Pacini parla di treni e armi
Pacini parla di treni e armi Pacini parla di treni e armi Ma per ora non è un «pentito» Battaglia aperta tra Stella e Fiori «Non ho subito alcuna perquisizione, non ne so assolutamente nulla». E pure Augusta Iannini, la moglie del telegiornalista Bruno Vespa, è risentita per quelle voci su perquisizioni nel suo ufficio: «La notizia è completamente falsa». Augusta Iannini, lo si è saputo ieri, aveva chiesto già a maggio di essere trasferita dal suo ufficio. Ma a dispetto di puntualizzazioni e proteste, quelli del Gico portano avanti il lavoro con metodo e hanno sequestrato anche le carte processuali che riguardano le inchieste sull'alta velocità e che coinvolgono in qualche modo Ettore Torri, procuratore aggiunto di Roma. «Un lavoro di routine», viene definito. E nel «lavoro di routine» è compreso pure lo studio delle intercettazioni che, ormai è chiaro, sono il pilastro portante dell'intera indagine. E la pubblicazione di queste intercettazioni ha già provocato molti malumori, fra gli attori della commedia. Il chiar.mo professor Federico Stella, già difensore di Necci, ha fatto fuoco e fiamme per quanto letto e attribuito a Publio Fiori. E Fiori ha incaricato il legale Giuseppe Consolo di presentare denuncia per «il gravissimo comportamento dell'avvocato Stella secondo cui avrebbe affermato di aver subito da Fiori un tentativo di illecite pressioni». Ma Fiori è sicuro del fatto suo, e a muso duro ha risposto: «Tutto nasce da una mia interrogazione il 28 settembre 1995, con la quale chiedevo al governo chiarimenti su presunti fondi neri di società dell'Eni e in particolare su una parcella professionale di ben cinque miliardi versata dall'Eni all'avvocato Stella». Neppure dopo un incontro con Stella, sollecitato da Giulio Tremonti, a Fiori i conti tornarono: «Ero perplesso per la cifra versata da una società pubblica. E lo sono tuttora. Per ragioni a me ignote, Stella tenta, di alzare un gran polverone senza però aver dato esaurienti spiegazioni su quei miliardi». Oggi il gip Diana Brusacà decide sull'istanza di scarcerazione di Necci. E domani, David Monti, pm di Aosta, scenderà qui sul mare per ascoltarlo su tutta un'altra faccenda: Phoney Money. Certo che se Necci dovesse essere scarcerato, potrebbe anche non aspettarlo. Eppure l'inchiesta di Aosta sembra esser giunta a un nodo intricato. «Non posso dir niente. Mi dispiace, ma è un momento delicato per varie ragioni», ha ammesso il dottor Monti. Vedremo. LA SPEZIA DAL NOSTRO INVIATO A metà pomeriggio è cominciato l'interrogatorio più temuto, da difese e dintorni. Pierfrancesco Pacini Battaglia, «Chicchi», è arrivato a Palazzo di Giustizia da Villa Andreina, il carcere, accompagnato da sei agenti. Blazer blu, jeans, camicia scura. Ha fatto capire che, insomma, di certe cose si potrebbe anche parlare, ma forse non era il momento. Forse manca ancora il feeling, e dopo due smilze ore l'atto istruttorio è stato chiuso, con scarsa soddisfazione per accusatori e accusato. Ragioni di salute, è la spiegazione ufficiale. ((Abbiamo parlato di tutto e di niente», ha detto l'avvocato Sergio Zolezzi. Nell'ufficio, al quinto piano, per l'interrogatorio principe, erano in sette: l'imputato, i pm Cardino e Franz, il segretario, i difensori Lucibello, Tizzone e Zolezzi. Eppure, «Chicchi» è uno che se ne intende di certe cose, di maneggi e tangenti. Lui è uno che traffica in parecchi campi, abile, instancabile, e ogni tanto qualcuno si ricorda che in quel certo business lui c'era. I treni, ora, e poi i giudici con le toghe inzaccherate, le armi. Ma in precedenza pure i traffici della cooperazione, quelli su cui indagava la giornalista Ilaria Alpi quando venne assassinata in Somalia. Quell'inchiesta era stata nelle mani del sostituto procuratore Vittorio Paraggio, il quale era sembrato incuriosito da quel personaggio iperattivo, estroverso, mai piegato dai colpi bassi della vita. Ma quando, lui pure, come facevano quelli del pool milanese, aveva cercato di farsi spiegare qualche mistero, il postino aveva suonato due volte al suo ufficio e gli aveva consegnato una lettera firmata da Antonio Di Pietro. Il testo è stato pubblicato ieri dal «Foglio»: «Ribadisco che nei confronti del predetto Pacini Battaglia procede questo ufficio e che lo stesso sta rendendo ampia collaborazione, per cui sarebbero inopportune sovrapposizioni di indagini riguardanti la sua persona (e limitatamente allo stesso)». A chi gli ha chiesto un commento, ha risposto con un dostoevskiano «mi sento umiliato e offeso». No, non è un indagato. ((Abbiamo avanzato una semplice richiesta di esibizione di documenti», ha spiegato il pubblico ministero Franz. Ma in parecchi devono sentirsi se non proprio umiliati e offesi per lo meno imbarazzati. Così Giorgio Castellucci, pm romano sospeso nei mesi scorsi per opacità in certe vicende giudiziarie, ha precisato: Vincenzo Tessandori A sinistra Paolo Berlusconi e, qui accanto Tiziana Parenti
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