La Costituzione dell'avvenire

Calamandrei quarant'anni dopo Calamandrei quarant'anni dopo La Costituzione dell'avvenire Parla il pittore che sorprende New York con le sue vedute cinesi fAW.sar »»»•. '«»*.. •»•*• V .v; ♦♦< V» v.• VVAVV ìvav.v; »»•*►•♦♦< fAW.V» sar vavav>aw«; » * e e «•••••#««• .»»•••••••••••< •«»••••••«••♦• »••••««««*••••< »»»»••»#••**•• «Seguo la corrente: la prossima volta mi dedicherò a interni e nature morte» r •. .. < •••»•< Nel 40° anniversario della morte di Piero Calamandrei (27 settembre '56), La Nuova Italia sta per mandare in libreria un'antologia dei suoi scritti politici, Costituzione e leggi di Antigone. Anticipiamo un brano dell'introduzione di Galante Garrone. Soltanto in momenti successivi, e già nel corso stesso dei dibattiti alla Costituente, e grazie agli interventi di costituzionalisti come Costantino Mortati, e di politici di diversi partiti, e più tardi perfino di innovatrici decisioni giurisprudenziali, egli mutò gradualmente le proprie convinzioni in senso sempre meno svalutativo e pessimistico, riconoscendo via via, nelle affermazioni di principio contenute nella Costituzione, il valore positivo di un'indicazione di rotta per la futura legislazione e di un «preannuncio dell'avvenire». Una Costituzione «presbite» che vedeva meglio le cose lontane, come a un certo momento egli disse con la sua solita arguzia. (...) Calamandrei, mantenendo le sue riserve in un ambito puramente formale e marginale, colse bene lo spirito complessivamente anticipatore che animava la nuova Carta votata dalla Costituente. Gli accadde, insomma, di percorrere una via non molto dissimile da quella dei padri ispiratori della settecentesca Costituzione degli Stati Uniti. Non era mancato, fra costoro, chi aveva nutrito per qualche tempo il timore che la loro creazione venisse accusata di essersi ridotta a un «fascio di compromessi». Solo dopo l'iniziale collaudo, e i primissimi «emendamenti» suggeriti dalla vissuta esperienza, essi si convinsero della sostanziale vitalità del testo elaborato nel corso dei dibattiti. Così sarebbe stato per Calamandrei. Egli avvertì bene il valore di novità - di presagio e anzi di volontà di avvenire - che avrebbe caratterizzato, in modo del tutto particolare, la nostra Costituzione. Col passare dei mesi e degli anni tale sua convinzione si sarebbe sempre più rafforzata. Alessandro Galante Garrone ANEW YORK RRIVA a mezzogiorno in punto al secondo piano del numero 420 a West Broa I dway. Sotto il braccio ha un pacco bianco e sei ragazzi della galleria gli vanno incontro per aprirlo insieme. E' il modello in scala ridotta della sua ventesima mostra da Castelli, intitolata Paesaggi cinesi. Roy Lichtenstein ha 74 anni, ma non li dimostra. Spalle quadrate come le sue mascelle, codino di capelli bianchi, occhi d'acciaio e jeans. Lavora con ritmo costante tra i suoi due studi di New York e East Hampton con l'aiuto di due assistenti: Rob McKeever e James De Pasquale. Sveglia alle otto di mattina, un'ora di ginnastica e, alle 10 e mezzo, in studio per otto ore. Il mercato dell'arte ha vissuto un'epoca d'oro con gli Anni Ottanta, una crisi nera all'inizio dei Novanta e adesso è in ripresa. Ma Lichtenstein, dall'alto delle sue quotazioni da milioni di dollari, guarda e sorride. Controlla che i ragazzi appendano i quadri dove li ha predisposti. E, nel frattempo, parla. In piedi, come piace a lui. «La Stampai Conosco l'avvocato Agnelli. E' venuto nel mio studio e lo scorso anno sono stato a casa sua, quando ero a Torino per il Salone del Libro». Come le è venuta l'idea dei paesaggi cinesi? «Ce l'avevo in mente da tempo. Ho visto al Metropolitan la mostra dei monotipi di Degas. Mi è venuta voglia di riprenderli». Lei ha sempre fatto dei «d'après». Quando ha cominciato? «Quasi subito. Era il 1962 e mi ispirai prima a Picasso, poi a Mondrian. Più tardi, dal '74 all'80, rifeci opere di Matisse, Léger, Magritte, Max Ernst, Carrà. Mi hanno sempre incuriosito i movimenti storici: dal Futurismo, al Surrealismo, al- I y\\ER Calamandrei, la nostra Il Costituzione deve considev rarsi come un «preannuncio dell'avvenire». Ma coI—idme era giunto a tale convinzione? Cercherò di dirlo in poche e chiare parole, forse anche troppo semplificatrici. Fin dai suoi primi giudizi, all'indomani della liberazione, egli era persuaso della necessità di porre a base del nuovo ordinamento giuridico costituzionale i «diritti di libertà» calpestati dal fascismo, e per i quali il grande e vero liberale Francesco Ruffini si era battuto, sotto la dittatura, con intrepida fierezza. Per una piena affermazione di tali diritti, Calamandrei si era vittoriosamente adoprato all'Assemblea Costituente. Mà avrebbe voluto e sperato, sulle orme del socialismo liberale di Carlo Rosselli e a fianco dell'esigua schiera del partito d'azione, che, in modi giuridicamente rilevanti e vincolanti, fosse aperto un varco effettivo al riconoscimento dei «diritti sociali»: la libertà dal bisogno, il diritto al lavoro, all'istruzione, alla salute, al benessere ecc. II che avrebbe dovuto avere come suo presupposto un profondo rivolgimento sociale, che - date le forze politiche e sociali esistenti, sul terreno interno e internazionale - non si potè effettuare. Pertanto ci si accontentò di vaghe e altisonanti dichiarazioni di principio; di una «rivoluzione» non effettuata, ma soltanto promessa. Una via d'uscita puramente consolatoria, concludeva con amara ironia Calamandrei. Roy Lichtenstein; qui accanto un quadro dell'artista americano

Luoghi citati: Italia, New York, Stati Uniti, Torino