Così Pacini Battaglia salvò Necci dal Pool

Era stato Cragnotti a «denunciare» il manager delle Ferrovie: «Chicchi gli ha versato 5 miliardi» Era stato Cragnotti a «denunciare» il manager delle Ferrovie: «Chicchi gli ha versato 5 miliardi» Così Pacini Battaglia salvò Necci dal Pool // faccendiere disse: ho dato mazzette, ma a lui mai MILANO. «Perché noi abbiamo tirato fuori Renzo...», dice il 15 gennaio '96 Francesco «Chicchi» Pacini Battaglia. Davanti a lui c'è Emo Danesi, suo braccio destro, ex tessera P2. Lontani a intercettare - gli uomini del Gico di Firenze, al lavoro per conto dei magistrati di La Spezia. E' uno dei tanti «buchi neri» su cui indagano i magistrati liguri. Ma la storia non è nuova, è già passata sui tavoli della procura di Milano e - inspiegabilmente - non si conoscono ancora i risultati. 11 «Renzo» citato dal.finanziere italo svizzero è - senza ombra di dubbio - l'amministratore delegato delle Ferrovie Lorenzo Necci, pure lui finito in carcere a La Spezia, anche lui coinvolto in questa vicenda già tutta milanese, per una mazzetta da 5 miliardi. Il primo a parlarne è Sergio Cragnotti, ex amministratore delegato di Enimont e presidente della squadra di calcio Lazio. Il 22 novembre '93, tre giorni dopo essere arrestato, davanti agli uomini di Mani pulite, racconta di una maxi tangente da 10 miliardi - filone chimico - versata da Raul Gardini agli uomini del Caf, Craxi, Andreotti e Forlani. Piovono le smentite, ma Cragnotti rilancia. Esattamente una settimana dopo parla di una nuova mazzetta datata 1989, stesso filone chimico, questa volta da 5 miliardi per l'affare Tpl. «Venne divisa in tre parti uguali tra me, Raul Gardini e Lorenzo Necci», fa mettere a verbale Cragnotti. E poi conferma in un memoriale lungo 40 pagine: ogni particolare, ogni nome, ogni vicenda destinata - a due anni di distanza - a rimanere ancora nell'ombra. Scrive, nel memoriale, Sergio Cragnotti: «Questa somma venne elargita dal sistema facente capo al Pacini Battaglia su un conto corrente. La somma restò depositata fino a che non fu sbloccato l'avvio dei lavori e a quel punto il dottor Gardini diede una gratifica a me e a Necci, gratifica pari ad un terzo a ciascuno di noi degli iniziali 5 miliardi». E alla fine Cragnotti conferma la spartizione della mazzetta tra i diretti interessati: «Di tale somma, dunque, beneficiari ultimi fummo io, Gardini e Necci per pari importi». E' la prima volta che il nome di Necci finisce in un verbale, per una accusa così grave. Stando alla tradizione di Mani pulite dovrebbe sentir odore di manette. E invece no. La notizia di quella maxi tangente finisce sui giornali. E Necci smentisce. Lo fa con una lettera su carta intestata inviata il 13 dicembre '93 ad Antonio Di Pietro. Così: «Quelle dichiarazioni sono assolutamente false. Non ho mai ricevuto somme di danaro da Gardini, da Cragnotti o da chicchessia». «Ho piena fiducia nell'opera di eccezionale importanza che la procura di Milano sta portando avanti», scrive Lorenzo Necci. Che chiede: «Voglio essere sentito al più presto per poter dare ogni chiarimento». E ancora: «Ho bisogno che chiarezza sia fatta al più presto: non tanto per me e per mia personale tranquillità, ma per le centinaia di migliaia di persone che con me lavorano». Poi Necci invita il pool a controllare i suoi conti, a verificare i suoi rapporti con la elvetica Karfinco, società poi diventata banca di Pacini Battaglia. La lettera si chiude con una esortazione: «Se coloro che mi accusano facessero altrettanto riguardo alle loro posizioni finanziarie o bancarie, il contributo alla chiarezza sarebbe maggiore». Non ci sarà bisogno di altre difese. Ci pensa Francesco Pacini Battaglia a «fare muro» contro quelle rivelazioni che potrebbero aprire un nuovo fronte di Mani pulite. E che invece solo adesso - tre anni dopo tornano di scottante attualità con le indagini di La Spezia. La difesa di Pacini è in un verbale di 11 pagine, datato 14 dicembre '93. Gli bastano sette righe, per negare ogni addebito e per «salvare» Lorenzo Necci. ili <mr BML.. mfii »! I Così: «Non sono a conoscenza di ritorni di eventuali somme in relazione ai 5 miliardi di lire sopra precisati. Certamente, a titolo personale, non ho fatto da tramite per pagamenti di denaro provenienti da Cragnotti, e destinati a Lorenzo Necci». Continua Pacini Battaglia: «Non so se qualcuno si sia servito della banca di cui sopra (la Karfinco, ndr). Mi dichiaro a disposizione di codesto ufficio qualora lo stesso mi fornisca ulteriori elementi di dettaglio dell'operazione medesima». Nega tutto, il finanziere italo svizzero, ma la sua coscienza non è affatto tranquilla. Almeno a giudicare da un'altra intercettazione telefonica, sempre agli atti della procura di La Spezia. Al telefono Pacini Battaglia e Rocco Trane. Insieme parlano di Ilda Boccassini, il magistrato del pool. Dice Pacini, in un punto: «S'intende che la Boccassini sicuramente avrà visto (...) s'è riletta tutti i verbali, più o meno questo lo so, dei nostri interrogatori per cui questa...». A Necci i magistrati del pool erano arrivati anche attraverso altre strade. Una partita dagli appunti sequestrati nell'abitazione di Francesco Ambrosio, socio di Italgrani. Si parla di incontri fra lo stesso Ambrosio, Paolo Cirino Pomicino e Lorenzo Necci. L'altra strada parte da piazza Belgioioso, dove abitava Raul Gardini. Spulciando le agende di Gardini spunta fuori un lungo elenco di appuntamenti. Il nome di Lorenzo Necci è tra i più ricorrenti, a partire dall'88. [r. m.] L'amministratore FS scrisse a Di Pietro «Sono pulito controllate pure i miei conti» opra precisati. Certamen titolo personale, non ho da tramite per pagamenti di Ilda Boccassini, il magistrato del pool. Dice Pacini, in un punto: Lorenzo Necci è tra i più ricorrenti, a partire dall'88. [r. m.] tenzialità di ricatprimo piano che, sono averne rivelregola così hannonon può farci nullparlare», mentre qno in mano le lev li mr ML.. mfii I

Luoghi citati: Firenze, La Spezia, Milano