Flick: la repressione non basta

Flick: la repressione non basta Flick: la repressione non basta COURMAYEUR. Due errori opposti: da un lato la tentazione «xenofoba e razzista» che fa coincidere extracomunitari e delinquenti. Dall'altro una malintesa «solidarietà astratta». Secondo il ministro della Giustizia Flick, che ha parlato alla Conferenza «Migrazione e criminalità», «il fenomeno dell'immigrazione clandestina deve invece essere affrontato nella sua globalità spaziale e di contenuti, senza limitarsi agli interventi di reazione nei Paesi d'arrivo, ma agendo soprattutto nei Paesi da cui l'immigrazione ha origine». Il ministro ha poi criticato le iniziative degli anni scorsi - dall'«uto- pia» della legge Martelli alle degenerazioni dei programmi di cooperazione - ribadendo la necessità di interventi legislativi comuni nell'Ue, per evitare che «l'immigrazione si diriga non verso i Paesi più pronti, ma verso quelli che hanno frontiere più deboli». A margine della conferenza, presieduta dal commissario Ue Mario Monti e da Alfonso Beria di Argentine, presidente dell'Ispac (il comitato di consulenza al Programma Onu per la prevenzione del crimine), il capo della polizia Masone ha chieste «una legge più snella per l'espulsione degli immigrati che delinquono». [g. tib.] l'udienza, ma non si chiude il collegamento tv. Che registra quanto segue. «Mentre gli avvocati si stavano allontanando dall'aula - racconta Berlusconi nell'esposto - il dottor Colombo si rivolgeva al presidente Crivelli dando il via al seguente colloquio. Colombo: "Noi andiamo all'I anziché al 2...". Presidente: "Sì... e dobbiamo dirla è la tecnica del bastone e della ca¬ rota". Colombo: "Sì... sì... no, certo". Presidente: "Si cerca di utilizzarla al massimo"». Bastone e carota. Ecco quel che argomenta Berlusconi: «La metafora denota notoriamente un atteggiamento punitivo mascherato da apparente blandizia, inconciliabili con l'imparziahtà e la terzietà che sono connotati essenziali della figura del giudice. L'inequivocabile espressione usata dal processo torinese non sono scottanti come le domande rivoltegli a Palermo sui suoi rapporti con personaggi in odor di mafia. Ieri si è parlato appena degli ingenti prestiti (per oltre 2 miUardi) che Dell'Utri ha ricevuto dal finanziere Fausto Alberto Rapisarda, interessato pure lui a quell'inchiesta. «Denaro che ho restituito con gli interessi sino all'ultimo centesimo», ha precisato l'imputato. In una pausa dell'u¬ n «fermo» lungo tre ore. L'equivoco risol lto dopo presidente Crivelli nel contesto di un colloquio informale con il rappresentate della pubblica accusa, rivela l'adesione a una visuale colpevolista». Ancora: «Questo disegno acquista un significato ancora più allarmante in considerazione del destinatario della frase che è dienza aveva pure scherzato: «L'altro giorno mi telefona un imprenditore, e mi fa: "Allora, le confessioni palermitane?". Chiariamo subito, gli ho risposto, che si tratta dell'omonimo quadro del pittore Fabrizio Clerici che lei vuole acquistare. Di questi tempi, è bene non creare equivoci». A Torino gli si contesta di aver utilizzato fondi neri ricavati da fatture gonfiate. «Per questo lei maneggiava tanti contanti o assegni circolari non girati e intestati a nomi di fantasia», ha insistito il pm. E Dell'Utri: «Quei contanti, anche per decine di milioni, erano tutte donazioni di Berlusconi. Convocate lui, ve lo confermerà». Il presidente Costanzo Malchioii sorride: «Guardi, l'onorevole Berlusconi ci ha fatto sapere che, come indagato di reato connesso, intende avvalersi della facoltà di non rispondere, se costretto a venire qui. Per questo motivo abbiamo lasciato perdere». E Dell'Utri: «Glielo richieda». La difesa ha conteggiato 670 milioni in contanti di donazioni. Senza quelle ben più consistenti, in assegni al portatore e case, che arrivavano a Natale. Il braccio destro una serie di accertamenti

Luoghi citati: Courmayeur, Palermo, Torino