Indagato il difensore di Pacini Battaglia

Revocati gli arresti domiciliari per Guarguaglini: gli operai della Oto Melara lo applaudono Revocati gli arresti domiciliari per Guarguaglini: gli operai della Oto Melara lo applaudono Indagato il difensore di Pacini Battaglia Lucibello sentito in Procura. Si ritira anche il legale di Necci Il gran giorno dell'avvocato Giuseppe Lucibello, difensore di Francesco Pacini Battaglia, imputato nell'inchiesta aperta a La Spezia, è ^cominciato alle 9, quando è sceso dalla sua camera al quinto piano dell'Hotel Jolly, quartier generale dei difensori di quelli travolti dalle raffiche dell'uragano Tangentopoli 2. Un sorriso per i cronisti, e poi via, immerso nella luce allegra del sole. Destinazione: l'ufficio al quarto piano del gip, la dottoressa Maria Cristina Failla. La porta è rimasta sbarrata due ore e mezzo, quando è riemerso il legale ha rinnovato il sorriso: «Bella giornata, i giudici sono persone simpaticissime». Il fatto è che quelle «persone simpaticissime» gli avevano organizzato un'udienza e, per tutta la mattina, gli avevano domandato conto dei suoi affari e il pm Alberto Cardino aveva ripetuto di vedere ^compatibilità nel suo ruolo di difensore. E lui? «Ho voluto solo parlare con i gip di questa situazione». Quale situazione? «E be'...!». Ma lei mantiene la difesa di Pacini Battaglia? «Certo, ci mancherebbe». Ma potrebbe essere costretto a mollarla. Questo per l'avvocato non era un buon giorno. Dalle agenzie arrivava l'eco di un servizio di Marcella Andreoli pubblicato da «Panorama»; due pagine, e già il titolo poteva provocare fibrillazione: «Avvocato, si difenda!». E poi, il gip Failla ammetteva che sì, era attesa da un pomeriggio di lavoro perché doveva prendere quella decisione. Che a sera aveva concluso, e stamane deposita l'atto. Il sole era alto e caldo e l'avvocato, nel parcheggio del palazzo, sembrava cercare umana comprensione. Ben lontano dall'attenuarsi l'eco delle accuse: corruzione e abuso in atti d'ufficio, e ormai era evidente a tutti che il suo nome è scritto sul registro degli indagati. Poi, la visita in carcere a Pacini Battaglia. All'uscita, con un'espressione più stropicciata rispetto a quella fresca della mattina, una dichiarazione suonata un po' come un atto di resa o, per lo meno, come richiesta di tregua. Sì, quello che dice il settimanale in fin dei conti non è sbagliato, ma «è incredibile come un giornale possa avere, in anteprima, certe carte senza che io abbia avuto la possibilità di difendermi da questo tipo di accuse. Per il fatto strettamente tecnico, c'è un piccolo particolare che manca: quello che, comunque, puntualmente, su ogni cifra segnata, che non sono quelle riportate, ci sono le regolari fatture». Ora, se il gip dovesse condividere il punto di vista della procura, per Pacini Battaglia si aprirebbe un futuro immediato assai opaco. E non soltanto per lui, c'è da immaginare. Perché il ruolo dell'avvocato Lucibello nella vicenda che appassiona i procuratori di La Spezia è da protagonista. Avrebbe, per esempio, ricevuto da Necci, per conto delle Ferrovie, compensi per una serie di consulenze: venti milioni al mese, stessa cifra dei «prestiti» perpetui allungati all'ex amministratore delegato delle Ferrovie da Pacini Battaglia. Spontaneamente, lui sì, in mattinata, aveva bussato alla porta dei magistrati di La Spezia il procuratore aggiunto di Roma, lui pure finito nel pantano che circonda le cosiddette «toghe sporche». Altri due giudici, è filtrato, sarebbero finiti nei guai. Ettore Torri ha raccontato la sua verità al pm Cardino e, al termine, ha precisato: «Ho chiarito tutto questo equivoco che si poteva evitare». Ma perché era indagato? «Si parlava di un mio presunto interessamento per evitare un procedimento disciplinare». Il fatto, qual era? «Come mi aspettavo, si trattava del coinvolgimento di Rutelli in quello che han chiamato Affittopoli: ma lui non c'entrava niente e io avevo archiviato. Son certo che il giudice abbia capito e archivierà la cosa al più presto. Non c'è il minimo dubbio sulla legittimità e l'onestà della mia condotta». Poi, un'occhiata al nuovo palazzo da 40 miliardi, rosa. E di corsa sulla Golf bianca alla volta di Roma. Ma il viavai negli uffici non era concluso. L'avvocato Marcello Petrelli, di Roma, aveva sollecitato un nuovo interrogatorio: certo la «sospensione di mesi due dall'esercizio della professione forense» deve pesare e, allora, meglio chiarire le ombre che, secondo l'accusa, non sarebbero poi così magre. E nel giorno degli avvocati, da Milane rimbalzava la voce adirata del professor Federico Stella, difensore principe di Lorenzo Necci, fin quando è stato annninistratore delegato delle Ferrovie dello Stato. In collera con Pacini Battaglia per certe sue frasi colte al volo dal registratore della Gdf, ha promesso querele e, in parallelo, ha lasciato la difesa. Eh, sì! Lorenzo Necci deve aver capito di esser diventato all'improvviso un uomo solo. Con gesto privo di teatralità ieri mattina, alle 11,30, nella sala colloqui al primo piano di Villa Andremo, il carcere, ha consegnato ai difensori Paola Balducci e Paolo Masseglia due fogli scritti a mano con una penna a sfera: le dimissioni, datate mercoledì 25 settembre, indirizzate al consiglio di amministrazione. Quella decisione che un signore in abito blu sollecitò a sua moglie, Carla Marconi, quarantotto ore dopo l'arre¬ sto, a un tavolo dell'albergo dove la signora aspetta la scarcerazione dell'«awocato»: «Lei capisce, signora, non sono evitabili...». «E' stata una scelta sua», ha assicurato l'avvocato Masseglia. «No, non è una carta che ha voluto giocare, perché ima volta fuori dalle Ferrovie cadessero certi impedimenti alla scarcerazione. Noi abbiamo presentato ricorso al tribunale del riesame a Genova». Così, ora la parola passa alla procura, che dovrà inviare il fascicolo. Ma la decisione non sarà repentina. Ma la giornata degli avvocati, in realtà, è stata il lungo giorno del gip Maria Cristina Failla. Ha dovuto studiare anche il caso dell'ingegner Pier Francesco Guarguaglini, amministratore delegato dell'Otobreda. Era agli arresti domiciliari, a Lerici, in casa di una zia, e implorava la revoca del provvedimento. E così il gip ha deciso: niente più carcerecasalingo, ma interdizione per un mese da ogni incarico e sequestro temporaneo del passaporto. Dopo il palazzo, l'ingegnere è corso in fabbrica per ritirare la posta e oggetti personali, e quando ha varcato il cancello, gli operai lo hanno applaudito: ai loro occhi, in fondo, lui è uno di quelli che ha difeso la fabbrica. «Qui viene il bello, non so se posso dirglielo...». Sulla base di un rapporto della Guardia di Finanza di Firenze? «No. Il Gico di Firenze in effetti ha fatto tutte le indagini per i giudici di La Spezia, ma questa no». Questa no? «Glielo dico: sulla base di un rapporto della procura di Brescia. Ha capito?». Quella che indagava su Di Pietro? «Bravo! Proprio Brescia e per di più con un rapporto pieno di inesattezze, falsità, cose che non stanno in piedi». Perciò lei dice: è ancora il complotto contro Di Pietro. «Non lo dico io, lo dicono i fatti». Attaccano lei per colpire Di Vincenzo Tessandori Pietro... «I fatti parlano...». Quindi che succederà? «Succederà che se tutta l'inchiesta è impapocchiata come le accuse che mi riguardano... Beh, allora è la guerra. E io farò la guerra. Farò anche un esposto al Csm. Oggi ho pensato: ma io che ho da perdere? E sa cosa mi sono detto? Che ho da perdere tutto, ma non me ne frega più niente. Parola di Lucibello». Pino Corrias