Tangentopoli due, 60 bobine di segreti di Vincenzo Tessandori

Il «tesoro» ammonterebbe a 22 miliardi. La Spezia, i giudici chiedono rinforzi per le indagini Il «tesoro» ammonterebbe a 22 miliardi. La Spezia, i giudici chiedono rinforzi per le indagini Tangentopoli due, 60 bobine di segreti Forse trovato in Svizzera conto segreto di un avvocato LA SPEZIA DAL NOSTRO INVIATO E così, siamo arrivati all'Italia registrata, quella di oggi. Incisa, ascoltata e interpretata. Una sessantina di cassette che contengono parole e musica di Francesco Pacini Battaglia, Lorenzo Necci, e degli altri che hanno il nome grande oppure minuscolo sulla locandina di questa «Tangentopoli 2» che va in scena a La Spezia. I nastri sono stati finalmente riuniti e ascoltati dai pubblici ministeri Alberto Cardino e Silvio Franz, quelli che dirigono le indagini, i registi, insomma. Ogni parola dei sospettati, da febbraio ad agosto, è incisa in maniera chiara anche se, l'orse, non indelebile. Tutto quello che hanno detto e che non avrebbero mai voluto render pubblico, dall'inverno alla primavera elettorale: e, dunque, salterebbero fuori speranze e delusioni, disegni e qualche progettino per un'Italia più a misura di tangentaro. E tutto sarebbe nato da alcune intercettazioni ambientali, per niente casuali. Dopo aver ascoltato queste, la decisione di mettere i microfoni e cimici nei telefoni caldi dei signori sospettati, in quelli dei loro parenti, amici e conoscenti, fu immediata. Le bobine sono ora arrivate alla caserma «Santini» della Guardia di Finanza, quella davanti alle gru del porto. Aria strana, a Palazzo di giustizia, con i due pm che tentano di non modificare i propri ritmi: arrivo in ufficio alle 7,30, pausa pranzo e lavoro fino a tarda notte. Aria strana, perché soffiava insistente l'indiscrezione di un nuovo «botto», come amano definire lo scatto delle manette gli esperti cronisti di giudiziaria veterani della campagna di «Tangentopoli 1». Difficile credere che si trattasse soltanto di un pettegolezzo rimasto a mezz'aria, a dispetto della dichiarazione ad alta voce del dottor Cardino: «Non sue- cede nulla, siamo in una pausa di meditazione». Va bene, dottore, ma in quei nastri si parla di questioni che riguardano la campagna elettorale? «Niente domande su questioni politiche». Ma quel periodo, febbraioagosto, comprende le elezioni... «E allora?». Nei nastri si parla di trattative per la formazione del governo? «Non rispondo su questioni politiche, lo ripeto». E quella frase di Pacini Battaglia: «Ho pagato per uscire da Tangentopoli»? «Su questo non rispondo, non faccio commenti». I magistrati di La Spezia, in ogni modo, paiono decisi a tenere ben stretta l'inchiesta, anche se il filone che riguarda i giudici presunti infedeli è già destinata altrove. Le carte su Renato Squillante, ex capo dei gip romani, e quelle su Orazio Savia e Roberto Napolitano sono già partite per Perugia? «No, materialmente dobbiamo ancora fare del lavoro: per esempio, riordinare, fotocopiare». E prima che il fascicolo prenda la sua tortuosa strada, qui a La Spezia il dottor Squillante verrà interrogato. Già fissata la data? «Non ancora». Ma dovrebbe essere imminente, perché Squillante è considerato personaggio centrale nell'intrigo sui processi addomesticati, e potrebbe conoscere aspetti singolari dell'attività di Pacini Battaglia. Del resto, già mesi or sono la magistratura di Perugia aveva aperto un'inchiesta su di lui per le tangenti che, secondo l'accusa, Cesare Previti avrebbe sborsato per far deragliare alcune inchieste. E poi, sempre a Perugia, ancora un fascicolo a nome Squillante nato da una lettera al giudice Filippo Verde attribuita a Enrico Nicoletti, che sospettano essere stato il cassiere della banda della Magliana. Nel biglietto si accenna ai buoni rapporti con l'imputato di oggi, Squillante Renato. Sono in ogni modo partiti, destinazio¬ ne Csm, gli atti atti riguardanti magistrati coinvolti nell'inchiesta della procura della Spezia. «Il resto dell'inchiesta rimano qui», ha detto Cardino. E ha dato garanzie sui buoni rapporti con la Svizzera, talmente sereni che il viaggio dell'altro giorno avrebbe fruttato, fra l'altro, la scoperta di un conto da 22 miliardi mtestato a un penalista con studio a Milano; e relazioni buone pure con i giudici del Pool milanese: «Perché non dovrebbero essere così?». I dialoghi registrati dalla Gdf interessano un po' tutti, anche il giudice romano Priore, il quale ha chiesto le carte sulle dichiarazioni di Pacini Battaglia, quelle che riguardano il filone-armi. Si tratta di sviluppare le indagini sulla presenza di uranio sul Dc-9 abbattuto nel cielo di Ustica e sulla società francese che recuperò i relitti. Riuscire a tirare il fiato: ecco ciò che vorrebbero i pm più celebri del momento. Perché sulle loro spalle preme pure il lavoro ordinario ed è una specie di oceano che rischia di inghiottire questa inchiesta. Perciò, tramite il procuratore generale di Genova e il presidente della Corte d'Appello, è stato chiesto che due magistrati, di altri settori, diano loro aiuto, mentre un rinforzo è invocato pure per il personale amministrativo e di segreteria. E anche la Gdf ha irrobustito il gruppo impegnato a individuare i tangentari. C'è stato un conclave fra i comandanti di Genova e Firenze ed è stato deciso di dare, al più presto, una scorta ai due pm. «Ma no, non drammatizziamo», ha smentito Franz, a metà giornata, mentre saliva, da solo, sulla sua auto «familiare». Sembra il momento del braccio di ferro, altro che quello della riflessione. Dalla sua cella, a Villa Andremo, il dottor Necci fa filtrare indiscrezioni sulla sua paziente attesa. Ma intanto ha convocato il plenum del collegio di difesa. E i volti degli avvocati tradiscono la tensione: come prima mossa hanno inoltrato ricorso al Tribunale della libertà di Genova. Ai contrario, Emo Danesi «è uno straccio», riferisce il difensore, Carlo Argilla. «Non mangia, non ci riesce: una specie di sciopero della fame non dichiarato». Vincenzo Tessandori