«La Spezia? lo sono a messa»

I magistrati smentiscono l'indiscrezione pubblicata su due quotidiani I magistrati smentiscono l'indiscrezione pubblicata su due quotidiani «la Spezia? lo/ sono a messa» Prodi da Bologna: attenti a certe notizie =1 Preferibile la piscina all'idromassaggio... identica a molte altre: pranzo in casa con la moglie Flavia, poi un impegno «fuori porta», a Pisa. E queste sono ore forse decisive per l'inchiesta. Il sabato è stato caratterizzato dalla visita a La Spezia di tre magistrati del pool milanese. Pomeriggio di discussione «serena, senza tensioni», ha assicurato Franz, e cena a Portovenere nella villa frontemare dei suoceri del pm di La Spezia. «Bisogna staccare, a un dato momento, e abbiamo chiacchierato. S'è fatto per mangiare qualcosa assieme, non una cosa organizzata e non c'era molto da mangiare». Cena ligure, piatto forte: torte di verdura, bianco secco delle Cinque Terre. Ieri, domenica di «studio». L'inchiesta è divisa in tre, naturalmente, e secondo l'impostazione dell'accusa Pacini Battaglia ne è il massimo corami denominatore. Il capitolo sulle opacità degli uomini delle ferrovie forse rimane il pilastro più solido e proprio ieri la difesa di Lorenzo Necci, ex-amministratore delegato delle FFSS, è tornata in parità numerica: via il professor Stella che, dicono, abbia abbandonato senza neppure voltarsi indietro, è arrivato Alfonso Stile, docente di diritto penale alla Sapienza di Roma. Affianca Paola Balducci, Massimo Dinoia e Paolo Masseglia. Sulla sua scrivania sono appena arrivate le carte: «Sto studiando gli atti che sono a disposizione dei difensori, e nei prossimi giorni mi recherò a colloquio sia con i pubblici ministeri di La Spezia, sia con il mio cliente». E' un ottimista, comunque, il professore e aggiunge: I ! to che cosa sta succedendo, perché non ne so assolutamente niente. Ascoltato da noi? Ma assolutamente! Nessuno ci ha contattato in tal senso e noi, francamente, non abbiamo allo stato attuale progetti... insomma, nel nostro calendario non c'è questa cosa: è infondata». E in mattinata, dal sagrato della chiesa di San Bartolomeo, a Bologna, «il professore» commenta: «Sono qui a messa e da questo fatto si può controllare la veridicità delle notizie che hanno sparso in questi giorni». Sereno con se stesso e con il mondo, dunque. E la sua domenica è stata l'ex procuratore capo: cercate altrove gli agganci dei faccendieri «Posso dire che tra i documenti che ho esaminato, la posizione di Necci non mi sembra difficile». Chiara la linea che intende seguire: «Il reato di peculato per distrazione contestato in rapporto a fatti di corruzione che a loro volta avrebbero portato a una truffa aggravata, è una anomalia giuridica». Sarebbe? «O si contesta il peculato o in alternativa la truffa». Sì, «ottimista» pure sulle probabilità che si aprano per Necci i cancelli di Villa Andremo. Oltre alla richiesta davanti al tribunale del riesame c'è la seconda presentata al gip. «La precedente era stata respinta anche perché Necci non si era ancora dimesso dalla carica e secondo il giudice vi era il rischio di reiterazione del reato. Con le dimissioni presentate in questi giorni questo eventuale pericolo non esiste più». Per Necci i prossimi saranno giorni intensi. Oltre alla battaglia per far spalancare le porte della galera e all'altra per convincere i magistrati che, sì, l'accusa è pesante, ma insomma, tutto, forse, si può spiegare, è atteso quanto prima da Max Monti, sostituto procuratore di Aosta per «Phoney Money» altra megainchiesta che rischia di travolgere bei nomi e carriere brillanti. «Piove sul bagnato, come si dice», commenta l'avvocato Balducci. «Sì, questa vicenda di Aosta è una cosa veramente accidentale, occasionale, banale, se vogliamo. Solamente che capita in una data vicinissima a questo fatto qui di La Spezia... ». Proprio così: lex, dura lex, sed lex. Vincenzo Tessandori L'ex procuratore della Repubblica di Roma Michele Coirò questo clima di sospetto generalizzato. Si aprano le porte, si scavi più a fondo nel presente e nel passato. E poi si rendano pubblici i risultati. E' l'unico modo per salvaguardare il lavoro di gran parte dei miei colleghi e di rispondere all'ondata leghista che pervade la magistratura del Nord contro "Roma ladrona"». Un'accusa precisa. E una forte convinzione: «Non credo che una, due, tre mele marce possano rappresentare i quattrocento giudici romani o i duecento togati che si occupano del penale», [r. r.] IL PA un mesto congedo dalla politica, quello di Cesare Previti, per quanto immerso in un tiepido sfrigolìo di bollicine: «Sono stanco ha spiegato a Capital di sentir scambiare una vasca di idromassaggio per una piscina». Tradotto (e interpretato): sono stanco che mi attribuiscano quel che non possiedo (e che non ho fatto). Ma l'immagine scelta ha una tale forza espressiva e una così acuta risonanza da suscitare la tentazione di un approfondimento letterale e non solo, sull'idromassaggio, e la sua vulnerabilità. E dunque, per la precisione: una piscina previtiana esiste, lunga diciotto metri, a picco sul mare dell'Argentario, impreziosita da scogli autentici e pure riscaldata («A heated eighteen metre swimming-pool...»), come si apprende in pubblicazioni perfino bilingui. Ma è probabile che Previti si riferisse a un'altra cisterna, perigliosamente ricavata nelle cantine della sua casa romana e spacciata appunto per piscina da chi gli vuol male. Ecco, fa sapere oggi, si tratta solo di una Jacuzzona. Ma è proprio qui l'ingenuità, l'errore, il danno. Perché l'idromassaggio, nella vita pubblica, non si perdona mica tanto facilmente, l'idromassaggio è più peccaminoso della piscina. Ci sono addirittura precedenti, al riguardo, come dimostra la storia di Lamberto Dini che da direttore generale di Bankitalia, poi da ministro e quindi da presidente del Consiglio dovette rispondere più e più volte che non era una piscina, quella sul tetto del suo palazzo, ma «una vasca terapeutica per idromassaggi del volume complessivo di circa tredici metri cubi». E vai con la relazione tecnica per il pm, il decreto del Gip, gli accertamenti della Soprintendenza. Niente, tutto regolare, ma tutti lì a farsi i conti: se l'acqua è profonda un metro, la vasca misura 4 per 3,2; se invece è di due metri, allora si tratta di 3 per 2,1 metri di brividi... Insomma, prima o poi pasI sera, ma intanto l'ebbrezza Il difensore Taormina LAZZO frizzante dell'idromassaggio seguita ad accendere la fantasia, e con la fantasia forse anche l'invidia sociale di chi non ce l'ha. E confusamente vi trova la conferma del lusso esotico e addirittura aggressivo del potere. C'è solo da stupirsi che non si sia ancora materializzata nei dintorni di Chicchi Pacini Battaglia, una qualche Jacuzzi. E' probabile, anzi, che prima o poi arrivi anche da quelle parti. Non c'è scandalo, d'altronde, che non se ne tiri appresso qualcuna con il dovuto carico di riprovazione. 0 almeno: c'è sempre chi la nota, tra i confort degli «scellerati», nell'albergo sabino dei servizi segreti, a, Borgo Paraelios, come a Borgo Molara, in Sicilia, nella villa del latitante Brusca. Non una, ma due vasche calamitarono poi l'attenzione del pubblico sull'appartamento Inps del sindacalista D'Antoni, subito costretto a dare mortificanti spiegazioni su quel piacere proibito. Mentre di un altro più recente beniamino delle cronache, il guru craxiano della comunità Samam Cardella, additato per un fastoso impianto d'idromassaggio. Fatto per giunta installare - vedi un po' come talvolta scherzano i simboli - sotto un ulivo. Soltanto Giulio Andreotti, cui la Jacuzzi fu donata per il settantesimo compleanno, riuscì ad allontanare da sé la voluttà vibrante dell'apparecchiatura. Raccontano infatti i biografi che l'inaugurazione fu una specie di attentato, la stanza da bagno del tutto invasa dalle bollicine come in un film del terrore. Si consoli, dunque, l'onorevole Previti: era molto, ma molto meglio la piscina elli Bili | Filippo Ceccarelli Bili Due ore da Ronfigli