LA MIA ROSA PER IL COLLE

LA MIA ROSA PER IL COLLE LA MIA ROSA PER IL COLLE un Presidente-Presidente, un Presidentissimo, voglio che salti fuori dai dadi (non tanto dal merito, quanto dall'eccezione) non che me lo emetta la slotmachine imbrogliona di un Parlamento di vecchio tipo e neppure una Costituente schiava dei soliti o di altri partiti possibili. Voglio che sia l'Italia a darselo, a stanarlo, a portarlo al potere. E che sia l'Italia peggiore (dunque, quasi tutta) a sceglierlo dentro le proprie gavigne come totalmente altro, per nostalgia disperata e furiosa di un meglio di sé. «Io sono laida e butterata, ma tu sii bello e pulito»: cosi parla, la Meschinella, nel mio sogno anticipatore. Quel che ho finora trovato, eccolo. Dò i nomi nudi nudi, in ordine di evocazione: Reinhold Messner, Vittorio Gassman, Margherita Hack, Elvira Sellerio, Claudio Magris, Enzo Maiorca, Paolo Conte, Riccardo Muti, Vittorio Mathieu, Alida Valli, Beppe Grillo, Sergio Romano, Carmelo Bene, Dario Argento, Tullio Regge, Renato Dulbecco, Raffaele La Capria, Sergio Ricossa, Vittorio Foa, Emanuele Severino, Nando Orfei, Sergio Zavoli, Federico Zeri, Alberto Ronchey, Mario Monicelli, Sabino Acquaviva, Massimo Introvigne, Angelo Panebianco, Raìna Kabaivanska, Giordano Bruno Guerri, Ernesto Galli Della Loggia, Uto Ughi, Paolo Isotta, Ida Magli, Giovanni Franzoni. Non ne conosco personalmente che due o tre; questo è un elenco oggettivo, non una passerella di amicizie. Questi papabili non rappresentano categorie, ma dei modi d'essere, venuti in luce come atomi sociali con un proprio originale sigillo. Li ha fatti quali sono la vi¬

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