L'orda dei Taleban riunifica l'ex Urss

Domani ad Alma Ata: all'ordine del giorno, aiuti militari ai capi guerriglieri ostili agli «studenti» Domani ad Alma Ata: all'ordine del giorno, aiuti militari ai capi guerriglieri ostili agli «studenti» I/orda dei Taleban riunifica l'ex Urss «Fermiamoli»: sull'Afghanistan vertice di cinque leader MOSCA 1500 km con il nuovo Afghanistan ora dominato dai taleban, e che è finora riuscito a difendersi soltanto grazie ai 30.000 soldati russi che presidiano la frontiera Sud. Ma un brivido di terrore corre lungo tutta l'antica Via della Seta, perché chiunque capisce che l'appetito vien mangiando e che la guerra santa contro gli infedeli occidentali, che hanno portato in Afghanistan la modernità (poca invero), e contro gli infedeli atei del Nord, i russi, che hanno portato la guerra, può rapidamente trasformarsi in una jihad contro i «falsi fedeli» che comandano nelle Repubbliche asiatiche dell'Asia Centrale, convertiti all'Islam all'ultimo momento per garantirsi il potere lasciato cadere dai comunisti. Del resto i taleban non fanno mistero anche delle loro rivendi¬ DAL NOSTRO CORRISPONDENTE L'avanzata dei «taleban», gli «studenti islamici» armati fino ai denti dal Pakistan, in territorio afghano, la loro fulminea conquista di Kabul, l'offensiva che li ha portati fin dentro il Panjshir all'inseguimento dell'ex «leone» Massud, il fatto che ormai controllano l'80% del territorio, ha scosso Mosca e un bel pezzo dell'ex Unione Sovietica. Al punto che prima Eltsin, dal suo letto d'ospedale, poi Lebed, hanno proposto un vertice asiatico per fare fronte alla nuova minaccia. Venerdì e sabato prossimi, salvo evoluzioni dell'ultima ora, si incontreranno ad Alma Ata, capitale kazakha, i presidenti di Kazakistan (Nazarbaev), Uzbekistan (Karimov), Tagikistan (Rakhmonov), Kirghizia (Akaev), e il premier russo Cernomyrdin. Per vedere quello che si può fare, sempre che siano ancora in tempo per arrestare l'onda islamica che minaccia di debordare dal confine afghano direttamente in territorio ex sovietico. Il più preoccupato è ovviamente il presidente tagiko, Emomali Rakhmonov, il cui Paese confina per 111 LIMI IMI 1 ^ TALEBAN: ACCUSATI DI ESSERE FINANZIATI E ORGANIZZATI DA PAKISTAN, ARABIA SAUDITA E STATI UNITI DOSTUM: E' APPOGGIATO DALL'UZBEKISTAN E DALL'IRAN MASSUD, HEKMATYAR E RABBANI: SONO APPOGGIATI DA RUSSIA, TAGIKISTAN E UZBEKISTAN LA TATTICA DEI «PAZZI DI ALLAH» AKABUL LL'uscita meridionale di Kabul, i carri e le batterie antiaeree che fiancheggiano la strada metà asfalto e metà pietre contrastano bruscamente con l'oasi di quiete che regnava nella capitale in questa estate '95. Siamo sulla linea del fronte, all'altezza di Mohammad Agha, dove i Taleban si preparano all'assalto finale. Passato l'ultimo checkpoint dei governativi, presidiato da ragazzini, siamo nella terra di nessuno, avvolti nella polvere ocra. Poi ecco il primo posto di blocco dei Taleban: anche qui, adolescenti, dal volto percorso da una peluria acerba, che in nulla si distinguono dai monelli arruolati nel campo avverso, tranne che per il turbante più curato. Armati dei loro AK-47, all'ombra di un carro, filtrano lo scarso traffico, costituito soprattutto da camion carichi di legna in previsione dell'inverno crudo che si annuncia. Un po' gradassi, agitano la loro chincaglieria sotto l'occhio della macchina fotografica. Chiediamo di incontrare il loro capo. Il mullah Abdul Salam, responsabile degli «affari militari» della provincia del Logar, ci riceve al margine della strada in una capanna che fa da quartier generale di campagna. Turbante blu in testa, barba liscia, si rifocilla in compagnia del suo stato maggiore: una galletta di grano in un piatto di puree di fagioli, alla luce delle lampade a petrolio, con i kalashnikov appoggiati al muro. La voce di Abdul Salam è dolce. Il suo proposito, luminoso. «Noi vogliamo instaurare in Afghanistan i precetti di Dio e del Corano». Insistiamo con altre domande. Ma lui non ha nient'altro da dire. Il suo progetto è racchiuso in tre idee: il Corano, tutto il Corano, null'altro che il Corano. Abdul Salam oggi sarà senz'altro a Kabul, l'empia città caduta nella notte tra giovedì 26 e venerdì 27 settembre. Chiuso a tenaglia da Sud e da Est dalle forze nemiche, il regime del presidente deposto Burhannudin Rabbani, che aveva finora resistito a tutti gli assedi, è crollato come un castello di carte. Dopo due giorni di combattimenti alla periferia, la capitale è piombata in un silenzio pesante. I ribelli si sono infilati nottetempo in città, senza incontrare resistenza. A Microrayon, sinistra banlieue costellata da palazzoni di stile sovietico, sono stati accolti da manifestazioni di gioia. Gli abitanti sono riconoscenti perché il loro quartiere non è stato bombardato. Il giorno dopo, un portavoce del Comitato internazionale della Croce Rossa ha avuto una frase terribile, che resterà negli annali: «La città è tranquilla, stamattina. Era già tranquilla, ieri > 111 LIMI IMI 1 ^^gL^ ^> T T cazioni territoriali uzbeke e tagiche. Vogliono Samarcanda e Bukhara, terre sacre, e interi pezzi di Tagikistan. Poi, come dice il generale Lebed, «ci sarà davanti a loro solo una sterminata pianura indifesa». Che fare? Lebed si è già pronunciato: aiutare subito Massud, Hekmatyar, Rabbani a difendersi e a contrattaccare. Significa dare loro armi e retrovie. Paradosso inquietante: la Russia si troverebbe ad aiutare coloro che hanno sconfitto l'esercito sovietico. Non li ama, ma non ha altra scelta. Il ministro degli esteri Primakov - in tv ieri sera - si è mostrato più prudente. «Non affrettiamoci a intervenire. In fondo solo il Pakistan ha riconosciuto il nuovo governo di Kabul». Ma Washington di fatto sembra aver già deciso che è meglio un governo forte e unito in senso anti-iraniano (un Hanno rivendicazioni territoriali su Uzbekistan e Tagikistan Lebed: davanti a loro c'è soltanto una sterminata pianura indifesa Ieri sono entrati nella valle del Panjshir, dove fronteggiano il vecchio «leone» Massud, che sconfisse l'invasore sovietico o ALLEANZE POSSIBILI 1. MASSUD + HEKMATYAR + RABBANI, CONTRO I TALEBAN 2. DOSTUM TRATTA CON I RIBELLI giornale di Teheran ha scritto ieri che i taleban sono dei reazionari, il che la dice lunga sulla qualità del loro islamismo) piuttosto che un pasticcio di capi guerrieri che continuano a combattersi tra di loro minacciando di far saltare in aria definitivamente un'entità statale ormai gravemente scossa. Certo significherebbe sostenere il fondamentalismo islamico nella nuova veste afghana, e creare pro- sono accolti quasi come liberatori da una popolazione esasperata dall'anarchia causata dai gruppi dei mujahidin. I villaggi non tollerano più questi signori della guerra sanguinari e corrotti, stupratori di donne e predatori di convogli. Vogliono ordine e sicurezza. Proprio quel che offrono i Taleban. La tattica è semplice: gli «studenti» arrivano con il Corano aperto in mano e urlano: «Non sparate, fratelli, vogliamo la pace, non la guerra». Chi sparerà su un devoto armato del Corano e acclamato dal popolo? I mujahidin si inchinano e i giovani seminaristi, kalashnikov a tracolla, stipati su una 4x4 su cui sventola una bandiera bianca, proclamando che «Allah è grande» e che «Maometto è il suo profeta», cominciano la conquista. Quasi senza sparare, prendono l'antica capitale reale Kandahar (novembre '94), la città vicino al confine iraniano Herat (settembre '95), poi la città orientale di Jellabad (settembre '96). Durante l'avanzata, le loro schiere si gonfiano di transfughi: comandanti mujahidin, ex ufficiali dell'esercito reale e anche ex capi comunisti in rotta. Il movimento finisce per darsi un vero e proprio esercito, forte di 25 mila uomini, carri e aerei. Nelle città conquistate, il pregiudizio favorevole non tarda a tradursi nel disincanto. L'ordine dei Taleban, un misto di arcaismo e intolleranza, è implacabile. Dopo le 21 vige il coprifuoco. Simbolo di una modernità detestata, i televisori sono fracassati e sigillati con un cartello: «Sanduq-e-cheytàn», scatola del diavolo. Tutto quel che ignora il Corano - cinema, teatro, gioco d'azzardo, aquiloni - è proibito. (...) Figh' del Corano, i Taleban hanno già dimostrato nei loro bastioni di non essere in grado di gestire uno Stato moderno. Riceveranno i rinforzi di alcuni esuli, come i monarchici rifugiati negli Stati Uniti, che hanno celebrato la loro vittoria. Ma qualche ritorno peserà poco, di fronte all'esodo massiccio da Kabul, che è già cominciato: un quarto della popolazione. Come a Phnom Penh? blemi ai russi e ai loro alleati asiatici. Ma l'America pensa ai suoi interessi immediati e per il resto si vedrà. Ecco un bell'esempio di situazione in cui gli interessi americani non coincidono con quelli russi. Intanto i taleban sono penetrati nella valle del Panjshir. Tre o quattro chilometri, per ora, all'inseguimento di Massud, il quale li aspetta nella tana da cui sconfisse i russi. La partita è aperta e la decideranno le retrovie. Ormai è chiaro che Islamabad sta con i nuovi arrivati. Quanto potrà reggere Massud lo sanno soltanto lui e chi gli potrebbe dare le armi. Sull'altro fronte, i taleban si sono fermati all'imbocco del tunnel di Sallang, dove sono appostate le truppe del generale uzbeko Abdul Rashid Dostum. Questi, armato dal presidente Karimov, controlla le province a Nord della catena dell'Hindu Kush, con capitale Mazar-i-Sharif. Si stanno studiando e forse trattano. Ma il nuovo capo di Kabul, il mullah Mohamed Omar invita tutti a cedere le armi al suo governo. La tregua sarà breve. Giuliette Il nuovo ordine dei Taleban regna a Kabul Le donne sono costrette a indossare un velo che copre anche il volto con solo una finestrella per vedere e respirare e non possono lavorare né andare a scuola (Segue da pagina 8) ANNIVERSARI 19B8 Luigi Amedeo Ricordandoti. 1991 Gioachino Carb Ssi quotidianamente nei nosTua moglie e le tue (iglie. 1976 Ermanno Monti Sempre ricordato dai suoi cari. Chiesa 1996 1996 one tri pensieri. 1996