Mubarak: perché il mio no

Mubarak: perché il mio no Mubarak: perché il mio no «Scatenerei la collera dell'Egitto E di Netanyahu non mi fido più» HALESSANDRIA 0 deciso di non andare a Washington per non suscitare la collera dell'opinione pubblica nel mio Paese, che si oppone al viaggio - afferma il presidente egiziano Hosni Mubarak -. Ho detto al presidente Bill Clinton che a mio avviso si doveva preparare il vertice per garantirne la riuscita, altrimenti sarà inutile. E ho detto al presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Yasser Arafat: "Va a Washington. Dì quello che ti pesa sul cuore. Non hai niente da perdere. Peggio di così non potrà andare». Per più di due ore Mubarak ha fatto il punto della situazione con il quotidiano «Maariv» in una drammatica intervista che sarà pubblicata per esteso venerdì. Quelli che seguono sono alcuni brani. I motivi che lo hanno indotto a restare in Egitto: «Lei non si immagina nemmeno quante telefonate mi sono arrivate quando si è saputo che forse sarei partito. Io non posso scontrarmi con l'opinione pubblica interna nel mio Paese. Ieri il premier Benyamin Netanyahu ha detto di aver deciso di tenere aperto il tunnel archeologico di Gerusalemme. Ciò crea grande emozione nel mondo musulmano. Ho parlato con Clinton e gli ho detto: "Bisognava garantire per tempo il successo del vertice". Spero tuttavia che ne esca qualcosa». «Ho dato al premier una, due, tre occasioni, contro il parere dei miei consiglieri» L'incontro Mubarak-Arafat. ((Arafat era qui un momento fa. Non voleva andare a Washington. Gli ho detto: "Perché non vuoi andare?". Mi ha risposto: "L'altro ieri abbiamo parlato fino alle tre del mattimo con Dorè Gold (un consigliere di Netanyahu, ndr) e non ne è venuto fuori niente... Senza di te non vado". Gli ho risposto: "Devi andare. Devi spiegare le tue posizioni". Mi ha replicato: "A Washington faranno pressioni su di me". Gli ho detto: "Ma come faranno pressione? Tu difendi il tuo popolo". Mi ci sono volute due ore e mezzo per convincerlo». Le prospettive nei Territori. «Se non avanzerete ^el processo di pace, la situazione diventerà molto pericolosa. Un nuovo tipo di Intifada è già iniziato. Temo quello che potrebbe succedere. I carboni sono l premier ue, tre , contro re dei siglieri» ancora ardenti. La prima cosa che Netanyahu deve fare è ristabilire la fiducia, realizzare gli accordi e iniziare il ritiro da Hebron. Altrimenti sarete considerati bugiardi e la violenza continuerà». Le ripercussioni degli eventi recenti sui rapporti fra Israele ed Egitto: «Tutto ciò è destinato a influenzare le relazioni. Mi sono incontrato con intellettuali egiziani e ho chiesto loro: "Perché non andate in Israele?". Mi hanno detto: "Non vogliamo andarci". Voi israeliani siete responsabili di questo cambiamento di clima». La leadership di Arafat. Mubarak: «Arafat teme di tornare da Washington a mani vuote. Sappiate che se gli succedesse qualcosa tutto sarebbe rivoluzionato. Arafat è l'unico leader palestinese in grado di prendere decisioni. Se gli accadesse qualcosa, sareste costretti a usare i carri armati contro i palestinesi. Avreste allora problemi con tutto il mondo arabo e musulmano». La «delusione Netanyahu»: «Non nascondo che dopo il nostro incontro di luglio i miei collaboratori mi hanno subito detto di non fidarsi di Netanyahu. Ma lui mi aveva promesso: "Mi darò da fare, mi darò da fare, firmerò un accordo di pace". Allora ho detto ai miei collaboratori: "Va tutto bene, dategli almeno un'occasione. Ha forse problemi con il suo governo, ma andrà avanti". Gli ho dato un'occasione, due, tre. Mi ha telefonato da Parigi. Gli ho detto: "Netanyahu, fa qualcosa. Ordina il ritiro da Hebron affinché la gente veda che stai facendo qualcosa". Lui non mi ha risposto ed è passato a parlare d'altro». Il suo colloquio di domenica con il capo dello Stato israeliano Ezer Weizman: «Mi ha chiamato, voleva che andassi a Washington. "Per fare che cosa? - gli ho detto - per discutere con gli israeliani?". Non voglio complicare le cose fra me e gli israeliani o gli americani. Gli ho chiesto di parlare con Netanyahu. Lui l'ha fatto, poi mi ha richiamato e aveva la voce grave. "Decidi tu stesso se andare o no", mi ha detto Weizman». Oded Granot Copyright «Maariv» e per l'Italia «La Stampa»