Prodi il governo sta con i magistrati

Occhetto apre la polemica nel partito: «Comportamenti da basso impero, persino Folena si scopre garantista» Occhetto apre la polemica nel partito: «Comportamenti da basso impero, persino Folena si scopre garantista» Prodi: il governo sta con i magistrati Ma D'Alema difende il suo capogruppo mente fa mostra di non preoccuparsi delle polemiche, la realtà è un po' diversa. Non è solo l'Ulivo - dove Carlo Ripa di Meana chiede un vertice di maggioranza sulla giustizia, e dove gli «amici di Di Pietro» Elio Veltri e Federico Orlando raccolgono una cinquantina di firme sotto un documento di solidarietà al pool di Milano - ad essere spaccato. No, anche il pds è lacerato al suo interno. A Botteghe oscure, all'Unità e a Italia Radio sono arrivate telefonate di protesta. «Si tratta solo di due, tre esponenti locali», minimizza Pietro Folena, responsabile pidiessino del settore «Giustizia», quando gli si chiede se è vero che molti segretari di federazione sono insorti. Sarà così, però è innegabile che ormai il pds non è più quel monolite che era il pei, e su un tema spinoso come quello della giustizia ci si divide apertamente. E così si viene a scoprire che alcuni parlamentari della Quercia, tra cui il capogruppo pidiessino in commissione Affari costituzionali, Antonio Soda, hanno preparato un testo che prevede la separazione delle carriere (la stessa ipotesi, cioè, caldeggiata da Forza Italia, tant'è vero che il capogruppo alla Camera Fabio Mussi ha fatto una tirata d'orecchi a Soda). Mentre, al contrario, l'ala filogiustizialista della Quercia è in sofferenza. E in questo quadro si inserisce Achille Occhetto, che ha parole molto dure nei confronti del suo partito: «Ho un vero disprezzo dice l'ex segretario - per questa impostazione da basso impero del LROMA A verità è che in questo Paese tutto diventa assurdo. E' chiaro che per tornare alla nonnalità bisogna affrontare anche il problema della giustizia. Ma io non sopporto, dico non sopporto, tutto questo chiacchiericcio perché con il chiacchiericcio non si fa niente». Sotto una pioggerellina fastidiosa sulle scale di Montecitorio Massimo D'Alema parla di quell'argomento «dannato» che è la giustizia. Tutti dicono che questo sistema non va, che ci sono nonne da rivedere, ma appena qualcuno affronta il problema magari per fare delle constatazioni già note o addirittura banali, monta un caso. L'ultimo è quello che ha coinvolto Cesare Salvi. E' bastato che il capogruppo dei senatori pidiessini, sia pure come dice qualcuno in un momento inopportuno e con accenti troppo forti, parlasse in un convegno delle storture messe in luce dai metodi di lavoro del Pool di Mani pulite (a cui non ha mancato di riconoscere, comunque, un ruolo «meritorio») che è successo il finimondo. Addirittura c'è stata una raccolta di firme in Parlamento in favore del Pool promossa da Elio Veltri, l'uomo di Antonio Di Pietro. Questa volta, però, sotto quelle quattro frasi retoriche sono finite cinquanta firme. Un anno fa sarebbero state 400. E' il segno dei tempi. La cosa ha fatto scoppiare un incidente anche tra il responsabile giustizia del pds, Piero Folena, e lo stesso Veltri. «Io esprimo solidarietà al pool di Mani Pulite - ha detto l'esponente pidiessino all'uomo di Di Pietro incontrandolo in Transatlantico perché con questa iniziativa su cui avete raccolto appena cinquanta firme gli avete fatto un torto». «Guarda che tira una brutta aria», gli ha replicato l'altro. «Siamo alle minacce», se l'è presa Folena e Veltri, come se niente fosse, ha risposto: «Sta a sentire. Su questa storia di Salvi metteteci una pezza al più presto». Niente da fare. Su questi argomenti la ragione lascia il campo alle tifoserie. «Le stesse cose - ci tiene a dire Folena - le avevo dette io appena due settimane fa. Al lora non successe niente, adesso si grida allo scandalo. L'articolo di oggi di Giorgio Bocca su Repubblica è patetico. Sono i soliti vecchi Soloni di certa sinistra. Non capiscono che l'atmosfera è cambiata: l'anno scorso alla Festa dell' Unità ci furono gli applausi per Davigo, quest'anno quando Giampaolo Pansa ha intervistato Luciano Violante a Modena, è stato più volte interrotto dal pubblico. Questi sono episodi su cui bisognerebbe riflettere...». E' proprio tutto questo parlare per bandiere dimenticando ragioni e fatti, la cosa da cui rifugge D'Alema, che lo manda in bestia. Ecco perché il segretario non vuole neanche vedere quella raccolta di firme di solidarietà al Pool. Non dice nulla, fa semplicemente finta che quel documento non esista. E se proprio deve parlare di un argomento preferisce affrontare la vicenda del capogruppo dei senatori pidiessini. «A me - osserva il segretario pidiessino sotto la pioggia a piazza Montecitorio - dispiace per Salvi perché, poveretto, ha fatto solo delle constatazioni che sono davanti agli occhi di tutti, ma in questa maniera, lo ripeto, non si fanno neanche le cose che vuole lui. Ecco perché non mi piace M Mass LO SFOGO ROMA O, non sono preoccupato. Perché stiamo discutendo con persone perbene, che non mettono in discussione l'indipendenza della magistratura né l'accertamento della verità. Semmai sono rattristato, perché la sinistra mostra di avere la memoria corta». Parla Salvi. Non Cesare, il capogruppo del pds al Senato che accusa il pool di Milano e il suo capo Borrelli, ma suo fratello Giovanni, uno dei pubblici ministeri di punta della procura di Roma, aderente a Magistratura democratica. Che scherza sulla polemiche provocate dal fratello («credo che approfitterò della proposta del rninistro Finocchiaro per cambiare cognome»), ma si mostra perplesso di fronte alla nuova svolta del pds sulla questione giustizia. Perché parla di memoria corta, dottor Salvi? «Perché su Mani Pulite si rischia di ripetere l'errore fatto col terrorismo e la mafia: prima si scarica dibattito sulla magistratura. Qui si parla a seconda delle convenienze politiche e delle alleanze che si vogliono fare. Un giorno sono a favore dei giudici, un giorno contro. Prendete per esempio quel Folena che all'improvviso si è scoperto garantista...». Il pds, quindi, è in difficoltà, anche se D'Alema non dà segni di voler innestare la retromarcia. E l'Ulivo è in ebollizione. Nasce da questo disagio il documento Veltri-Orlando, sottoscritto da una cinquantina di deputati di pds, ppi, Rete, Verdi e An. Tra i firmatari, Bianchi, Bordon, Dalla Chiesa, Tremaglia, Giulietti, Stajano. Tutti dipietristi o giustizialisti, con qualche eccezione come quella di Michele Salvati. Quel foglio che tesse gli elogi del pool di Milano gira in Transatlantico, e arriva a Folena che, ovviamente, non lo firma, anzi prende in giro Veltri, che replica così: «Siete ancora in tempo per metterci una pezza». A questo punto il deputato pidiessino si scalda: «E' una minaccia? chiede. Risponde Veltri: «No, ma tu devi dare la tua solidarietà anche a Di Pietro». «Lui non è più magistrato e la solidarietà per il passato si dava solo in Unione Sovietica», sbotta il deputato della Quercia e se ne va, mentre un capannello di pidiessini cita la frase pronunciata in mattinata dal sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Ayala: «Attenzione al giustizialismo spinto fino all'ottusità».

Luoghi citati: Italia, Meana, Milano, Modena, Roma, Unione Sovietica