La dynasty dell'auto segnata dalle tragedie
E E RA l'Italia del 1922. Fu allora, che nacque la dinastia dei Lancia. L'anno della Lambda, gioiello da 12 mila esemplari in otto anni. L'anno in cui Vincenzo Lancia decise di sposare la sua segretaria, Adele Miglietti. La sua azienda era nata soltanto da 16 anni, ma era già famosa in tutto il mondo. La dynasty dell'auto segnata dalle tragedie Lui, grande e grosso, con i baffi che portò tutta la vita, di sé parlava poco. Diceva solo: «Io mi son fatto da me. Vengo dalla gavetta». Poco prima delle nozze, al capo del personale arrivò un biglietto: Adele Miglietti gli chiedeva una settimana di permesso matrimoniale. E non c'era scritto che lo sposo era il padrone della Lancia. Del riserbo, la famiglia ha fatto da sempre una questione di stile. Un tratto, tipicamente piemontese, che hanno ereditato figli, nipoti e pronipoti di quell'omone originario di Fobello, vicino a Vercelli. Svogliato a scuola quanto geniale, partito come collaudatore di auto Fiat, mise da parte i primi soldi diventando famoso come pilota. Fu lo Schumacher del tempo, a inizio secolo. Vinse tutto. Ma quando, nel loro dissapori col fratello, se mai ci furono, nulla trapelò. Lo stile Lancia, anche allora, non conobbe sbavature. La storia di queste due donne, che mai fecero parlare di sé i rotocalchi mondani, contiene momenti durissimi. Soprattutto quella di Anna Maria. Sposò senza clamori l'ingegner Ferdinando Gatta, titolare da una concessionaria Bmw. La figlia Gabriella è morta l'anno scorso, a soli 33 anni: droga. L'altro figlio, Marco, che oggi commercia auto di grossa cilindrata, nel '79 fu vittima di un sequestro. Quattro mesi di prigionia: volevano 5 miliardi. Ferdinando Gatta lanciò un appello angosciato: «Non fatevi ingannare dal cognome di del padre. Mise in piedi una squadra corse di primissimo livello: la sua scuderia lanciò nelle gare l'Aurelia, la cui versione spider appare ne «Il sorpasso». Gianni spostò nell'avventura delle competizioni le migliori forze dell'azienda. La Lancia vinse parecchio, anche in FI, ma si dissanguò. A metà degli Anni Cinquanta venne ceduta al finanziere Carlo Pesenti. Da allora, nessuno dei componenti della famiglia volle più avere a che fare con la Lancia: nemmeno, questa estate, in occasione dei 90 anni dell'azienda. Si dice che quando Anna Maria ed Eleonora dovettero cedere al finanziere le loro quote azionarie si adeguarono malvolentieri. Ma dei 1906, fondò la piccola officina che divenne la grande Lancia, diede a quella sua prima passione un taglio netto. Quasi presagisse che le corse avrebbero portato la sua azienda alla rovina. Furono le gare, infatti, a rovinare la Lancia. Quando morì nel '37, a soli 56 anni, era già nata l'Aprili a. Dei suoi tre figli Gianni, Anna Maria (che gli amici chiamano Mimma) ed Eleonora, fu il maschio, qualche anno dopo, a prendere in mano le redini dell'azienda, che guidò con la madre Adele fino alla débàcle. Anna Maria ed Eleonora, azioniste della fabbrica, non giocarono mai nelle scelte aziendali un ruolo decisivo. Gianni ereditò la prima passione l
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