LA BERBEROVA DA' FELICITA'

LABERBEROVA DA' FELICITA' LABERBEROVA DA' FELICITA' E gareggia con la Cvetaeva A bibliografia di Nina Berberova si è arricchita di due titoli: Adelphi ha pubblicato La sovrana e Guanda Le signore di Pietroburgo, un volumetto che l'editore dice composto di due petits romans (si tratta in realtà di due normalissimi racconti). In meno di dieci anni, da quando cioè nel 1987 Feltrinelli pubblicò L'accompagnatrice, la somma delle opere della scrittrice russa tradotte in italiano sale a sedici titoli. I primi fecero scalpore: la solita mistura, non si capiva se prevaleva l'entusiasmo per la qualità letteraria o se ciò che contava era la nuova pezza d'appoggio per così dire politica (la Russia bianca, l'emigrazione, l'enormità del processo revisionista: una specie di grande, voracissima balena la cui fame non avrà mai fine). Ad ogni modo, fino a poco tempo fa (ora non più, c'è già sazietà) ogni riga della Berberova veniva accolta come un nuovo vangelo. Ma, ripeto, il motivo era oscuro. A tutt'oggi il lettore ita- LA SOVRANA Nina Berberova Adelphi pp. 134, LI4.00 LE SIGNORE DI PIETROBURGO Nina Berberova Guanda pp.96, L. 14.000 Nina Berberova Adelphi pp. 134, LI4.00 LE SIGNORE DI pp.96, L. 14.000 liano non dispone della possibilità di orientarsi, in quella selva di sedici titoli, in un modo vagamente critico. A cominciare dalle date di composizione dei testi: quando furono scritti? In alcuni la data compare in calce; per la maggior parte, buio completo. Questo è ciò che sono riuscito a ricostruire (utilizzando ritagli di giornale e l'autobiografia II corsivo è mio). I primi racconti sono contenuti in Le feste di Billancourt (1929-34). Seguono: La sovrana (1932); Il ragazzo di vetro, una biografia di Ciaikovskij del 1936; Roquenval, presumibilmente dello stesso anno; Il lacchè e laputtana del 1937; quindi Alleviare la sorte e L'accompagnatrice, entrambi (forse) del 1938, ma pubblicati in volume dieci anni dopo; in quello stesso volume c'era La resurrezione di Mozart che però è del 1940, e del 1941 o 1942 è II pianto. Nel 1949 la Berberova seguì come cronista le' vicende giudiziarie raccolte nel Caso Kravceriko (1989). Seguono nel 1958 II giunco mormorante e quel testo deliberatamente orwelliano che è II racconto delle nove città; nel 1959 II male nero. L'anno dopo la Berberova cominciò a scrivere II corsivo è mio, finito nel 1966; del decennio successivo, infine, è Storia della baronessa Budberg (1978-80). Restano per me indatabili Le signore di Pietroburgo che ho appena ricordato, e un testo pubblicato postumo, Felicità (indatabile, del resto, per definizione): che è il libro, tradotto da Guanda nel 1995, a causa del quale scrivo questa nota. Prima di leggere Felicità per me la Berberova era ima scrittrice dignitosa, a volte qualcosa di più: ma non usciva dal cerchio magico da lei stessa definito: Turgenev, Cechov, Bunin, Zoscenko. Aggiungerei il Gogol di Le veglie alla fattoria di Dikanka: in questo testo c'è un nucleo tematico fortissimo, quello della comunità, lo spirito di una comunità in quanto, per scelta o per forza, contrapposta alla società do- Nina Berbe Nina Berberova va minante. (Lo ritroveremo, in fonne diverse, in altri scrittori novecenteschi sradicati, esiliati, umiliati: la microcomunità familiare di Celine nella «Trilogia del Nord», la comunità israelitica di Singer in Polonia o negli Stati Uniti, la comunità italiana di John Fante a Los Angeles, 10 stesso Nabokov, da II dono a Pnin). Con Felicità cambia la prospettiva: perché a mettere in prospettiva 11 resto è proprio l'incompiuto romanzo della Berberova. Qui siamo, oserei dire, in un altro regime letterario. Tutto ciò che era stato letto prima mostrava una linea continua, orizzontale o vallonata; Felicità ha una struttura e una forza che possiamo definire verticali. Felicità spacca tutto, non si arresta di fronte a niente, si arresta solo di fronte all'impossibilità d'una perfezione che è precisamente la posta in gioco: la perfezione della letteratura ma, anche, la perfezione della vita: d'una vita buona (non d'una vita migliore). Su questo piano (è quello che mi preme dire) la Berberova gareggia, in prosa, con la Cvetaeva: là dove la Cvetaeva spesso, sia in prosa che in poesia, risulta ridondante o, almeno rispetto al suo tema, tautologica. Il tema è, lo ripeto, quello della perfezione o, altrimenti detto, della felicità, cioè, nei termini delle due scrittrici russe, dell'ebbrezza. Alla fine, la vita e l'opera di Marina Cvetaeva dimostrano ciò che già sapevamo: che l'ebbrezza svuota e uccide. La Berberova compie il miracolo: perché ciò che nella Cvetaeva è religioso in lei è laico, una possibilità tra le altre. Nella Berberova, nel suo Felicità, l'ebbrezza, poiché non pretende di definirsi in quanto tale, poiché non si compie mai, poiché resta incompiuta, nonpubblicata, l'ebbrezza, cioè la felicità, ottiene ciò che non si ottiene mai: di durare, nella vita e oltre la vita. Franco Cordelli

Luoghi citati: Los Angeles, Pietroburgo, Pnin, Polonia, Stati Uniti