ANALISI LE IMMAGINI IN CAMPO

ANALISI ANALISI LE IMMAGINI IN CAMPO GWASHINGTON LI italoamericani sono un popolo mutante: sempre meno italo, e sempre più americani, come si è potuto vedere bene l'altra notte durante l'annuale banchetto del National Italian American Foundation. Si è visto dal modo distratto con cui hanno seguito i discorsi degli italiani (Beniamino Andreatta vanamente alzava il tono della voce che non poteva superare il frastuono di tremila forchette e tremila cucchiai) e dall'accoglienza che hanno riservato ai due i .intendenti: Bob Dole che si è presentato, in carne e ossa, e Bill Clinton che si è presentato in video, proiettato su quattro grandi schermi spaziali che sovrastavano i trecento tavoli del gigantesco salone dell'hotel Hilton. A occhio e croce, guardando quei volti, quella folla impennacchiata e un po' strizzata negli abiti da sera, direi che i quattro quinti di loro erano per Bob Dole. Dole è venuto a trovare questa grande lobby elettorale e politica prima di andarsi a rinchiudere nel camerino aspettando l'ora del match, la sfida di Hartford, Connecticut. Anche Clinton poco dopo Dole e benché in video, si è presentato agli americani con cognome e faccia italiana, ed è stato calorosamente applaudito: ma nulla al confronto dell'accoglienza ricevuta dal repubblicano. Mai come ieri la comunità italiana è apparsa tanto nettamente conservatrice, solida e tradizionale, pronta a spellarsi le mani udendo le rituali e santificate parole di «family's values», valori della famiglia (peraltro vaghissimi); pronta a gridare di gioia di fronte alla promessa messianica di un ritorno dell'«American dream»; felice di rappresentare l'ala intransigente della difesa dei valori americani. Nulla di isterico, nulla di scomposto e neanche, se abbiamo capito bene, di reazionario. Ma gli italiani non sono soli, non sono gli unici, non sono isolati. Sono, questo sì, un efficace campione, perché rappresentanto una parte di quello che da noi si chiamerebbe lo zoccolo duro della società americana nei suoi caratteri permanenti: sentimentalmente nazionalista, tendenzialmente isolazionista, sensibile all'argomento dei tagli fiscali più che a quello del welfare, espressione di una borghesia potente e unita. Dole era dunque nel suo ambiente, giocava in casa, era spiritoso, ha piroettato con le parole in maniera insolita (di solito è penosamente imbranato davanti al pubblico, ma un delizioso conversatore nei salotti e fra pochi). Come era inevitabile (ma molto importante e significativo) ha ricordato la sua giovanile campagna d'Italia e le sue gloriose ferite come un vecchio grognard napoleonico. Vedremo fra poco gli esiti della sfida televisiva, ma si può dire fin da adesso che in ogni caso qualcosa di radicale sta cambiando nel comune sentire di questo enorme e velocissimo laboratorio dell'umanità, qualcosa di cui Dole e Clinton sono la manifestazione in parte consapevole e in parte spontanea: qualcosa che loro stessi non sanno di essere, ma che è nelle cose umane, anzi americane. Fra i due contendenti si alzano due muri, due ostacoli, due gap: il

Persone citate: Beniamino Andreatta, Bill Clinton, Bob Dole, Clinton, Dole

Luoghi citati: Connecticut, Hartford, Italia