Kabul bastonate a chi non prega di Oreste Del Buono

I taleban applicano il nuovo ordine: tutti in moschea cinque volte al giorno I taleban applicano il nuovo ordine: tutti in moschea cinque volte al giorno Kabul, bastonate a chi non piega Caccia ai fedeli nelle strade KABUL. Con il Kalashnikov spianato e a colpi di manganello, i taleban, noti anche come gli «studenti di teologia», che hanno conquistato Kabul hanno costretto ieri migliaia di persone a recarsi nelle moschee per santificare degnamente la festa islamica del venerdì. E' passata una settimana dall'arrivo dei temibili taleban nella capitale dell'Afghanistan e la loro presenza si va facendo sempre più asfissiante: dopo l'imposizione della barba agli uomini e del «velo integrale» alle donne, è arrivata anche la preghiera obbligatoria. Secondo varie testimonianze, decine e decine di persone, per lo più appartenenti alle classi medio-alte, hanno abbandonato tutti i loro averi fuggendo da quella che ormai molti considerano una vera e propria città-prigione. L'alto mullah dei taleban, Syed Ghiasuddin, che svolge la funzione di ministro dell'Educazione, ieri ha difeso il nuovo corso attaccando tutti coloro che hanno criticato i presunti eccessi: dall'organizzazione umanitaria Amnesty International, che ha denunciato migliaia di arresti, ai gruppi per la difesa dei diritti delle donne. «Dicono che abbiamo tolto i diritti alle donne, ma noi ci limitiamo solo ad applicare la "Sharia"», ha detto severo il mullah in una moschea di Kabul davanti ad una folla ammutolita di «fedeli coatti». Ghiasuddin ha spiegato che il credente deve recarsi nei luoghi di culto almeno cinque volte al giorno. Stando a varie testimonianze, decine e decine di miliziani armati ieri mattina presidiavano le strade adiacenti alle moschee della capitale obbligando i passanti ad entrare per la preghiera IL DOPPIO BINARIO questi tempi coltivano illusioni. La più grande di tutte è quella di chi immagina nell'attuale situazione che un fallimento della commissione bicamerale aprirebbe la strada alla Costituente: in altre parole, D'Alema dovrebbe mettere in crisi il governo della coalizione con cui si è presentato alle elezioni e subire la proposta del Polo, il tutto in cambio di niente. Siamo davvero ai sogni. Per questo si cerca uno scatto di fantasia, che, malgrado ci sia una Finanziaria che spacca in due il Paese, un governo alla mercé di Bertinotti, un dibattito sulle riforme giocato tutto nello scontro tra le tifoserie della Bicamerale e della Costituente, faccia uscire lo scenario politico dall'attuale impasse. L'alternativa a questo sforzo è quella di ripetere l'esperienza di un governo che sotto il ricatto di Rifondazione non può decidere, ma che si perpetua perché non c'è nessuna alternativa, neppure le elezioni. Insomma, di riprodurre lo scenario del governo Dini che per sopravvivere fu costretto a firmare una serie di cambiali che stanno venendo fuori a spizzichi e bocconi solo oggi. Bisogna, quindi, immaginare una fase di compensazione in cui tutti i protagonisti in campo dovrebbero essere messi di fronte alle loro responsabilità. L'idea di una commissione bicamerale ■autorevole», con un ufficio di presidenza composto da D'Alema, Berlusconi e Fini potrebbe servire proprio a questo. Sarebbe, infatti, un modo per dare molta autorevolezza all'organismo che avrebbe la forza di ricercare un «compromesso» condiviso da buona parte dal Parlamento. Nel frattempo Romano Prodi porrebbe verificare se è possibile governare questo Paese in una fase difficile come quella che precede l'adesione dell'Italia alla moneta unica con una maggio- dei venerdì. Chi cercava di sottrarsi, veniva convinto a manganellate o con il kalashnikov con il colpo in canna. Sarebbero almeno 3000 gli abitanti di Kabul che ieri si sono dovuti piegare al rigore religioso dei taleban. Per il resto, raccontano i giornalisti occidentali arrivati nella capitale afghana, le strade erano pressoché deserte, con negozi chiusi e il traffico limitato a qualche taxi. Di fronte all'incognita taleban, a livello internazionale le preoccupazioni crescono. Nessuno sa bene quale sarà la prossima mossa dei nuovi padroni dell'Afghanistan. Anche in Iran - Paese a loro «ideologicamente» vicino - e in Pakistan, che pure li ha armaci e sostenuti, affiorano le prime perplessità. Dal Pakistan il primo ministro Benazir Bhutto ha auspicato che i nuovi padroni di Kabul moderino la loro politica e rispettino i diritti di tutti gli afghani, in particolare delle donne nei confronti delle quali gli integralisti «studenti di teologia» hanno immediatamente imposto obblighi e divieti severissimi. «Io amerei che i miei vicini rispettassero i diritti delle donne, che io giudico legittimi», ha detto la signora Bhutto alla «Bbc» in un'intervista diffusa giovedì sera, preregistrata giorni fa mentre era di passaggio a Londra diretta a New York, per parlare alle Nazioni Unite. «Vorrei che aprissero le scuole alle ragazze. Vorrei che moderassero la loro politica». Ancora, il primo ministro del Pakistan - Paese accusato da più parti di aver favorito l'avanzata e la presa del potere da parte dei taleban, e prima nazione ad averne riconosciuto la giunta di ranza che mette insieme Ulivo e Rifondazione. Insomma, si andrebbe avanti su due binari diversi: in Parlamento continuerebbe il confronto - anche duro - tra governo e opposizione e quest'ultima avrebbe a disposizione tutti gli strumenti che vuole per far sentire la propria voce; nella bicamerale, invece, si dovrebbe verificare se è possibile mettere in campo un accordo sulle riforme. Alla fine di questo percorso si tireranno le somme: se il governo Prodi troverà un giusto equilibrio proseguirà per la sua strada; se, invece, si andrà avanti in questa condizione di paralisi ma la bicamerale riuscisse a raggiungere un accordo, a quel punto, per mettere il Parlamento nelle condizioni di poter varare le riforme, ci sarebbero tutti i motivi per dar vita ad un governo delle larghe intese che si accollerebbe anche il compito di portare l'Italia in Europa. Insomma, ADDIO PIOLA MITO DEL CALCIO a una vittoria sull'Inghilterra era troppo forte, troppo grande, troppo bella. Comunque non era ancora detto che quella volta si vincesse. Avremmo vinto contro l'Inghilterra solo tanti anni dopo e su un goal di Fabio Capello. L'Inghilterra segnò e fu più giusto, perché Silvio Piola non aveva segnato di piede anche se aveva avuto certamente l'intenzione e si sa che le buone intenzioni contano sempre molto almeno secondo la nostra religione. Ma, insomma, Silvio Piola aveva segnato di mano. Passata l'illusione, cominciammo a ragionare. Ci era andata benissimo, in fondo, con una malizia più o meno volontaria del più onesto giocatore di calcio di cui disponessimo, coraggioso. A lui toccò, però, un tormentone. Di mano o di piede?, chiedevano. Cercava di non rispondere, il suo sorriso non era compromettente. D'altra parte c'erano ancora troppi che erano più che convinti che il goal fosse stato regolarissimo. governo - afferma: «Vorrei convincere i taleban a seguire una politica che sia più illuminata ed aperta». Benazir Bhutto, che ha negato che il Pakistan abbia fornito «un qualsivoglia aiuto a quale che sia fazione» in lotta nel Paese vicino, ha detto che «se l'Afghanistan è unificato, ciò sarà uno sviluppo positivo per tutto il mondo... Perché vi sarà un governo come interlocutore». Islamabad ha definito i taleban «uomini timorati di Dio», capaci quindi di «un'amministrazione onesta». [Ansa-Reuter] Sili IL VERTICE DI ALMA ATA SMOSCA E il conflitto afghano sconfinerà prenderemo misure adeguate». La minaccia dei taleban costringe la Russia e i Paesi asiatici dell'ex Urss a far fronte comune e alzare una barriera contro la guerriglia che viene dal Sud. Il vertice di Alma Ata, convocato d'urgenza da Boris Eltsin - presenti Russia, Kazakistan, Uzbekistan, Kirghizia e Tagikistan -, ha deciso ieri di prepararsi a fronteggiare insieme un'eventuale offensiva dei guerriglieri afghani nel territorio della Comunità di Stati indipendenti. Il radicalismo dei taleban afghani fa paura da quelle parti, dove la bandiera verde la usano per coprire l'ateismo post-co- sembrerà assurdo, ma la strada per consolidare il governo Prodi o per creare le condizioni di un esecutivo di larghe intese, nel primo tratto è esattamente la stessa. Fuori da questa prospettiva c'è solo l'impotenza: Bertinotti continuerebbe a fare il bello e il cattivo tempo, Carlo Ripa Di Meana si illuderebbe ancora di essere importante e via dicendo... ma il rischio peggiore e che probabilmente un bel mattino il Paese si sveglierebbe fuori dall'Europa e senza riforme. Sarebbe l'apoteosi di Umberto Bossi. Ieri D'Alema ha detto che se gli fosse richiesto «coralmente» di diventare il presidente della bicamerale «potrebbe prendere in considerazione questa ipotesi». Berlusconi e Gianfranco Fini, invece, non hanno detto né «sì», né «no». Beh, speriamo che i nani si trasformino in giganti. Augusto Minzolini Come avrebbe potuto straziarli con una confessione? Così Silvio Piola conservò il silenzio sinché, come per tutte le cose a questo mondo, si cominciò a dimenticare quegli eventi di San Siro, e lui potè comportarsi come se tutti avessero saputo da sempre la verità. Non è per rimproverargli un peccato inesistente, dato che come dicono le leggi del calcio, l'arbitro ha sempre ragione. Soprattutto quando ha torto. Ma perché mi commuove ricordare il suo candido impaccio. L'unico peccato di una grande carriera, in fondo compiuto patriotticamente a fin di bene. Al tempo di Silvio Piola il calcio era un'altra faccenda. Era, infatti, ancora, almeno per una certa parte, un gioco per divertirsi. Lui ha giocato sin che ha potuto, sin che ha avuto un minimo di forza. Ed è bello che ci sia stato uno come lui, ma, forse, oggi non si riesce a spiegare bene come potesse essere un protagonista delle partite di allora, un uomo così candido e come San Siro potesse essere uno stadio così aperto e festoso invece dell'attuale torracchiuto e cupo carcere di massima insicurezza. Oreste del Buono