«Ci sono altri giudici nella lobby di Pacini» di Giovanni Bianconi

Tangentopoli 2, alcuni magistrati devono ancora essere individuati dalle registra2ioni Tangentopoli 2, alcuni magistrati devono ancora essere individuati dalle registra2ioni «Ci sono altri giudici nella lobby di Patini» La Finanza: coperture non solo romane, ma anche lombarde ROMA. Gli investigatori della Guardia di Finanza avvertono: ci sono altri magistrati, oltre a quelli già inquisiti, che hanno avuto a che fare con la lobby di Pierfrancesco Pacini Battaglia. Giudici sui quali sono in con>o accertamenti, o che devono ancora essere individuati. Giudici non solo romani, stando a quanto scrive il Gico (Gruppo investigativo criminalità organizzata) di Firenze nel rapporto inviato a fine luglio alla Procura di La Spezia: «Si ritiene che una prima differenziazione possa essere fatta in ordine a fatti e circostanze che riguardano magistrati appartenenti al Distretto Giudiziario romano con quelli che attengono a magistrati "lombardi"». «Lombardi» può voler dire di Milano, ma anche di Brescia o di altre città. In più, il Gico annuncia che altri capitoli devono essere aperti, sul fronte della polizia giudiziaria: «Appare opportuno precisare che sebbene si sia preliminarmente fatto sommario riferimento all'esercizio di attività favoreggiatrice, o comunque illecita, svolta anche da parte di appartenenti alla Guardia di Finanza ed ai Carabinieri, fonti ed elementi specifici di prova non sono stati, se non accidentalmente, esposti nella presente relazione, attesa la vastità del materiale raccolto che deve essere ancora analizzato e valutato, e in considerazione dell'urgenza di riferire quanto prima possibile, in previsione della prossima scadenza dei termi¬ ni delle indagini preliminari, tutto ciò che potesse essere prioritario». Come dire che non c'è stato ancora il tempo di approfondire, ma che altre rivelazioni verranno. Si intitola «Coperture» il capitolo del rapporto dove si parla dei magistrati, sul quale hanno lavorato i pm di La Spezia che hanno arrestato i giudici Savia e Napolitano, inquisendone altri. «Coperture - spiegano gli investigatori - che hanno consentito al sodalizio di conseguire e mantenere l'impunità dei gravi reati commessi durante, peraltro, un lunghissimo arco di tempo con la conseguenza di rafforzare nei partecipi l'intento di continuare a porre in essere gravissimi comportamenti antigiuridici». I magistrati finiti nell'inchiesta, continuano i finanzieri, vanno distinti fra quelli «che possono essere considerati organici al sodalizio», quelli che «si possono considerare corrotti o concussori» e quelli, infine, «nei cui confronti vengono riferite, da parte di alcuni attori, voci circa la loro infedeltà ai doveri inerenti la funzione esercitata». Fino all'estate, le indagini del Gico si sono concentrate sui magistrati «organici al sodalizio», ma il rapporto avverte: «Non tutti sono stati compiutamente identificati, perché altre conversazioni (intercettate nello studio di Pacini Battaglia, ndr) che li riguardano non hanno trovato, per ragioni di tempo, spazio nella presente relazione. Facendo riserva di riferire gli elementi indiziari a carico nel più breve tempo possibile, si può però rappresentare sin da ora che, secondo quanto ostentato dal Pacini Battaglia, tali magistrati appartengono anche alla Suprema Corte di Cassazione». Gli investigatori, insomma, giunti al primo traguardo di un lavoro che non considerano affatto concluso, si dicono certi delle protezioni giudiziarie di cui ha goduto il «sodalizio criminoso». E insistono su un punto che riguarda il «grande padrino»: «In merito alle vicissitudini processuali del Pacini Battaglia, c'è da osservare comunque che egli non ha subito mai condanne definitive, né ha mai trascorso un solo giorno in carcere, sebbene impegnato da molti anni in rilevanti attività criminose». Il rapporto si concentra sui magistrati arrestati. E si riparla del pm romano Castellucci, indagato e perquisito, ex titolare dell'inchiesta sull'Alta velocità che tanto stava a cuore a Pacini Battaglia, per il possibile coinvolgimento di Lorenzo Necci. In un colloquio con Emo Danesi, Pacini dice: «Qui in tutta 'sta baracca c'è uno che vuol (batte ripetutamente sul tavolo come a voler dire che vuole i soldi) che si chiama avvocato Brolino... massoneria...». Danesi: «Ah... Il segretario di Tolona...». Pacini Battaglia: «Questo avvocato Brolinò è quello che gli ha fatto riaprire il processo... e va da Necci, va da Incalza, va da quello e dice: ahh... Castellucci lo conosco io, sono amico io, Castellucci ha paura di questo qui... e non pò dì "guarda che io ho già mangiato i soldi" con quello delle ferrovie, perciò fa finta di non conoscere quel...». D: «Certo è un ambiente... mamma mia...». P.B.: «Per quello ti dico e gli ho detto... ragazzi... no... (...) voi chiamate Castellucci... e gli dite: hai preso i soldi... sì! L'hai distribuiti con quegli altri... sì! Ora hai rotto i coglioni... ora te questa pratica la chiudi te... perché se non la chiude... noi ti mandiamo sul giornale e ti diciamo anche come hai preso i soldi... perché noi ne abbiamo le palle piene». Nelle richieste del pm spezzino c'è pure un'intercettazione dove compare un altro sostituto procuratore di Roma, Giuseppe Pititto, che non risulta indagato, e sul quale il gip ha detto che vengono espresse solo ipotesi e auspici. Pacini dice al suo amico Vincenzo Greco: «Dobbiamo trova chi dà i soldi a Pititto... perché so che 'sto Pititto piglia soldi... perciò ora mi sto dedicando... (...) Io credo di trova la strada di... quando noi s'è dato i soldi a Pititto, lui Pititto da cosa mi risulterebbe ne ha archiviati due o tre... che proprio non poteva archiviare... (...) se noi si dà i soldi come gli hanno dato due o tre, che a me non mi son fatto dire ma che... (...) Io sono convinto che Pititto ci archivia anche noi se non quasi tutta la baracca...». Giovanni Bianconi

Luoghi citati: Brescia, Firenze, La Spezia, Milano, Roma