Due sindaci per Sanremo di Edmondo Berselli

La Lega, cacciata da Scalfaro, torna in sella a spese del Polo La Lega, cacciata da Scalfaro, torna in sella a spese del Polo Due sindaci per Sanremo // Tar reintegra la giunta del Carroccio Nascono i Cobac Segni lancia la sfida costituente l'approfondimento della rivalità con il pds. La situazione attuale, e il varo della Finanziaria lo ha dimostrato in modo bruciante, mette il pds in sofferenza grave, nella condizione di essere il perno della maggioranza solo in quanto sopporta il peso maggiore delia politica economica del governo. Gli altri prendono o prenderanno i meriti, D'Alema si prende la responsabilità effettiva in Parlamento e di fronte all'opinione pubblica. In condizioni simili, è facile prevedere che D'Alema darà un impulso molto deciso alla costruzione del partito «unico» della sinistra. Il ragionamento classico che viene svolto in questi casi dice che lo spettro politico presente nei partiti socialdemocratici europei è sempre stato molto vasto e talvolta comprende - come nel partito laborista inglese -, anche frange più ol¬ Funerali sabato 5-10-96 ore 11,45 parrocchia Santo Natale. — Torino, 3 ottobre 1996. E' mancato SANREMO. Sanremo ha due sindaci, due giunte, due Consigli comunali. Una maggioranza del Polo, eletta nel novembre '95; una della Lega Nord, cacciata da Scalfaro, ma rcinsediata dal Tar ligure. Due giunte e un mare di incertezze. Sì, perché, nel frattempo, l'ex sindaco del Carroccio e numerosi suoi assessori e consiglieri, sono passati con i federalisti. Oggi quel Consiglio non avrebbe più la maggioranza. E difficilmente i due gruppi riusciranno a ricompattarsi. Dunque commissariamento? Nuove elezioni? Altra confusione, altri problemi per una città travolta dagli scandali, che dal 1980 e andata alle urne quasi ogni tre anni. L'ex sindaco leglùsta Davide Oddo ha telefonato all'attuale sindaco, Giovenale Bottini, del Polo, per informarlo. Stamane assieme andranno dal prefetto per concordare la linea di condotta da adottare. La sentenza del Tar è immediatamente esecutiva e «dovrà essere eseguita subito dall'autorità amministrativa». Il Consiglio era stato sciolto da Scalfaro su proposta del ministro dell'Interno. Una pesante fronda all'interno del Carroccio aveva creato una spaccatura nella maggioranza con una decina di consiglieri dimissionari. A que¬ sti si erano aggiunti i membri dell'opposizione ed era venuto a mancare il numero legale. Automatico per il prefetto lo sciogh'mento dell'assemblea; illegittimo per Oddo che aveva presentato ricorso al Tar; «La legge è chiara, i consiglieri dimissionari vanno surrogati uno per uno». Se ciò fosse avvenuto i ribelli sarebbero stati sostituiti da fedelissimi del Carroccio e la giunta Oddo sarebbe rimasta al proprio posto. Ieri Giovenale Bottini doveva incontrare la polizia per i problemi del traffico legati all'imminente Rally mondiale. Ha telefonato per scusarsi: «Cosa vengo a fare?». La sentenza è di 48 ore fa. Ma soltanto ieri sera è stata comunicata all'ex sindaco. «Formalmente sono di nuovo sindaco, ma non ho poteri. Almeno fino a quando verrò reinsediato nella carica. Se mi presento adesso a Palazzo Bellevue, mi buttano fuori». Un ricorso del Comune al Consiglio di Stato? Oddo non ha dubbi: «E' stato proprio il Consiglio di Stato a stabilire che i consiglieri dimissionari vanno surrogati uno per uno. Difficilmente sospenderà l'esecutività della sentenza». ROMA. Riparte la battaglia «popolare» di Mario Segni per le riforme. L'appuntamento è per sabato prossimo all'Hotel Parco dei Principi di Roma, dove si riuniranno gli oltre 300 Cobac, i comitati di base costituitisi in tutto il Paese per promuovere l'Assemblea Costituente. E' stato lo stesso Segni a presentare ieri mattina a Montecitorio la manifestazione. «La nostra è un'iniziativa trasversale rispetto ai partiti», ha precisato. Salvo «avvisare» il centrosinistra: «Mi auguro che non si mostri insensibile circa quest'esigenza. Mettersi di traverso rispetto a questi processi è rischioso... Mi viene in mente Craxi e il suo invito ad andare al mare... c'è andato lui e continua a rimanerci!». [r. i.] Gian Piero Moretti tranziste di Rifondazione. Si potrebbe concludere che il calcolo di D'Alema è di buona qualità, se non fosse che la realtà sembra invece di qualità molto inferiore. Il fatto è che i rapporti a sinistra sono già cristallizzati, e non sembra facile trovare il modo per una saldatura fra i due tronconi dell'ex pei. A Bertinotti e Cossutta non conviene l'unità della sinistra perché dall'estremità del sistema politico hanno un'infinita possibilità di variazioni tattiche. Possono giocare la loro caratterizzazione «antagonista» per condizionare la maggioranza e portare a casa risultati politici immediati, ma possono anche semplicemente opporre veti, farsi vedere nella propria funzione di guastafeste, e comunque esercitare di continuo un ruolo molto superiore alla propria consistenza. Il pds ha compiuto sforzi notevolissimi per riuscire a presentarsi come una forza politica di tipo europeo. E quindi non è assolutamente nel suo interesse trattare alla pari con Rifondazione comunista in vista della costi¬ tuzione del futuro partito unico. Anche solo come ipotesi, federarsi in qualche forma con Bertinotti (particolarmente ondivago rispetto a Maastricht) equivarrebbe a perdere qualcosa in credibilità, sul piano interno e internazionale, e di fronte a un'Europa politicamente moderata, ben prima di guadagnare voti e consistenza sul piano domestico. E quindi il segretario della Quercia non potrà andare molto oltre la mozione dei sentimenti. Perché la persistenza di Rifondazione comunista nella politica italiana è dovuta certamente al fatto che è, come ha detto Nino Andreatta, «un indicatore del disagio»; ma è dovuta soprattutto alla struttura del sistema elettorale, che offre favorevolissime opportunità a chi non entra nelle alleanze, o ci entra con un piede solo. Sarà difficile per questo che il partito unico della sinistra possa essere creato a tavolino, su base consensuale. D'Alema dovrebbe sapere che il futuro dei partiti e il formato degli schieramenti non è dato da processi politici spon¬ tanei, ma piuttosto dalla configurazione definitiva che assumerà il sistema politico-istituzionale. Finora le regole del gioco, dato l'ibrido di formula a un turno corretta dalla zattera proporzionale, hanno consentito a Rifondazione di ricattare il pds, minacciandolo di presentarsi da sola e quindi di fargli perdere le elezioni. Domani, con un modulo elettorale più efficiente, dovrebbe essere D'Alema a mettersi nella condizione di poter ricattare Bertinotti, minacciandolo di farlo scomparire dalla scena politica. E perciò D'Alema dovrà chiedere al suo congresso non tanto un mandato romantico per aprire l'offensiva diplomatica «con i compagni di Rifondazione», ma un mandato esplicito per chiudere vantaggiosamente la partita della riforma istituzionale. Per poter trattare con i neocomunisti dall'alto della propria forza e non nella consapevolezza continua di una propria inevitabile debolezza. LA VERA ARMA DI D'ALEMA Edmondo Berselli

Luoghi citati: Europa, Maastricht, Roma, Sanremo, Torino