Cerciello «Da Chicchi soldi alla suocera» di Vincenzo TessandoriFrancesco Grignetti

Cerciello Cerciello «Da Chicchi soldi alla suocera» ROMA. Chicchi Pacini Battaglia, banchiere dal cuore d'oro, prestava soldi anche alla suocere* del generale Giuseppe Cerciello, ufficiale delle Fiamme Gialle, prima sugli altari di Mani Pulite, poi nella polvere. Le indagini del Pool di Milano sui conti correnti dei generalo, estese anche ai famigliari, avevano evidenziato l'acquisto di una villa in Sardegna da parte della signora Caricato, mamma della ex moglie del generale. Tangenti? «No, piuttosto prestiti», aveva detto la difesa, nella persona dell'avvocato Carlo Taormina. Solo che la banca si chiama Chicchi Pacini Battaglia. Fu lui a prestare quei famosi centosettantasette milioni. Correva il settembre del 1990. Di questa villa della suocera di Cerciello se n'è parlato sui giornali e nell'aula del tribunale di Brescia. I magistrati avevano il sospetto di aver scoperto l'occultamento di impreviste ricchezze. La signora Caricato aveva spiegato di aver comprato la villa con i soldi che le venivano dalla vendita di un altro immobile. 0 meglio, si era fatta anticipare un certo numero di milioni per comprare la villa da un suo «conoscente», tale ragioniere Gianfranco Giovannetti. Aveva poi restituito la somma con calma, nel 1993, potendo vendere al meglio l'immobile di partenza. Il ragioniere Giovannetti, però, nel frattempo è deceduto e non si poteva interrogarlo. Di lui non si sapeva quasi niente. Non ne sapeva niente neanche lo studio Taormina. Anzi, i suoi assistenti, per difendere Cerciello da una accusa che poteva trasformarsi nella prova definitiva di una corruzione, avevano girato come trottole per le banche di mezza Italia. Alla fine avevano ricostruito il flusso degli assegni: da un ingegnere cagliaritano (acquirente dell'immobile) alla signora Caricato, che poi li aveva girati a Giovannetti (per restituire il prestito). E cosi l'avvocato Taormina riteneva di aver chiuso il cerchio, anche se naturalmente non erano mancati? le ironie di chi vedeva confluire tutto sul groppone di un morto. «Non poteva mancare la solita irrisione all'attività della difesa», commenta amaramente Taormina. Invece c'è spazio per una sorpresa. Gianfranco Giovannetti, infatti, era il factotum di Chicchi Pacini Battaglia. Era lui a maneggiare materialmente il denaro del banchiere. «Nessuno di noi lo sapeva - dice Carlo Taormina - e non saremmo stati certo così fessi da tirare fuori quel nome, proprio noi, con tanto di controindagini patrimoniali, se il generale avesse avuto qualcosa eia nascondere». Chi fosse realmente Gianfranco Giovannetti, l'avvocato Taormina l'ha scoperto in questi giorni. Da quando è scoppiata la Tangentopoli 2, infatti, è tutto un fiorire di articoli e ricostruzioni su Pacini Battaglia e il suo entourage. Ma Taormina è anche il legale del giudici; Pietro Federico, procuratore presso la pretura di Grosseto, attualmente indagato a Bologna e a La Spezia. Seguendo quelle indagini, Taormina è incappato nel nome di Giovannetti. Un incontro non proprio fortuito, visto che Pacini Battaglia aveva fatto un prestito anche al procuratore Federico. E Giovanetti era la persona che operativamente aveva preso contatto con il giudice. Ma la scoperta di questo contatto tra la suocera di Cerciello e Pacini, se pure smonta l'accusa di avere occultato ricchezze illecite, non è la prova che i due avevano rapporti? E non smentisce l'affermazione del generale che mai - dice - ha conosciuto il banchiere? Risponde l'avvocato Taormina: «Nessuno di noi avrebbe tirato fuori questa documentazione, se avessimo saputo che era il segretario particolare di Pacini». Per la difesa di Cerciello il punto di una pretesa conoscenza tra il generale e il banchiere è delicatissimo. Cerciello ha piuitato molto su un documento della procura, che risale più o meno alla fine del 1992, in cui la perquisizione allo studio di Pacini Battaglia viene ordinata alla Guardia di Finanza. Ma si prescrive espressamente che sia condotta da un certo colonello Magistro e non dal generale Cerciello. «Cerciello non ha mai conosciuto Pacini Battaglia. Non si è mai interessato alla sua posizione. La perquisizione non l'ha condotta lui». bocca». «Chicchi» aspetta paziente nella sua cella e domani il cardiologo Emilio Gatto, di Genova, stabilirà se può rimanere in carcere. Un po' tutti protestano perché le intercettazioni vengono puntualmente rese pubbliche. Italo Ormanni, procuratore aggiunto di Roma, si è rivolta al Csm per ottenere tutela su quanto detto fra l'inesauribile Pacini Battaglia e l'avvocato Giandomenico Caiazza. E' prevedibile che l'inchiesta vada avanti a lungo. Poi deciderà il Csm. non s'impegna nella difesa». Urgono ima visita medica, ha sottolineato il legale, e gli arresti domiciliari. E Nadia Alecci, difensore di Antonio Sernia, ex consigliere dell'Eni indagato e perquisito la scorsa settimana, è piombata a palazzo per sollecitare un interrogatorio: ma i tempi di accusa e difesa non coincidono. E un altro avvocato è sceso a palazzo quasi a voler assaporare il gusto del successo. Giuseppe Lucibello, patrono di Pacini Battaglia, che venerdì ha ottenuto dal gip conferma che può continuare nella difesa, ora assicura di essersi «cucito la Vincenzo Tessandori Francesco Grignetti