«Alloggi pubblici alle coppie gay»

Il sottosegretario Bargone: basta che convivano insieme da almeno due anni Il sottosegretario Bargone: basta che convivano insieme da almeno due anni «Alloggi pubblici alle coppie gay» Il governo: legittimo che concorrano all'assegnazione Padova: falsi traslochi, 500 nuovi indagati «Un intero reggimento trasferito per finta» Nel mirino il Lancieri di Firenze Fatturazioni gonfiate per miliardi ROMA. Due gay che vivano insieme da almeno due anni, possono concorrere all'assegnazione di un alloggio pubblico? Sissignore, possono, in base ad una delibera del Cipe del marzo '95 che ieri, rispondendo ad una apposita interrogazione, il sottosegretario Antonio Bargone ha ricordato. Ma la cosa non è così pacifica né così ben accetta da tutti. Il 13 marzo '95, in effetti, il Cipe Comitato interministeriale per la programmazione economica - ha emanato una delibera in cui si diceva (articolo 3, comma 2) che poteva concorrere agli alloggi pubblici ogni famiglia «costituita dai coniugi, dai figli legittimi naturali riconosciuti ed adottivi e degli affiliati con loro conviventi, e si includono nel nucleo familiare il convivente more uxorio, gli ascendenti, i discendenti, i collaterali fino al terzo grado purché la stabile convivenza con il concorrente duri da almeno due anni ed anche persone non legate da vincoli di parentela o affinità, qualora la convivenza istituita abbia carattere di stabilità e sia finalizzata alla reciproca assistenza morale e materiale». In pratica due persone che vivano insieme da almeno due anni, che intendano farlo con carattere di stabilità e che si prestino una reciproca assistenza materiale e morale, sono, per il Cipe, una famiglia - anche se sono gay - e a questo titolo possono avere una casa. Apriti cielo. Quando la delibera uscì il cardinale arcivescovo di Torino rilasciò una intervista durissima al quotidiano «Avvenire». Ma non ci fu nulla da fare: le regioni Piemonte, Abruzzo e Marche recepirono le indicazioni del Cipe ed estesero l'as¬ Il Vaticano: «Questa notizia non merita neppure una smentita» segnazione degli alloggi a qualunque famiglia, di diritto o di fatto, senza badare tanto a cosa accadesse tra le lenzuola. Le polemiche sono divampate, fin tanto che il deputato del cdu, Luca Volontà, non ha presentato una interrogazione al ministro dei Lavori pubblici Di Pietro. Il deputato cristiano democratico obiettava - sostanzialmente - che la famiglia di fatto non è ancora regolamentata nel nostro ordinamento, e che quindi vige unicamente l'accezione che di questo istituto dà l'articolo 29 della Costituzione («La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio»). Il sottosegretario Antonio Bargone, incaricato dal ministro a rispondere, ieri ha letto in aula la delibera del Cipe, dicendo che questa fa comunque testo e che pertanto la legge riconosce alle singole Regioni ampia discrezionalità nella definizione di nucleo familiare. Certo, la delibera e le leggi regionali parlano di famiglia di fatto, ma è ben ovvio che se questa formula non comportasse automaticamente l'estensione ai gay, tutto sarebbe più facile. Il problema è tutto lì: i gay. «Io trovo molto lodevole l'intervento dell'on. Bargone - ha commentato il presidente del'Arcigay Franco Grillini -. Trovo invece ossessivo l'atteggiamento del ccd-cdu: è possibile che ogni volta che si cerca di sottolineare che i gay hanno gli stessi diritti di tutti gli altri si sentano in dovere di intervenire? E poi quando ricordano l'articolo 29 della Costituzione, perché non pensano anche al 33 che vieta i finanziamenti alla scuola cattolica?». [r. mas.] Il giudice: «Era solo una persona senza fìssa dimora che si teneva pulita» PADOVA. Se è spuntata una Tangentopoli-2 nel mondo civile, non poteva mancare una Tangentopoli-2 con le stellette. I magistrati padovani Benedetto Roberti e Sergio Dini hanno già indagato negli ambienti dell'Aeronautica e della Marina concludendo le inchieste con migliaia di patteggiamenti e la restituzione di alcuni miliardi allo Stato. Ora stanno indagando fra i reparti dell'Esercito, compresi i carabinieri che ne sono la prima Arma, e quelli della Guardia di Finanza. L'accusa è sempre la stessa: truffa pluriaggravata per traslochi fittizi. Fra le prime inchieste e quelle in corso tuttavia c'è continuità, cioè sono proseguiti i traslochi fasulli nonostante i primi interventi della magistratura. Cinquecento nuovi indagati per falsi traslochi e per fatti avvenuti tra la fine del '95 e i primi mesi di quest'anno. E questo accadeva quando ormai da venti mesi la Procura militare padovana aveva avviato inchieste, scoperto trucchi, arrestato perfino colonnelli e generali e patteggiato pene. Come se nulla fosse accaduto, il meccanismo continuava a girare, oliato come sempre. Bastava trovare nuove ditte di traslochi disponibili e dalle bolle di consegna fasulle spuntavano altre cifre miliardarie, distratte dalle casse dello Stato. Perché quei traslochi non erano mai avvenuti, ma i soldi erano arrivati. Casi limite di trasporti effettuati da ditte edili o società fantasma, perfino cinquanta quintali di masserizie caricate interamente - stando alla documentazione - su auto come la Fiat 500. Addirittura un secondo trasferimento fittizio per gli ufficiali di un reggimento, il Lancieri di Firenze, che si era effettivamen¬ Già dislocato a Sgonico, sull'altopiano triestino, e da qui trasferito (veramente) a Grosseto il 30 ottobre '91 (quando la sua forza era di 20 ufficiali, 40 sottufficiali e 250 uomini di truppa), il Lancieri venne elevato a reggimento nel settembre '92 e poi sciolto il 6 ottobre '95 per far posto al Savoia Cavalleria, in trasferimento da Merano. «Nonostante i risultati delle prime indagini e l'ampio risalto dato dalla stampa alla vicenda, il malcostume continua», spiega Roberti, il pm militare che si è imbattuto in questo nuovo caso. Il magistrato avrebbe una ricetta da applicare con urgenza: una riforma della nonnativa che regola i controlli nella pubblica amministrazione, unico modo per uscire dalla Tangentopoli permanente. «La magistratura non può eliminare alla radice il fenomeno della corruzione - dice Roberti come dimostra l'inchiesta della procura di La Spezia o quella che a Padova ci ha portato a scoprire, nell'Esercito e nella Finanza, traslochi fittizi compiuti fino ai primi mesi del '96. Nonostante le condanne e il risalto dato a questi scandali, è emerso che i servizi amministrativi delle Forze Armate, quando non sono collusi o concorrenti nel reato, subiscono passivamente, per negligenza, le azioni delittuose. I controlli sono solo formali e il sistema fa corto circuito». Il problema, secondo il giudice militare, è che «manca un serio ed efficace sistema di controlli interni: quelli esistenti sono molti, ma frazionati, gerarchizzati e puramente formali, nessuno è veramente di merito». Una coppia di gay te spostato di sede. Mario Lollo ZANUSSI TECHNOLOGY Mi DO O FATTI PER ESSERE ILN.1