Regioni ecco i referendum di Antonella Rampino

Depositate ieri in Cassazione le richieste di sette Consigli Depositate ieri in Cassazione le richieste di sette Consigli Regioni, ecco i referendum Dodici quesiti per il federalismo trerebbe con l'opposizione della Bundesbank e con la rivolta monetaria dei suoi concittadini. La Germania è un'aquila a due teste. La prima (il Cancelliere) vuole che il decollo dell'unione monetaria coincida con le prossime elezioni tedesche. La seconda (la banca centrale) è pronta ad accettare l'Euro soltanto se la moneta europea darà le sresse garanzie di solidità e credibilità che il marco offre oggi ai tedeschi e ai mercati internazionali. La politica tedesca (e di conseguenza quella francese) è la somma di queste due esigenze complementari. Non possiamo modificare il calendario perché Kohl non lo vuole, non possiamo ottenere uno sconto sui criteri perché la Bundesbank, preoccupata dai nostri precedenti, non è disposta a concederlo. Sono queste le forche caudine attraverso le quali dobbiamo passare. Interrogarsi sui sentimenti dell'Europa verso l'Italia è un esercizio ozioso. Tutti, o quasi, vorrebbero che facessimo parte dell'unione monetaria perché nessuno può desiderare che un Paese economicamente e commercialmente importante abbia un piede dentro e un piede fuori, appartenga al mercato unico, ma non sia vincolato alla disciplina finanziaria dei suoi membri. Le dichiarazioni di Chirac agli industriali tessili del suo Paese rivelano questa preoccupazione. La Francia dice ad alta voce con franchezza e con un pizzico di gallica arroganza ciò che gli altri dicono con maggiore discrezione. Messi alle strette tutti i nostri partner ammettono che l'Italia fuori dall'Unione rappresenta un rischio. Ma nessuno, al tempo stesso, è disposto ad accettare che essa entri in Europa con il bagaglio delle sue ambiguità, riserve mentali e debolezze con¬ fiscale, ma anche per quel che riguarda la gestione della salute pubblica e delle attività produttive. Quali Regioni? Il Piemonte, la Lombardia, il Veneto, la Toscana, la Puglia, la Calabria, la Val d'Aosta. Tra loro si è stabilita una curiosa corsa a chi arriva prima: in assoluto il Piemonte, che ha approvato tutti e dodici i referendum, come il Veneto, la Calabria e la Lombardia, ma mettendoci meno tempo. Il Piemonte è stato il primo Consiglio a votare i referendum sui rapporti con la Comunità Europea e l'abolizione del ministero dell'Industria. La Lombardia tiene anzitutto all'abolizione dei controlli amministrativi dello Stato, all'eliminazione dei cosiddetti «concorsi unici» e del ministero della Sanità. Il promotore dei referendum Roberto Formigoni, però, non si è mai nascosto il significato politico di queste consultazioni. «Siamo riusciti a mettere in moto un processo di riforma dello Stato, ma anche a scompaginare la Lega e ad evidenziare un grosso scontro politico nell'Ulivo», ha dichiarato nei giorni scorsi. E ieri, a referendum ormai presentati, si sono scatenate le reazioni politiche. Ironico Fabio Mussi del pds: «I dodici referendum del Polo, più i venti di Pannella, fanno 32 referendum: un incubo». Preoccupato Gerardo Bianco dei popolari: «Tra i primi atti di questa legislatura c'è l'istituzione di una Commissione bicamerale per le riforme, comprese quelle per le autonomie e il federalismo: questi referendum sono un immotivato atto di sfiducia nei confronti del Parlamento». E ha anch'egli sottolineato «l'uso distorto dello strumento referendario». Da una parte Giorgio Rebuffa di Forza Italia che li giudica «un importante banco di prova per manifestare volontà politica: è dai referendum che nasce la nuova Costituzione di cui il Paese ha bisogno». Dall'altra Piero Folena, dell'esecutivo del pds, secondo il quale, a sorpresa, «i referendum si integrano con l'azione già avviata dal governo». Più o meno la stessa posizione del presidente della Regione Toscana, Vannino Chiti, che ieri, per la prima volta, ha permesso che il Comune di Li- ROMA. Dodici richieste di referendum, tutti di ispirazione federalista, sono state depositate ieri in Cassazione perché ne esamini la legittimità. Dodici referendum già approvati dai Consigli di svariate regioni italiane, dal Piemonte del forzista Enzo Ghigo alla Toscana «rossa» di Vannino Chiti. Dodici referendum ideati e promossi dal presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, e che anche per questo rischiano di lasciare nelle mani del Polo la bandiera del federalismo. Si va dal riproporre l'abrogazione dei ministeri del Turismo e spettacolo e di quello dell'Agricoltura, disattesi dalle istituzioni dopo la consultazione del 1993, all'eliminazione del controllo dello Stato suhe Regioni in diversi settori, dai rapporti internazionali alle verifiche amministrative. Un modo per iniettare una vera deregulation nelle istituzioni locali, e per arrivare al federalismo reale. Le Regioni chiedono di poter indire autonomamente i concorsi per assumere personale, di non dover rispondere allo Stato dei loro atti amministrativi, di attuare le direttive della Comunità Europea senza aspettare leggi italiane. Non vogliono più i segretari comunali e provinciali. E, soprattutto, chiedono l'abolizione del ministero della Sanità: un referendum, questo, già presentato e respinto dalla Consulta perché incostituzionale, nel 1993. Stessa sorte dovrebbe toccare anche al ministero dell'Industria: il referendum che lo riguardava fu respinto, tre anni fa, perché la sua formulazione scritta non era corretta. Insomma le Regioni mandano a dire allo Stato che desiderano decidere autonomamente in materia non solo amministrativa e vorno possa approvare il proprio piano regolatore senza dover passare per il controllo tecnico-amministrativo uella Regione. E la Lega? La forza politica che aveva lanciato il sasso del federalismo nello stagno della politica italiana per ora tace. Di più: in Consiglio, alla Regione Piemonte, la Lega si è detta contraria. E non ha partecipato al voto. Antonella Rampino Il ministro al