò con il capoclan Bontade Un pentito: Berlusconi fruttò con la mafia / legali del Cavaliere: solo fantasie Secondo i magistrati le nuove dichiarazioni coincidono con quelle di altri quattro collaboratori di giustizia £ PALERMO DAL NOSTRO INVIATO Silvio Berlusconi stipulò una «polizza assicurativa» con Cosa nostra, per scongiurare il sequestro del figlio Piersilvio. E lo fece «trattando» direttamente coi capiclan dell'epoca, giunti appositamente a Milano da Palermo. Un vero e proprio «summit», con tanto di cerimoniale, concluso con la classica stretta di mano e la frase di rito, prununciata da Berlusconi verso l'altro protagonista della «trattativa», don Stefano Bontade, capo della «cupola» mafiosa: «Sono a vostra disposizione, per qualunque cosa». Questo il quadro offerto ai magistrati di Palermo da Francesco Di Carlo, ex boss di Altofonte, ora entrato nel programma di protezione dei collaboratori dopo l'esilio e la detenzione a Londra. Gli interrogatori di Di Carlo portano la data dello scorso 31 luglio e sono stati depositati in cancelleria, nell'ambito del processo che vede imputato quel Vittorio Mangano meglio conosciuto come «lo stalliere di Arcore». Ma è fuor di dubbio che siano entrati nell'altro procedimento che vede imputato illustre Marcello Dell'Utri, la cui richiesta di rinvio a giudizio per concorso in associazione mafiosa è prevista per i prossimi giorni. I magistrati di Palermo attribuiscono grande importanza alle dichiarazioni di Francesco Di Carlo. Le sue affermazioni costituiscono inaspettato riscontro per quanto in precedenza altri pentiti - innanzitutto Pennino, Cannella, Mutolo e Cancemi - avevano sottoscritto sui presunti rapporti tra il gruppo industriale rappresentato da Berlusconi e Dell'Utri e il vertice di Cosa nostra. Da quanto dice l'ex mafioso di Altofonte, viene confermato il ruo lo di mediatore che i magistrati hanno assegnato a Gaetano Cina, mezzomafioso palermitano indica- IL BOSS CON IL PALLINO DEGLI AFFARI E sa di segreti Francesco Di Carlo, Franco per gli amici, l'ex reggente della cosca di Altofonte, che dopo 11 anni trascorsi in un carcere londinese ha deciso di vuotare il sacco. E' l'uomo che avrebbe strangolato Roberto Calvi, il banchiere di Dio, considerato «inaffidabile» perché aveva fregato qualche miliardo di troppo al venerabile Licio Gelli e al boss Pippo Calò. Ma è anche l'uomo che avrebbe ricevuto l'incarico di accompagnare Nino e Ignazio Salvo, gli esattori mafiosi di Salemi, ad un incontro riservato con Giulio Andreotti. Mafia, P2, politica ed alta finanza. Da quando, nel giugno scorso, è arrivato in Italia, dichiarando di voler collaborare con la giustizia, Di Carlo ha riempito decine di verbali che fanno tremare. E non solo per il racconto dell'incontro segreto tra Silvio Berlusconi e il boss Stefano Bontade (smentito dai legali di Berlusconi), avvenuto a Milano alla presenza di Marcello Dell'Utri e degli uomini d'onore Mimmo Teresi e Gaetano Cina. Il neopentito Di Carlo ha raccontato altri clamorosi aneddoti del passato, non tanto remoto, di potenti al di sotto di ogni sospet- to come l'uomo che mise in contatto il suo amico Dell'Utri con la mafia che negli Anni 70 dominava: Bontade, Teresi e Citarda. «Ricordo - dice Di Carlo - che in quel periodo mi fece conoscere Jimmy Fauci e Marcello Dell'Utri: il primo perché dovevo andare a Londra e volevo sapere se c'era qualcuno a cui rivolgermi; il Dell'Utri per motivi occasionali, in un bar dì via Libertà». Ma Di Carlo afferma di aver incontrato un'altra volta Dell'Utri: a Milano, in occasione di una sorta di «summit» di Cosa nostra. Il collaboratore descrive il suo arrivo in via Larga, «presso un ufficio nella disponihilità di Ugo (detto 'Tarlino') Martello». «Lì mi raggiunsero Stefano Bontade. Mimmo Teresi e Tanino Cina». I tre erano «particolarmente eleganti» perché «dovevano incontrare un grosso indù- striale milanese amico di Tanino Cina e Marcello Dell'Utri». La comitiva chiede a Di Carlo di unirsi al gruppo. «Accettai di buon grado». L'obiettivo di Bontade e soci è un ufficio «non molto distante dal centro di Milano, ove ci accolse Marcello Dell'Utri, che ci fece accomodare. Dopo circa quindici minuti venne Silvio Berlusconi». Dopo le presentazioni, si va al cuore del problema e don Stefano Bontate invita Berlusconi ad investire in Sicilia. E' allora che l'imprenditore fa trasparire le sue perplessità perché «già temeva i siciliani che al Nord non lo lasciavano tranquillo». Gioco facile per il boss inserirsi per assicurare «che non avrebbe avuto più nulla da temere, che già c'era vicino a lui Marcello Dell'Utri e che - comunque - gli avrebbe mandato qualcuno dei suoi in modo da non fargli più avere problemi coi "siciliani"». «Successivamente - aggiunge Di Carlo - Gateano Cina mi disse che era stato inviato presso il Berlusconi Vittorio Mangano, allora ap¬ partenente al mandamento di Stefano Bontade». Di Carlo ricorda anche l'imbarazzo di Cina, quando Bontade e Teresi gli dissero di chiedere all'imprenditore «la somma di 100 milioni, allora più che considerevole». Di soldi, comunque, il pentito parla. A proposito del «pizzo» pagato per mstallare i ripetitori in Sicilia. Assiema, Di Carlo, che fu lo stesso Dell'Utri, «prima dell'installazione, a chiedere ad esso Cina di rivolgersi a qualcuno per sapere come dovevano regolarsi». E' rilevante - secondo Di Carlo - il ruolo di Dell'Utri che gli dà il suo recapito telefonico personale sebbene avesse appreso, in occasione di una festa di matrimonio a Londra, che aveva di fronte un latitante. Anzi, nella stesso occasione - aggiunge il pentito - «Teresi mi face presente che lui e Bontade avevano intenzione di combinare (affiliare ndr) il Dell'Utri, in quanto questi era ritenuto affidabile come uomo d'onore». Di Carlo obietta che «prima bisognerebbe combinare il suo amico Cina». Cosa non Foto a sinistra: Silvio chiamati in causa per o o i Marcello Dell'Utri le fantasie di mafiosi pentiti che si riferiscono a fatti che sarebbero avvenuti ben 22 anni fa». L'unica cosa vera, secondo i legali dell'ex presidente del Consiglio, «ù la minaccia di sequestro verso familiari del presidente Berlusconi». Mmacce successive all'assunzione di Vittorio Mangano, perciò «questa circostanza da sola distrugge il teorema che viene attribuito al pentito Di Carlo». possibile perché, secondo Teresi, era imparentato con un poliziotto. Marcello Dell'Utri non ha perso la sua solita flemma e, di fronte alle ennesime accuse, dice: «Il pentito del giorno - visto che ormai quotidianamente da Palermo mi si tira in ballo - sostiene l'ennesima falsità. E' difficile tener dietro a questa inesauribile fonte di calunnie». Ennio Amodio e Giuseppe De Luca, difensori di Silvio Berlusconi, hanno dichiarato: «Il nostro cliente deve ancora una volta difendersi dal¬ Francesco La Licata Berlusconi e Giulio Andreotti una vicenda dai contorni oscuri