Difendiamo l'ambiente anche dai bisognini; Garibaldi e Mazzini in Po

Difendiamo l'ambiente anche dai bisognini; Garibaldi e Mazzini in Po Difendiamo l'ambiente anche dai bisognini; Garibaldi e Mazzini in Po Il «corpo del reato» si deve occultare Anche quest'anno, come l'estate passata, ho voluto trascorrere le mie vacanze estive nello splendido e accogliente Alto Adige. Ebbene, un giorno leggendo l'Alto Adige (quotidiano provinciale), sono stato colpito da un fatto curioso (almeno per noi solari). Una famigliola di turisti romani si è trovata a far pic-nic sull'erba, nei pressi di un bosco. Ad un certo punto, però, la loro unica bambina ha sentito la necessità di fare un bisognino. Tutto normale, se alla fine non avessero lasciato sull'erba il corpo del reato e cioè il tovagliolo di carta. Subito dopo, da lì si è trovato a passare il «segugio» guardaboschi che fece notare ai genitori che la carta igienica andava portata via, oppure occultata. Fece pure notare che da lì a pochi passi vi era, a bella vista, un cartello di divieto che diceva: «Si prega di lasciare pulito il prato. Grazie». Il tovagliolo, pertanto, andava raccolto, cosa che i genitori non avevano fatto, anzi tra il guardaboschi e i due romani si accese una lite verbale che finì nelle aule della pretura dove per l'appunto il pretore di Bolzano, sentite le parti ovviamente, stabilì di «condannare» la colpevole famigliola alla pena pecuniaria, sia pure modesta, di lire 65.000. Secondo me, il problema rispetto dell'ambiente (questo caso insegna) va risolto alla base, operando sulla mentalità del trasgressore di turno, affinché capisca, una volta per tutte, che la rovina dell'ambiente significa solamente una cosa. La rovina di se stesso. La colpa di tutto ciò è anche delle nostre autorità che non si sono mai preoccupate di educarci alla diffusione del verde e al suo rispetto. Ancora un volta invece riceviamo ahimè una dimostrazione nonché una lezione di difesa e di amore per l'ecologia soltanto da poche, quasi uniche, Regioni, d'Italia. Giacomo Giglio Castelvetrano (Tp) Risorgimento chiuderemo il Museo? E così Bossi ha deciso di buttare a mare (anzi nel Po) l'Italia risorgimentale, con tutta la sua storia: Pietro Micca, Silvio Pellico, Mameli, Garibaldi, Mazzini, ecc. E chissà forse anche la nazionale di Sacchi, il Giro d'Italia... gli spaghetti alle vongole veraci e la pizza con la pummarola 'n coppa... Diceva Durkheim, uno dei padri della sociologia moderna: «Non può esserci società che non senta il bisogno di conservare e di rinsaldare a intervalli regolari i sentimenti collettivi, le idee e tutto ciò che costituisce la sua unità e personalità». Forse per Bossi il rilancio dei valori «padani» sono: corsi gratuiti di meneghino (dialetto milanese), risottate alla milanese, con cotechino in piazza Duomo. E le camicie verdi!? Già ci sono state quelle rosse e quelle nere. Italia Paese della moda... Ma una domanda, come direbbe Lubrano, sorge spontanea: il museo del Risorgimento di Torino dovrà chiudere i battenti? E che dire dei nordisti grandi italiani: Mazzini (ch'era di Genova), Cavour piemontese, Massimo d'Azeglio (colui che disse: «L'Italia è fatta, ora bisogna fare gli italiani»). Ora, domanda per Bossi: fatta la Padania (!), sarà facile fare i padani? Marco Regaldi Intra (VB) Non entreremo in Europa Nella lettera pubblicata a pagina 7 sulla Stampa di domenica scorsa il sen. Franco Debenedetti dichiara di stare dalla parte di Ciampi e del rigore dallo LA LETTERA DI O.d.B. pristinarono la funzione rinchiudendovi i partigiani cecoslovacchi. Chiedemmo di vedere la cappella dove il Pellico seguiva la Messa, riuscendo a scambiare qualche parola con i compagni e da dove intravedeva, attraverso le grate, altri italiani «tutti pallidi, smunti, traenti con fatica i ferri». Gentile Signor Del Buono, il commento del sig. Bracalini (lettera del 15 settembre «Con Pellico e altri fantasmi») m'induce a precisare che almeno due italiani, io e un mio amico, visitarono lo Spielberg nell'intento di conoscere i luoghi descritti nel «melenso libretto» di Silvio Pellico, dove lui e i suoi compagni trascorsero lunghi anni di carcere duro, ossia con i piedi legati alla catena infissa nel muro. Era l'agosto del 1949. Giunti a Brno su un traballante Dakota in servizio tra Praga e la capitale della Moravia, salimmo su «quel monticello»... altà ielberg ggio «Non erano rimasti segni di chiesa. Entrando, v'era a sinistra una nicchia dove l'altare era stato sostituito da un masso quadrato di granito sul quale era aperto il Mein Kampf. Al nostro evidente stupore, il custode ci indicò, di fronte, quattro fili di acciaio che terminavano in un nodo scorsoio. La cappella era diventata luogo di supplizio dei partigiani che dai "covili" venivano direttamente trascinati sul posto per essere impiccati nel corso di un rito pagano, durante il quale un nazista leggeva pagine dal famigerato libercolo hitleriano. L'impressione che ricevemmo dalla realtà superò quanto, giovani scolari, avevamo immaginato di più orribile alla lettura del libro sulle sofferenze fisiche e morali di alcune vittime politiche del primo Risorgimento...». Rinnovo il ringraziamento per la collaborazione. Peccato che lo spazio sia troppo esiguo e si imponga, a volte, di tagliare qualcosa. G. Boglietti, Rivaiba GENTILE signor Boglietti, la ringrazio molto per l'intervento. «Quel monticello dominava quel che restava della fortezza che Napoleone aveva distrutto, passando per Austerlitz. Non era più un forte», lei racconta, «ma la rocca incuteva ancora un certo rispetto pur essendo solo uno spezzato di un tetro e lugubre luogo di pena, un antro dal quale si scorgeva una ridente e florida vallata. Un custode ci guidò nella visita dei corridoi sotterranei che il Pellico definiva "covili" dentro i quali si scorgevano i tavolacci e le catene infisse al muro che legavano i piedi dei "prigionieri di Stato" italiani, boemi, moravi e quant'altri l'imperatore austriaco aveva condannato al carcere duro. Era passato più d'un secolo, ma la casamatta, in disuso tra le due guerre, non pareva aver subito gravi trasformazioni. I nazisti ne ri- La rdello Spè pe pare abbondino i rigoristi pronti a sfidare l'impopolarità di una simile iniziativa. Per non illudere oltre gli italiani va detto allora con chiarezza che questo governo ha già deciso, nei fatti, di non arrivare per tempo all'appuntamento di Maastricht; il quale per essere rispettato avrebbe bisogno di una maggioranza autenticamente «europeista» che - ammesso esista davvero - travalica i confini di Polo e Ulivo. Luigi Florio deputato europeo membro dell'Ufficio di Presidenza del gruppo parlamentare «Unione per l'Europa» Il neo ballerino della Zardo Nello scandalo estivo balneare farsesco delle «vallette tivù», la cosa più divertente che la in fondo simpatica Raffaella Zardo ha smascherato sa che cos'è? E' l'abitudine che hanno giornali e rotocalchi di «rivoltare» le foto secondo le esigenze di impaginazione, mettendo a rovescio la pellicola di stampa, Raffaella infatti ha una piccola voglia bruna rotonda sotto un capezzolo, che, nelle foto, a volte è il destro e a volte il sinistro. Ora io, non potendo andare a verificare di persona, vorrei una parola onesta e chiarificatrice: insomma, sotto quale capezzolo è la piccola voglia bruna di Raffaella Zardo? Francamente, in tutta la vicenda, mi sembra questa l'unica cosa che meriti un'indagine. Carlo Molinaro Torino Quei ragazzi non erano di via Panìsperna Mi permetto di segnalare un errore che riguarda il gruppo di fisici rappresentati nella fotografia che accompagna l'artico¬ lo su Ettore Majorana (La Stampa, 22 settembre). Stando alla didascalia, si tratterebbe dei «ragazzi di via Panisperna». In realtà, dei sei personaggi che compongono il gruppo, uno solo appartiene ai «ragazzi» di via Panisperna, e precisamente Enrico Fermi (il primo a sinistra in basso); accanto a lui, in centro, riconosco Werner Heisenberg, fisico tedesco; all'estrema destra, Niels Bohr, fisico danese. Quanto ai tre posti più in alto, pur non riconoscendoli posso affermare che non appartenevano ai «ragazzi di via Panisperna». p. Carlo M. Vergnano S. J.j Torino Comunità Padri Gesuiti Ma il ticket non è soltanto un taglio Non si capisce perché i ventilati tickets sanitari e i cosiddetti contributi di solitarietà sulle pensioni vengano considerati «tagli alle spese». Sono invece delle vere e proprie «nuove entrate» con la differenza che, invece di essere pagate dalla collettività secondo un logico principio mutualistico, gravano solo su malati e pensionati. Tra l'altro, se gravassero sulla collettività (in altre parole, se si aumentassero i contributi) l'incidenza sul singolo sarebbe di gran lunga inferiore. Particolarmente aberranti sono i tickets sanitari a carico degli ammalati, i quali, oltre ad essere colpiti nella salute, oltre a dover affrontare i «disservizi sanitari» che tutti conoscono, devono anche sottoporsi a gravosi esborsi. Si dice che sono sacrifici necessari per entrare in Europa. E allora, se e quando entreremo in Europa dovremo ringraziare ammalati e pensionati! Ruggero Farnetani Biella