L'ombra albanese sulle privatizzazioni di Massimo Giannini

NOM5 E CO0NOMI ^^^^^^^^^^^^^^ NOM5 E CO0NOMI L'ombra albanese sulle privatizzazioni A notizia è uscita appena due giorni fa, ed è passata del tutto inosservata. Ma è di quelle che fanno riflettere sulle «miserie» del Belpaese, sul suo immutabile gattopardismo politico-economico, del quale la Tangentopoli 2 appena scoperta dai magistrati di La Spezia è l'inevitabile risultato. Dunque, il governo albanese ha approvato il programma di privatizzazione del settore creditizio. Nell'annunciarlo, il portavoce del governo di Tirana ha precisato che la prima banca ad essere privatizzata sarà la «Banca commerciale nazionale», seguita dalla «Banca commerciale rurale» e dalla «Banca di risparmio nazionale». E così, alla spietata, ma ineluttabile legge del mercato si piega persino l'Albania, ultimo bastione dell'economia sovietizzata. Insieme all'Italia, per altro. Perché a competere con Tirana, su questo terreno, c'è pur sempre Roma. Può sembrare un paradosso, e invece non lo è. Perché in Italia, nonostante i fiumi di parole e di promesse, di privatizzazioni si continua a non vedere l'ombra. E mentre monta il dibattito sull'esigenza di un radicale rinnovamento della classe dirigente nell'industria pubblica o para-pubblica, sulla scia dello scandalo delle Ferrovie dello Stato targate NecciPacini Battaglia, mentre tornano come sempre sul banco degli imputati i soliti «boiardi», che tutti criticano ma ai quali poi nessuno chiede il conto né dà mai davvero il benservito, nessuno si rende conto e dice che l'unico modo per uscirne, per spazzare via la «casta» dei burocrati cresciuti nel ventre molle della Prima Repubblica e ora autoreferenziale dopo la caduta dei partiti, è quello di fare le privatizzazioni. Quelle industriali, che somigliano sempre più ad uno specchietto per le allodole., tra l'Eni fatta a «tranche» e di cui lo Stato terrà comunque il 51 per cento o la «golden share» e la Stet che langue e si avvita nel farsesco dilemma di come scorporare la Seat. E poi quelle bancarie, che nonostante una vecchia e ormai polverosa direttiva Dini e gli impegni di Carlo Azeglio Ciampi, restano una chimera, vagheggiata sempre, gnu I Ciar I mer raggiunta mai. In questo, va detto in tutta onestà, la favoletta dell'opposizione di Fausto Bertinotti, o quella dello statalismo inguaribile di Alleanza nazionale fa ormai solo sorridere. La verità è che le privatizzazioni, e quindi l'automatico azzeramento di una nomenklatura ormai sclerotizzata e sempre più ripiegata nel culto del proprio inaccessibile potere, in molti le vogliono, ma nessuno ha il coraggio di farle. Non ce l'ha soprattutto il presidente del Consiglio Romano Prodi, che ne ha fatta qualcuna e significativa ai tempi della Prima Repubblica, ma che oggi appare bloccato dal potere di interdizione dei «sultani» rimasti nelle grandi holding pubbliche. E che riconfermando recentemente ai vertici della Stet la coppia Agnes-Pascale che non ha sfigurato sul piano dei risultati, ma non è questo il punto - ha perso una grande occasione per dimostrare la propria volontà di «rinnovare e ringiovanire la classe dirigente», come ha detto invece, e con un po' di ritardo qualche giorno fa, commentando l'imbarazzante ragnatela di potere occulto emerso intorno alla presunta «P3» di Necci e Pacini Battaglia. E adesso lo vogliamo vedere, il povero premier che si è deciso solo dopo sette giorni a cercare un nuovo amministratore delegato delle Fs ormai decapitate, a tagliare una ad una le teste dei Fabiani e dei Tedeschi, dei Chirichigno, dei Valori e dei tanti, troppi banchieri che guidano le fondazioni come fossero salotti privati. Tutti lì a difendere la poltrona usando ogni pretesto: la tutela dei risparmiatori, i conti in utile anche se si sta da decenni in regime di monopolio, persino il rischio Mafia. E allora: teniamoci i boiardi, e l'economia «mista». Tanto, Tirana privatizza per noi. Massimo Giannini

Persone citate: Carlo Azeglio Ciampi, Chirichigno, Dini, Fabiani, Fausto Bertinotti, Necci, Pacini Battaglia, Romano Prodi

Luoghi citati: Albania, Italia, La Spezia, Roma, Tirana