VOLA, BATMAN di Stefano Bartezzaghi

VOLA, BATMAN VOLA, BATMAN UUomo Pipistrello, il giustiziere della notte a cui si affiancherà Robin, il Ragazzo Meraviglia Nella vita privata il Vendicatore aveva uno stuolo di ragazze quasi a scongiurare la soggezione al fascino di una unica persona NIZIALMENTE, la National Periodical Publications si limitava alla ristampa delle strip apparse a Natale e sui quotidiani, ma nel 1937 varò una collana destinata a presentare per la prima volta materiale nuovo, scritto e disegnato appositamente. La collana si chiamava Detective Comics, ed ebbe subito un gran successo tanto da imporre la sigla De a tutto il resto dell'attività del gruppo e da sollecitare la creazione di una seconda collana. C'era già pronto il titolo Action Comics, ma, al momento, mancava l'eroe in grado di subissare la concorrenza. Così, per mancanza di un personaggio sicuro, qualcuno suggerì di provare a sfidare la sorte, concedendo una possibilità a una storia che tutti i syndicate avevano respinto. La storia riguardava un eroe extraterrestre dotato di qualità superumane finito per caso sulla Terra. Era bello, buono, invincibile o pressappoco, poiché come il leggendario Achille delle beghe tra greci e troiani un punto debole lo aveva anche lui e questo, in un certo senso, aumentava il suo indice di consenso. Superman non te¬ neva affatto a farsi pubblicità con le sue gesta. Altro punto a suo favore, le sue straordinarie opere di bene, le compiva in costume, e solo quando c'era estrema urgenza, ma per gran parte della sua vita appariva il più qualunque degli uomini, il reporter occhialuto e timido, timoroso si sarebbe detto di tutti e tutto, Clark Kent, maltrattato da superiori e anche da colleghi ignari delle sue virtù. In pratica, non si capisce perché mai la strip di Superman avesse dovuto penar tanto prima di essere accettato. Dopotutto gli autori, Jerome Siegel per i testi e Joe Shuster per i disegni avevano già collaborato a Detective Comics, erano gente di casa. Ma i bestseller sbocciano sempre misteriosamente nell'incomprensione generale e non" vengono capiti per tutta la loro durata. A ogni modo Superman uscì nel primo numero ài Action Comics, e lo fece andare a ruba anche se in quell'estate del 1938 i suoi superpoteri erano ancora piuttosto limitati, infatti il supereroe si concedeva solo dei balzi di duecento metri, sollevamenti di automobili di qualsiasi cilindrata e stazza e vittoriose gare di velocità con treni rapidi. I superpoteri sarebbero stati accresciuti per reggere la concorrenza con i successivi emuli. Emuli? Plagiari, copioni in calzamaglia. A proposito di calzamaglia, quella di Superman era blu con mantello rosso, palese ricalco del costume dei forzuti del circo equestre. E' un particolare che ha tenuto abbastanza lontano da Superman le accuse di omosessualità latente rivolte dai soliti malpensanti ad altri supereroi. In prima fila a Batman, l'Uomo Pipistrello, ed a Robin, il Ragazzo Meraviglia. Agli inizi, però, la coppia non esisteva. The Batman, come si chiamava accentuando con quell'«il» il mistero della sua differenza di creatura solo notturna, tanto per cominciare indossava una calzamaglia diversa di colore viola cupo con un cappuccio e un mantello rievocando l'immagine delle ah del pipistrello, capi di vestiario tutti di colore oscuro, dovendo come creatura notturna confondersi nel buio per compiere la propria missione di persecutore di malfattori. Nella costruzione di Batman, dal 1939 rivale in casa O.G. di Superman, Robert (Bob) Rane, il disegnatore, s'impose nettamente al primo sceneggiatore Bill Finger che venne misconosciuto come tanti altri che lo seguirono da Jerry Robinson a George Roussos, da Mort Meskin, a Jim Mooney eccetera. Bob Kane che, al contrario dei poveri Jerome Siegel e Joe Shuster presto esautorati, riuscì a mantenere il controllo della sua creatura dal 1939 al 1968, dichiarò sempre le fonti che lo avevano ispirato: Douglas Fairbanks senior nelle acrobazie del primo Zorro cinematografico, ma anche il mantello e il cappello a cencio per scivolar nella notte di The Shaàow, altro giustiziere notturno, nato nel 1930 come voce radiofonica che presentava storie poliziesche, cresciuto in una serie di racconti a firma Maxwell Grant apparsi su Detective Story e poi in Shadow Magazine e alla fine degli Anni Trenta diventato fumetto. Ma soprattutto, Bob Kane citava l'impressione che gli aveva fatto il costume del cattivo in versione cinematografica del 1926 di The Bat di Mary Roberts Rinehart. Quel costume nato per incutere paura aveva colto nel segno con lui. Aveva marchiato per sempre il ragazzo Bob Kane. Gli esordi di Batman furono intonati con il suo abbigliamento: spietati. Alla violenza criminale l'Uomo Pipistrello rispondeva con violenza raddoppiata. Ammazzava e straziava con un ardore quasi religioso, sparava a volontà proiettili mortali e altrettanti micidiali colpi di lotta giapponese. Non era sfiorato neppure da un minimo di pietà, anzi pareva godere la voluttà di incutere terrore alla vittima, di costringerla a soffrire in anticipo l'esecuzione con l'immaginazione una prima volta e una seconda volta con il corpo. Certo, aveva i suoi bravi motivi. Agiva infatti, da giustiziere notturno in seguito a un dramma familiare e personale: i genitori gli erano stati strappati, quando era ancora un ragazzo, da un furfante balordo che li aveva ammazzati senza una ragione. Gli stessi motivi di altri personaggi di quei tumultuosi Anni Trenta. La vendetta come professione sociale. Quale risvolto, e tutto questo dette tanto di più da pensare, la personalità scelta da Batman per la vita privata, quella del miliardario play boy Bruce Wayne, non si vedeva quasi mai con una sola ragazza fissa, ma uno stuolo di ragazze quasi a scongiurare la relazione continuata, la soggezione al fascino di una unica persona. Julie Madison era durata per un certo periodo, poi c'erano state Linda Page, ragazza dal bel mondo, ma infermiera volontaria, la fotoreporter Vicki Vale e la petulante e fanatica Batwoman, già star di circo equestre, e animosa rivale della fotoreporter, ma tutt'e due scomparvero bruscamente. E così la durata dei rapporti con Robin, ovvero il giovane atleta circense Dick Grayson dalla Batman e Robin nel fumetto di Bob Kane In alto a destra Michael Keaton (Batman sullo schermo) insieme a Kim Basinger; e a sinistra Jack Nicholson— interprete del cattivo Joker primavera del 1940 all'inverno 1960, quando l'orfano adottato dopo l'uccisione di tutti e due i genitori per essersi ribellati a un racket lasciò l'amico e padre adottivo per andare a studiare all'università e per sopravvivere in una strip tutta sua prima in Detective, poi in Batman. «A questo punto vorrei spezzare una lancia per rintuzzare una delle più assurde accuse che siano mai state mosse ai nostri eroi», afferma nella prefazione dell'antologia Batman dagli anni 30 agli anni 70 pubblicata anche in Italia dalla Milano Libri nel 1973, E. Nelsen Bridwall, editor e autore del testo delle strip quotidiane dell'Uomo Pipistrello. «Uno psichiatra decise un giorno che quando un uomo e un ragazzo vivono insieme, non c'è da pensare nulla di bene delle loro tendenze sessuali. Purtroppo, l'idea fu accettata con slancio da molti, specialmente dai più interessati, e oggi quando un commediografo chiama Bruce uno dei suoi personaggi, potete quasi scommettere che si tratta di uno del gay set. Ma nulla potrebbe essere più lontano dalla verità...». Ma è una difesa quasi più goffa dell'accusa. Batman, a volte, specie agli inizi è trucido, ma è sempre pervaso da un bisogno d'ironia. Batman prende in.giro anche il male in generale e in particolare. E dei suoi principali nemici ci prospetta ritratti traboccanti cattiveria, ma anche ridicolo. Il Jolly, probabilmente il peggiore tra tutti i cattivi, è una perfetta combinazione di buffoneria clownesca e di malvagità. Il massimo. Ma anche il Pùiguino non scherza e neppure scherza la Donna Gatto e neppure scherzano Tweedledun e Tweedledee, Punch e Judy e Due Facce, l'Enigmista eccetera. L'agonia dei fumetti di grande successo è atroce perché troppo prolungata. Se avessero voce in capitolo invocherebbero l'eutanasia. Invece, a metà degli Anni Ottanta, la De ricorse a Frank Miller, innocuo terribilista, disegnatore di assoluto pessimismo accademico, dandogli carta bianca per la resurrezione di Batman. Resurrezione è una parola inesatta. Si è trattato, come l'omonimo e contemporaneo film di Tim Burton ex cartoonist della Walt Disney, non di un ritorno indietro ai veri peccati di Gotham City ma di una operazione estetica in cui l'Uomo Pipistrello si è trovato effettivamente a disagio. Oreste del Buono ✓v ITRADE. AL' quattro v% no via Creil intelligen»J I fratellanz ldctfaSqCC ENTRA A GRADARA CI TROVI UN RADAR Scrivete a: Stefano Bartezzaghi «La posta in gioco» La Stampa - Tuttolibri via Marenco 32 10126 Torino ✓v ITRADE. A Milano ci sono L' quattro vie che si chiama% no via Crespi: è una mossa il intelligente, favorisce la »J I fratellanza fra i taxisti e i loro clienti. Le quattro vie sono dedicate ad altrettante persone, certo tutte meritevoli; ma consultando lo stradario si ricava l'effetto che basta chiamarsi Crespi e a Milano vi intitolano una via. Stando così le cose, mi sembra quasi strano non trovare famiglie Crespi abitanti in una delle vie Crespi, ma è un caso che potrebbe certo succedere, magari è già successo (la confusione fra vie e cognomi, uguali, Perego e Carcano, porta al suicidio un bibliotecario nell'Adalgisa di Gadda). A Gradara, città dove ho scoperto di essere un «personaggio ludico», ho visto una scena chef sognavo da tempo (i protagonisti mi scuseranno se la racconto pubblicamente). Un famoso.semiologo, che è stato anche direttore dell'istituto di cultura italia¬ na a Parigi, va da Francesco Guccini e gli dice: «Piacere, mi chiamo Paolo Fabbri». Se l'episodio vi lascia freddi, significa che non sapete che Guccini abita a Bologna, in via Paolo Fabbri 43, e dunque che non conoscete il disco di Guccini che così si intitola. Fatti vostri. Ma tutti gli altri sanno bene che è come se Major avesse conosciuto il signor Downing, o Prodi il signor Chigi. Anni fa ho letto che Herbert von Karajan (da vivo) abitava in via Herbert von Karajan, e che l'Herbert della via era lui stesso: gliel'avevano dedicata in anticipo. Il Paolo Fabbri di via Paolo Fabbri, invece, non è certo il semiologo, e l'omonimia è favorita dalla frequenza del cognome, un po' come con i Perego e i Carcano (e i Crespi) a Milano. Il Paolo Fabbri semiologo, qualche anno fa, è intervenuto a un convegno enigmistico. Era un convegno che parlava di omonimia. Guccini non partecipava. ANTIPODI. A Gradara ho scoper¬ to un'altra cosa, una cosa che riguarda gli «antipodi». Gli «antipodi» sarebbero una leggendaria popolazione (se l'è inventata Platone) che ha una sola gamba, e la tiene sollevata per ripararsi dal sole. Di qui, i modi di dire sugli «antipodi» (plurale di «antipode». Ma di qui viene anche il gioco enigmistico degli «antipodi» (plurale di «antipodo»). Si prende una parola: banana. Si manda la lettera iniziale in fondo: ananaB. Si legge al contrario, e si ritrova la parola di partenza: Banana. Seguendo questa ricetta, si ottiene l'«antipodo palindromo diretto». Se invece dell'iniziale in fondo si manda la finale all'inizio (non è la stessa cosa) si ottiene 1'«antipodo palindromo inverso»: con banana non funziona più, funziona con ananas (da cui Sanana e, capovolgendo, ananas). Ora vorrei fare il caso dello stato Ubero di BananaS: è un antipodo che funziona se si manda l'iniziale in fondo e la finale all'inizio. A suo V. ZUCCONIGLI SPIRITI NON PJMeNTKANO T - •- ® LA VIGNETTA DI MARAMOTTI tempo avevo chiamato questo gioco «antipodo palindromo reciproco». Gradara è un antipodo palindromo reciproco: la G e la A si scambiano di posizione, e leggendo a ritroso si ritrova la città (G-radar-A). Il gioco funziona perché dentro a Gradara c'è un radar. A Gradara c'erano delle telecamere mandate da Raidue, il direttore di Raidue si chiama Freccerò, ed ecco che anche Freccerò è un antipodo reciproco (Freccer-O). ACROSTICI. A Gradara c'era una pubblica gara di acrostici, e mentre l'antipodo lo spiego tutte le volte che ne parlo, l'acrostico direi che si potrebbe darlo per noto. Diciamo, unione delle letter iniziali. Diciamo, SpA: Società per Azioni. Un acrostico fatale l'ho visto in televisione, qualche domenica fa. Era la prima giornata del campionato di calcio, e dalle riprese si è visto che per l'ennesima volta è cambiata la grafica. Sapete, al telegiornale invocano «l'aiuto della grafica», regalando con ciò un frisson a tutti coloro che conoscono il gioco della zeppa di consonante. La frase intende solo dire che c'è un cartellone con una freccia che va in su se la Borsa ha guadagnato, e in giù se ha perso. Durante le partite, ora, la «grafica» consiste in un'indicazione in alto, a sinistra, che dice il risultato parziale. Non ci sono i nomi per esteso, ma solo le prime tre lettere di ogni squadra: così MLL-INT vuol dire «Milan-Inter» SAM-BOL è «Sampdoria-Bologna». Subito, alla prima giornata la squadra di Bergamo (Atalanta: ATA) ha incontrato la squadra di Cagliari: CAG): l'Atalanta non giocava in casa, e quindi le sue tre lettere venivao dopo quelle del Cagliari. La sigla che si poteva leggere, a tutte lettere, apertis verbis, non era «MILINT», non era «SAMBOL» e non era neanche molto telegenica. Stefano Bartezzaghi