Trappola assassina nella «supernave»

Asfissiati dopo un incendio. Un operaio: «Qualcuno ha attivato per sbaglio la leva dell'anidride carbonica» Asfissiati dopo un incendio. Un operaio: «Qualcuno ha attivato per sbaglio la leva dell'anidride carbonica» Trappola assassina nella «supernove» Genova, morti sei tecnici GENOVA. Per un incendio, scoppiato all'alba in sala macchine sulla turbocisterna «Snam Portovenere», in navigazione di prova tra il capoluogo ligure e Savona, sono morti asfissiati sei tecnici, esperti di collaudi marittimi. Altri tre, gravemente intossicati ma non in pericolo di vita, sono ricoverati all'ospedale. Le cause della tragedia sono inspiegabili: soltanto l'autopsia delle vittime forse potrà fare chiarezza, così come la complessa perìzia sui macchinari e sulle strutture della nave «gasiera» che sarà ordinata dal magistrato. In serata, pur nell'assoluto riserbo del magistrato Francesco Pinto e dei vertici della Finmare e della Snam, dopo che s'era ritenuto che le morti fossero state provocate dal monossido di carbonio sviluppato dall'incendio, s'è fatta luce una seconda ipotesi che, se verificata, potrebbe far apparire assurda la tragedia. I sei tecnici potrebbero infatti essere morti a causa del troppo rapido funzionamento d'uno dei numerosi, avveniristici e sofisticati sistemi di spegnimento di possibili incendi. Un sistema, mosso da sensori elettronici, libera anidride carbonica per provocare, con l'eliminazione dell'ossigeno, lo spegnimento automatico delle fiamme. Questo avverrebbe con la chiusura automatica di porte tagliafuoco: ma occorre comunque che i vani colpiti dall'incendio siano liberati dalle persone. Per questo, si teme che tre dei tecnici, forse di guardia nella sala macchine siano rimasti intrappolati in una «gabbia» di gas tossico, così come gli altri tre precipitatisi in loro soccorso. Ma ci sarebbe anche un'altra ipotesi, quella dell'errore umano. A sostenerla, uno degli operai della Fincantieri, trattenuto fino a tarda sera a bordo della nave dai magistrati: secondo il suo racconto l'incendio sarebbe improvvisamente scoppiato in sala macchine e spento con tempestività dal personale di guardia. «Poi - ha aggiunto l'operaio - qualcuno non ancora individuato ha tirato manualmente la leva dell' anidride carbonica, un sistema antincendio che non scatta automaticamente, causando la morte e l'intossicazione di quanti si trovavano in sala macchine». In effetti l'incendio, forse causato alle 6 di ieri mattina in sala macchine per una lieve perdita di metano, non doveva essere di vaste dimensioni. Alle 6,45, quando vigili del fuoco, sommozzatori, uomini delle capitanerie di Genova e di Savona erano già attorno alla «Snam Portovenere» con pilotine, motovedette ed elicotteri, U fuoco era già domato. Il dottor Paolo Cremonesi, pii mano del pronto soccorso deU'o spedale di Voltri, ha trovato la na ve, anche all'intorno, in una condì zione ordinata, salvo l'eccessivo calore della sala macchine e l'aria irrespirabile. I tecnici potrebbero anche, se condo il dottor Cremonesi, essere svenuti per il calore e quindi morti per non aver fatto in tempo a mettersi in salvo. Resta comunque il fatto che il personale a bordo, in mezz'ora circa, ha domato le fiamme e ha messo in salvo i tre intossi cati. Le vittime sono cinque dipen denti della Fincantieri: Giovanni De Rosario, 49 anni, di Carbonia, residente ad Arenzano; Pietro De Luca, 47 anni, di Genova; Alessandro Pa lazzo, 46 anni, di Genova; Giorgio Forno, 49 anni, di Ovada, residente a Ceranesi (Genova); Arturo Mazza, 55 anni, di Genova; Mario Puppo, 59 anni, di Rapallo, dipendente del l'ABS (American Bureau of Ship ping). La «Snam Portovenere», 43 mila tonnellate di stazza lorda, con un potenziale di trasporto di 65 mila metri cubi di gas, è la più grande nave battente bandiera italiana del suo settore. Era stata varata il 20 luglio scorso e non era ancora entrata in linea (Italia-Algeria). Martedì scorso aveva lasciato il molo della Fincantieri di Sestri Ponente per un completo collaudo in mare, ovviamente senza carico, navigando, con 188 persone tra equipaggio e tecnici e periti a bordo, tra Portofino e Savona. Il collaudo sembrava perfetto e per domani era previsto il rientro. Alla notizia del sinistro i sindacati confederali marittimi hanno indetto per la giornata di ieri due ore di sciopero di tutti i dipendenti della Finmare annunciando l'apertura d'una ALLA BANCHINA GENOVA DAL NOSTRO INVIATO Il guardiano saluta tutti, anche quelli che non conosce, e dice solo di stare lontani dal bordo perché adesso attracca la gasiera, lì dove l'aspetta una gru gigantesca e dove Giuseppe Balbo ricorda quelli che conosceva e quelli che si sono salvati, e dice Mario, Piero, Alessandro, quando parla di loro. E' così grande questa nave che ci fa ancora più piccoli, sotto alla poppa dove hanno scritto il suo nome: Snam Portovenere. Bianca e blu, bisogna alzare gli occhi al cielo per riuscire a guardarla. Ogni tanto il guardiano dice a qualcuno buongiorno ingegnere e si volta a parlare, e a tutti quelli che saluta dice «ha visto che roba?» Uno si ferma e gli risponde sì, ha sentito: «Morire'su una nave è nel nostro destino. Ma così no, sembra da stupidi». Morire sul lavoro non è mai da stupidi. Sono morti in sei, tre nella sala macchine e tre fuori, dopo un piccolo incendio, se incendio era davvero. La nave, una petroliera della Snam, era nuova ed era andata in mare per le prove. Li avrebbe uccisi l'antincendio, in questo terribile scherzo del destino, perché tutti e sei sono rimasti soffocati dall'anidride carbonica. E altri tre dell'equipaggio sono stati intossicati e sono finiti all'ospedale. «Chi è sceso a soccorrere gli altri ha rischiato la pelle», ripete Balbo. Ma se è questo quello che è successo, la tragedia di Genova ha qualcosa di ancora più amaro e crudele da raccontare. Come nella storia di Mario Liotta, che ora sta steso sul letto dell'ospedale di Sampierdarena, con la flebo e la mascherina, e con la moglie che gli tiene la mano. «Ho visto i colleghi che correvano in mezzo al fumo e scendevano le scale per andare verso la sala macchine. Io adesso non ricordo bene chi c'era, forse se mi dicono dei nomi mi vengono in mente. So solo che ho pensato che era troppo pericoloso e gli ho gridato di fermarsi, di aspettare che il fumo si diradasse. Ma è stato tutto mutile, perché non mi sentivano più, o perché era troppo tardi, e il fumo veniva su, continuava a salire, prendeva anche noi che non eravamo scesi». Tutto questo per dire che forse tre dei morti, quelli trovati fuori dalla sala macchine, erano i tre più coraggiosi che erano scesi a salvare gli altri. Anche per questo non è da vertenza sull'applicazione della legge 626 del 1994 sulla sicurezza sul posto di lavoro. In questo senso s'è espressa anche l'on. Marida Bolognesi, presidente della commissione Affari sociali della Camera. Il ministro dei Trasporti, il genovese Claudio Burlando, ha raggiunto la città in serata per visitare i feriti. Il ministro Luigi Berlinguer, in visita a Genova per l'apertura dell'anno scolastico, ha visitato il cantiere e promesso un intervento in Consiglio dei ministri oggi. L'arcivescovo mons. Luigi Tettamanzi ha avuto parole di conforto alle famiglie delle vittime e ha inviato una speciale benedizione alla «città che lavora». Era stata definita «la più sicura gasiera al mondo» A giorni sarebbe entrata in attività A destra, l'arrivo di uno dei feriti all'ospedale San Martino di Genova Sotto, i parenti in attesa sulla banchina davanti alla Portovenere Paolo Lingua motore diesel di emergenza per evitare che mancasse la luce elettrica a bordo della nave. E' in quel momento che ho cercato di far tornare indietro i colleghi che correvano sotto, è lì che gli ho urlato di aspettare. Poi, ricordo poco o nulla. Ricordo il fumo: non molto scuro, ma quasi come una nebbia fitta. Ha avvolto anche me. Avevo vicino un vigile del fuoco e ricordo che ci tenevamo per mano per cercare di allontanarci. E' l'ultima cosa che ricordo». Ha perso i sensi, e quando si è risvegliato era già all'aria aperta, sulla coperta della nave ed era uno dei tre sopravvissuti soccorsi dal dottor Cremonesi. «Mi stavano massaggiando il torace per aiutarmi a respirare. E' arrivato l'elicottero e sono stato portato a terra». Era ancora mattina presto, a Genova doveva cominciare a piovere. Alle 13, quando la Portovenere attracca, il brutto tempo se n'è andato via. Ad aspettarla ci sono tecnici e operai, tutti i colleghi di lavoro dei 188 che s'erano imbarcati. Un cantiere vede il mare dalle gru, sulle banchine sporche, con gli scheletri d'acciaio che spezzano il cielo e il suono un po' lugubre delle sirene che ogni tanto incombe sul molo. Su una nave, Mario Puppo era come se ci fosse nato. Tutto questo è un mondo di lavoro, questo cantiere, il mare che si allontana, le navi che vengono. Mario Puppo doveva andare in pensione. E' uno dei sei morti. «Tutte morti annunciate», bestemmia qualche operaio. Qualcuno parla di «caldaia riciclata, di lavori fatti male». Uno dice: «C'è aria di tangentopoli qui dentro». Sono le accuse della rabbia. Uno, con i baffoni e la barba lunga: «L'hanno inaugurata il 20 luglio al magazzino sale. Questa era la seconda uscita di prova che faceva. Ma già alla prima era andata male. Aveva dovuto rientrare per un guasto all'asse dell'elica. L'avevano portata in bacino e messa a secco per sostituire l'asse, e quella volta l'elica cadde e per fortuna che si fermò contro il timone perché c'era un mucchio di gente sotto e sarebbe stata un'altra tragedia. Si vede che era nata sfigata, questa nave». Però, adesso Liotta dice ch^ non è vero, che «tutte le misure di sicurezza possibili erano state adottate», e che la nave aveva preso il mare martedì e che tutto era filato bene, anzi, «nel migliore dei modi» dice. A volte, le navi sono come il mare, dice: cattive. A volte sono così. Basta guardare adesso, quando una gru solleva le salme e le sbarca sulla banchina. Dalla plancia applaudono e qualcuno accenna un saluto. «Ciao Alessandro», gridano. «Ciao Piero». Mancano pochi minuti alle 5, e il cielo è diventato bello. Il mare è fermo. Genova è là dietro a questi scheletri d'acciaio. E stasera c'è il derby. Per cause ancora imprecisate scoppia un incendio in sala macchine. I suono forte e continuo della sirena segnala «incendio grave a bordo». ; La «Snam Portovenere» si trova a 13 miglia a Sud-Ovest del porto di Genova. Un tecnico della Fincantieri corre a controllare la lancia di salvataggio e a mettere in mofó il .motore diesel di ff Arriva un medico in elicottero. Sul ponte della nave trova il tecnico svenuto, altri due intossicati e il corpo di una delle sei vittime. Il ferito più grave viene portato via in elicottero, gli altri due soccorsi sul posto. A Lo stesso tecnico va verso le scale che portano alla sala macchine, invasa da d da tre I soccorritori scendono nella stiva e in sala macchine. Li trovano gli altri cinque cadaveri. La probabile causa della morte: intossicazione dai fumi dell'incendio di olii minerali e combustibili mescolati all'anidride carbonica dell'impianto antincendio ggtere in mofó il .motore diesel di ,un fumo chiaro e denso. Vede tre emergenza pér'eVffefce che venga colleghi che scendono e cerca a mancare \<A&k: "'■—% invano % La nave rientra al porto di Genova, trainata da quattro rimorchiatori. diqu